Home Politics Scuola italiana, c’è un problema di segregazione razziale? A settembre nelle classi l’effetto “white flight”

Scuola italiana, c’è un problema di segregazione razziale? A settembre nelle classi l’effetto “white flight”

Scuola italiana, c’è un problema di segregazione razziale? A settembre nelle classi l’effetto “white flight”

Classi all’80 per cento di stranieri contro le indicazioni del Ministero dell’Istruzione. Il risultato? Abbandono e segregazione scolastica. I dati parlano chiaro e a settembre, con la riapertura delle scuole, il fenomeno potrebbe addirittura aumentare.

Segregazione scolastica italiani e stranieri: i dati di Milano

Milano è tra i dieci comuni italiani con più bambini e ragazzi stranieri (23,5%) e la scuola è il primo luogo in cui iniziano ad approcciarsi alla cultura e alla lingua italiana. Nei fatti, questo avviene solo in parte, per via di un particolare fenomeno che, negli ultimi anni, ha preso fortemente piede nel capoluogo lombardo: la segregazione scolastica.

Segregazione scolastica, un fenomeno in continuo aumento

La segregazione scolastica è un processo che accentua enormemente le disuguaglianze sociali e, soprattutto a Milano, etniche. Tale fenomeno vede la propensione degli italiani a iscrivere i propri figli in scuole a forte dominanza italiana e ad escludere a priori gli istituti – tendenzialmente situati in periferia – caratterizzati da classi formate al 70/80% da studenti stranieri. Un trend sempre più marcato, il quale porta a una netta separazione tra gli alunni italiani per la maggior parte provenienti da contesti sociali “agiati”, e quelli stranieri provenienti da condizioni precarie.

Alta concentrazione di non italiani: la segregazione scolastica a Milano

Un paio di anni fa, alcuni articoli di giornale incentrati su questo tema, ci fecero riflettere su come questo fenomeno si riscontrasse anche in molte scuole milanesi, in particolare per la concentrazione di alunni non di origine italiana”. Esordisce così Santo Minniti, presidente del Municipio 6 in cui, grazie alla collaborazione di tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado, della rete delle associazioni del territorio e del Settore del Comune di Milano, è nato il primo patto territoriale contro la segregazione scolastica.

L’iniziativa è frutto di un lunghissimo percorso preparativo basato sulle ricerche e sui dati del Ministero dell’Istruzione, i quali indicano il 30% come soglia entro cui il mix socioculturale ha effetti positivi, sia per gli alunni provenienti da realtà non difficili, sia per i giovani che vengono da contesti socioculturali e socioeconomici più complicati.

Cos’è il “white flight” e perché è importante scongiurarlo

La prima domanda che ci siamo posti è il motivo per cui ci fosse una sperequazione tra il mix del territorio e il mix nelle classi, dato che i nostri quartieri non hanno percentuali di persone e famiglie non italofone superiore al 30%. Abbiamo quindi individuato la causa di ciò nel cosiddetto ‘white flight’” 

Con “white flight” – o “segregazione razziale” – in ambito scolastico, si indica la fuga degli alunni italiani dalle scuole pubbliche le quali, di conseguenza, diventano a maggioranza di studenti stranieri.

Centro e periferia: due esempi opposti di segregazione scolastica

Questo porta ad una sorta di circolo vizioso, per cui la scuola di periferia con una percentuale importante di alunni non italofoni, viene stigmatizzata dalle famiglie del Belpaese” afferma Santo Minniti, specificando come tale tendenza porti a una vera e propria ghettizzazione nelle classi di questi istituti, con picchi di giovani stranieri anche del 40% se non di più.

Un contesto sociale critico, con effetti negativi su entrambi i fronti. Difatti, con la segregazione scolastica, da un lato ci sono gli istituti di periferia, caratterizzati da un’importante concentrazione di alunni stranieri provenienti da contesti complicati, nei quali, avendo contatto esclusivamente con compagni con la stessa situazione famigliare e sociale, non nasce l’aspirazione all’auto-miglioramento. Dall’altro lato, ci sono le scuole più centrali, in cui viene a crearsi un altro tipo di segregazione, che vede classi formate soltanto da ragazzi di buona famiglia – prevalentemente italiani e con determinate caratteristiche fisiche -, i quali, non avendo possibilità di socializzare con chi arriva da contesti culturali e sociali diversi, si abituano a un mix sociale diverso da quello che troveranno alle superiori. Insomma, un “doppio effetto segregativo”.

Cause e ragioni di un fenomeno scolastico preoccupante

Ecco quindi in sostanza il fenomeno del “white flight” scolastico, fenomeno che viene alimentato da due circostanze. La prima, su cui non può essere apportato alcun cambiamento, è la libertà delle famiglie di scegliere in quale scuola iscrivere i propri figli. Una disposizione che nasce con l’obiettivo di facilitare la conciliazione dei tempi vita-lavoro e quindi di stare dietro alle esigenze famigliari. La seconda, è la modalità con cui gli istituti ammettono, selezionano e scremano le richieste di iscrizione scolastica.

Le proposte del Comune di Milano

“Abbiamo deciso di intervenire proprio su questo, avviando un tavolo con tutti gli agenti scolastici degli istituti comprensivi del nostro territorio, con l’intento di omogeneizzare i criteri di ammissione alle scuole” spiega Santo Minniti.

Un’azione che è andata di pari passo con la revisione dei bacini d’utenza, portata avanti con la collaborazione del Comune di Milano, al fine di ridisegnarli e garantire mix sociali positivi per le scuole.

Il patto territoriale contro la segregazione scolastica vuole – senza limitare la libertà di scelta delle famiglie -, non solo fare in modo che la scuola risponda ad una particolare esigenza territoriale, ma anche che i dirigenti scolastici si orientino assieme verso le stesse modalità di ammissione, rendendo l’offerta formativa più omogenea e facendo attenzione a non discriminare in base alla provenienza o al livello di criticità socio-economica della famiglia di origine. L’obiettivo finale è garantire un mix sociale e culturale positivo per gli studenti, riequilibrando la composizione delle classi e scongiurando lo stigma della “scuola degli immigrati”.