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Riforma della Giustizia, una priorità del nuovo Presidente della Repubblica

Niente possibilità di pubblicare gli atti sensibili per i giornalisti prima dell'inizio dell'udienza preliminare

L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica avverrà a trent’anni dallo scoppio di Tangentopoli, cioè una bufera istituzionale che ha provocato un’alterazione dell’equilibrio tra potere politico e potere giudiziario così significativa, e cronica, da sembrare irreversibile. E poiché nulla accade per caso, uno dei dossier più spinosi che il neoeletto Capo dello Stato troverà sul suo tavolo, visto che presiederà anche il Consiglio Superiore della Magistratura, sarà la riforma dell’ordinamento giudiziario, che langue da mesi in Parlamento, nonostante sia uno degli obiettivi principali del PNRR, e vede la sua nascita sempre più lontana.

Referendum di Radicali e Lega: l’occasione per un reale motore della riforma

Personalmente credo che solo un’ampia partecipazione dei cittadini ai referenda sulla Giustizia dei Radicali e della Lega, con una netta vittoria dei sì, possa essere il reale motore di una riforma. La maggioranza politica e parlamentare, infatti, appare sempre più fragile e transitoria: mi sembra impossibile, in queste condizioni, che trovi un accordo sui contenuti di un’azione riformatrice così complessa, anche per gli interessi consolidati che va a toccare. Lo dimostra il tortuoso cammino della proposta che sta provando a portare avanti la Ministra Cartabia; ancora non se ne conoscono nel dettaglio i contenuti – nonostante sia attesa e annunciata da mesi – ma quanto è trapelato non pare mettere d’accordo nessuno, sia tra le forze politiche, sia all’interno della magistratura, che appare a sua volta più divisa che mai. Eppure, è una riforma non più rinviabile, come ha chiaramente ammonito Mattarella a fine novembre, invitando i magistrati “a rivitalizzare le proprie radici deontologiche, valorizzando l’imparzialità e l’irreprensibilità delle condotte individuali; rifuggendo dalle chiusure dell’autoreferenzialità e del protagonismo”.

Perchè la riforma della Giustizia deve essere considerata una priorità per tutti i cittadini

Qualcuno potrebbe chiedersi: ma perché riformare la magistratura dovrebbe essere una priorità per i cittadini, già afflitti dai tanti problemi causati, o acuiti, dalla pandemia? La risposta è molto secca. Perché nel profondo del sistema giudiziario ci sono i diritti di ciascuno di noi, e perché non potrà mai migliorare se non vengono sconfitte le distorsioni tristemente evidenziate dalle cronache di questi anni: carrierismo, autoreferenzialità, corporativismo e ambizione a sostituirsi al potere politico e legislativo. Garantire efficienza e qualità della giurisdizione, oltre che autonomia tra poteri dello Stato – e rispetto reciproco – sono condizioni essenziali per aumentare gli standard di tutela dei diritti, e dunque la fiducia nelle istituzioni. Lo spiegò bene Francesco Cossiga, parlando al Consiglio Superiore della Magistratura il 26 luglio 1990: “In un regime di libertà e in uno Stato democratico di diritto al centro dell’ordinamento vi è il cittadino, con i suoi diritti e con le sue libertà, assistito da un sistema complesso di garanzie previsto dalla Costituzione e realizzato dalla legge.”

Il ruolo del Presidente della Repubblica

In questo scenario, cosa può fare il Presidente della Repubblica? Riformare l’ordine giudiziario, in fin dei conti, è un compito del Parlamento, cui la Costituzione attribuisce il potere legislativo. Tuttavia, senza un contributo decisivo del Capo dello Stato, in termini di impulso politico e istituzionale, non credo che questo obiettivo ineludibile possa essere raggiunto. Ci vuole una figura che abbia l’autorevolezza, l’esperienza e la sensibilità per interpretare il suo ruolo di custode dei valori fondamentali del nostro ordinamento attribuendo la dovuta priorità alla riforma dell’ordine giudiziario e utilizzando con incisività gli strumenti che la Costituzione gli mette a disposizione per ricordare a tutti – magistrati, esponenti delle istituzioni e semplici cittadini – che il significato concreto dei principi costituzionali che tutelano l’indipendenza e l’imparzialità della funzione giurisdizionale è che il magistrato è soggetto solo alla legge, e non ad altri interessi, poteri o istituzioni, e che il suo alto, ed esclusivo, compito è quello di rendere giustizia ai cittadini nelle aule di Tribunale. E lo deve svolgere in modo tempestivo, equilibrato e sempre ben consapevole che, quando giudica, esercita la massima espressione della sovranità popolare.

Guido Camera
(Presidente di ItaliaStatoDiDiritto www.italiastatodidiritto.it)