Home Future Gli smartphone baby non sono felici. Come aiutare i giovani senza cellulare

Gli smartphone baby non sono felici. Come aiutare i giovani senza cellulare

Smartphone

Perché leggere questo articolo? L’utilizzo degli smartphone da parte dei giovani porta con sé una serie di grossi problemi, dall’ansia alla solitudine fino ad arrivare al suicidio. Lo psicologo statunitense Jonathan Haidt spiega quattro regole per risolvere questo problema.

Giovani e smartphone. Un connubio che ormai pare indissolubile. L’utilizzo dei cellulari e in particolar modo dei social media porta però un grande aumento di ansia, solitudine, depressione e in alcuni casi di suicidio. E purtroppo ci sono diversi studi a riguardo. Il problema è esposto dal professore e psicologo statunitense Jonathan Haidt che offre anche delle soluzioni pratiche per poter aiutare i giovani d’oggi a condurre una vita “normale” senza l’uso di cellulari. Il problema? Può essere risolto partendo dai genitori e dalle strutture educative.

Utilizzo degli smartphone e salute mentale

I dati parlano chiaro. L’utilizzo dei cellulari e dei social media da parte dei giovanissimi non è sempre un connubio di successo. Haidt cita diversi sondaggi. La generazione X (quella dei nati tra il 1965 e il 1980) ha avuto il tasso di suicidio più alto della storia. I tassi di suicidio stanno diminuendo. “I Millennial stanno effettivamente andando meglio della Gen X, e questo è molto chiaro se si guarda agli anni ’90 e 2000. E se interrompi la raccolta dei dati dopo il 2010, nessun problema”.

Il problema si pone invece se prendiamo i dati dal 2010 in poi. Proprio nel momento in cui gli smartphone sono stati messi in vendita. Dal 2010, infatti gli adolescenti iniziano a possederli e a utilizzarli nella vita di tutti i giorni. I dati sul benessere mentale da questo momento peggiorano. “I dati sulla salute mentale vanno bene negli anni 2000. E poi all’improvviso, intorno al 2012-2013, tutto precipita”, afferma Haidt.

Smartphone e applicazioni, da dove tutto è partito

Cosa è successo quindi dopo il 2010? Ci si potrebbe chiedere perché i dati peggiorino solo dal 2012-13 e non dal 2007, anno in cui gli iPhone sono stati messi in vendita aprendo le porte alla creazione di smartphone. La vendita del dispositivo Apple infatti è stata sicuramente importante ma non ha subito mostrato le sue potenzialità. Potenzialità che hanno iniziato a mostrarsi solo dal 2010-2011 quando sono nate le prime vere applicazioni. Da quel momento, secondo Haidt, lo smartphone è diventato un “portale che milioni di aziende possono utilizzare per arrivare a te, da bambino. Senza il permesso o la conoscenza dei tuoi genitori”

È proprio dal 2010 che il telefono diventa un padrone anziché un servitore. Il 2010 infatti è anche l’anno in cui Instagram è diventato disponibile per l’uso pubblico. Ma è anche l’anno in cui viene installata la fotocamera frontale. Sempre in quegli anni Internet inizia a diventare disponibile ad alta velocità. Tutto cambia.

L’umiliazione. L’altra faccia della medaglia dei social

Quello che si mostra ora per i giovani è un palco. Un palco che un adolescente può utilizzare come meglio crede. E se questo palco non venisse quindi utilizzato bene? Se un adolescente lo usasse per dire qualcosa di sbagliato? I problemi partono proprio da qui. Come molti casi noti di cronaca, ci potrebbe essere l’elemento “vendetta”. Nei casi peggiori si arriva a quello che oggi viene definito “revenge-porn”, diffusione di foto private senza la volontà del diretto interessato. È molto facile far arrivare queste foto a un pubblico ampio, da amici a conoscenti.

Questo è un livello di vergogna e umiliazione che nessun adolescente può sopportare e questo, credo, è uno dei motivi per cui il tasso di suicidio è in aumento“, ha commentato lo psicologo Haidt. Non a caso i dati riguardanti i suicidi di ragazze preadolescenti e adolescenti dopo il 2010 sono triplicati rispetto agli anni precedenti.

La non consapevolezza dei giovani

Dati non rassicuranti. E sono valori che riguardano tutti i giovani. Il professore Haidt è infatti convinto che l’aumento dell’ansia, della depressione e dell’autolesionismo sia strettamente correlato con la smania dei ragazzi di controllare ossessivamente i commenti e i “Mi piace” ai loro post sui social.

Un grosso problema rimane la non consapevolezza dei giovani a quello in cui vanno incontro. Gli adolescenti vedono aumentare le loro interazioni sociali senza badare al fatto che questo aumento sia inversamente proporzionale alla qualità delle interazioni stesse. Una prova rimangono i dati riguardanti la solitudine. Dal 2010 in poi la solitudine nei giovani è in costante aumento.

Le quattro regole dello psicologo Haidt

Quattro sono le regole secondo lo psicologo per invertire la rotta. La prima norma è quella di vietare smartphone ai figli fino al liceo. Tutto parte infatti dai genitori che spesso comprano un cellulare al proprio figlio per il fatto che tutti gli altri compagni di classe già ne utilizzano uno. “I ragazzi delle scuole medie hanno un disperato bisogno di un’infanzia più vecchio stile, dove abbiano qualche amico intimo, parlino e facciano altre cose faccia a faccia”. Necessario quindi un cambio della cultura genitoriale.

La seconda norma secondo Haidt è quella di vietare l’utilizzo dei social media fino ai 16 anni. “Queste piattaforme sono semplicemente del tutto inappropriate. I bambini non dovrebbero crescere su un palco del genere”. La terza norma riguarda invece le scuola. Sono infatti gli istituti educativi che dovrebbero vietare l’utilizzo del telefono durante le lezioni. “Non c’è niente di buono che possa derivare dal fatto che i bambini abbiano in tasca, durante le lezioni, il più grande dispositivo di distrazione mai costruito”, afferma il professore.

La quarta e ultima è quella che riguarda l’indipendenza, la libertà di gioco e la responsabilità nel mondo reale. Non si può infatti imporre ai propri figli di non utilizzare i cellulari senza offrire alternative in merito. Devo essere i genitori stessi a convincere i figli a fare qualsiasi tipo di attività in piena indipendenza. “È lì che prosperano, è quando possono giocare e uscire con altri bambini senza che gli adulti dicano loro cosa fare”, conclude.