Home Economy Non solo Africa: l’Asia è l’altro fronte cruciale delle rotte dei migranti

Non solo Africa: l’Asia è l’altro fronte cruciale delle rotte dei migranti

migranti cpr

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il dossier migranti è sempre più caldo. L’Europa, Italia in primis, sta cercando in tutti i modi di arginare un fenomeno incontrollabile. Bloccare, o quanto meno limitare, le partenze dalle coste del nord Africa non sarà semplice. Soprattutto se si continuerà a trattare soltanto con i governi africani. Esiste infatti un’altra tratta migratoria da monitorare: quella che chiama in causa l’Asia.

Foto di rito, sorrisi, strette di mano. Lo scorso 16 luglio, Giorgia Meloni, il premier olandese Mark Rutte e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, hanno fatto tappa in Tunisia per incontrare Kais Saied. Il presidente tunisino ha firmato l’attesissimo Memorandum of Understanding con l’Unione europea. Un accordo che ha, tra i suoi punti chiave, la gestione dei flussi migratori.

Il messaggio seguente trasmesso dal trio Meloni-Rutte-von der Leyen è che, grazie alla suddetta intesa, i governi europei avrebbero finalmente potuto ripristinare il controllo delle loro frontiere, fermare l’immigrazione clandestina e spezzare il modello di business dei trafficanti. Pochi giorni fa, inoltre, l’Italia ha ospitato a Roma la prima Conferenza internazionale su migrazione e sviluppo, invitando molteplici leader e capi di Stato sempre per gestire il nodo migranti.

Peccato che tutte queste iniziative rischiano di non portare risultati sperati. Già, perché la questione migratoria è ormai globale. Riguarda l’Africa ma anche diversi Paesi dell’Asia, in particolare del sudest asiatico. Con i quali nessuno ha pensato di intavolare discussioni altrettanto intense come quelle andate in scena nei giorni scorsi con i rappresentanti africani.

Il fronte Asia (e i voli low cost)

Soltanto nella prima metà del mese di luglio, sono circa 10mila i migranti sbarcati sulle coste italiane. Numero che sfiora il tetto delle 89mila unità se consideriamo l’intero anno in corso (dati del governo italiano: aggiornati al 28 luglio). Nei primi sei mesi del 2023, in Unione europea sono invece stati registrati 132.370 arrivi irregolari.

La maggior parte dei migranti che arriva in Europa utilizza una delle tre tradizionali rotte disponibili: Mediterraneo centrale, orientale o occidentale, raggiungendo quindi l’Europa via Africa, con la traversata del Mar Mediterraneo, oppure risalendo i Balcani.

Bisogna però evidenziare due aspetti di fondamentale importanza. Innanzitutto serve subito fare una distinzione. Già, perché non tutti i migranti che arrivano in Europa provengono dall’Africa, e dunque da uno dei Paesi africani. Sono infatti sempre più numerose le persone originarie di altre regioni, come il Medio Oriente e il sudest asiatico. Dopo di che, bisogna tener presente che la quasi totalità di questi ultimi migranti utilizza, almeno nella prima parte del loro viaggio, l’occasione rappresentata dai collegamenti aerei low cost.

Il caso del Bangladesh

Il Bangladesh è un esempio lampante che accende i riflettori sull’Asia. Questo Paese è uno dei principali esportatori di manodopera al mondo. Le rimesse economiche in patria dei lavoratori bengalesi attivi all’estero forniscono un vitale sostegno ad un enorme numero di famiglie. Allo stesso tempo, esistono svariati governi che hanno fame di manodopera. E che sono ben disposti ad accogliere lavoratori come quelli del Bangladesh e di altre nazioni del sudest asiatico. Citiamo il Qatar, fresco della realizzazione dei mondiali di calcio, gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita e l’Egitto.

I loro progetti infrastrutturali, i servizi turistici e altro ancora, sono insomma sostenuti da lavoratori stranieri. Il punto è che molti di questi lavoratori finiscono, loro malgrado, nelle trappole allestite dai trafficanti di migranti. Partono dal Bangladesh o dal Pakistan con voli diretti nei Paesi dove pensano di iniziare una nuova vita lavorativa. Arrivano a destinazione ma si ritrovano poi in Libia. Finiscono quindi nei flussi di migranti europei e sbarcano in Europa. Anche in Italia.

Numeri alla mano, i dati sulle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco in Italia relativi all’anno 2023 (fino al 28 luglio) sono emblematici. Togliendo Costa d’Avorio, Guinea ed Egitto, rispettivamente con 10.570, 10.370 e 7.789 migranti, ecco Bangladesh e Pakistan, con 6.708 e 6.106 ingressi.

Bangladesh e Pakistan rappresentano l’8 e il 7% dei migranti complessivi giunti in Italia in questo anno solare, per un totale del 15%. Ecco perché, oltre che trattare con la Tunisia, la Libia e altri Paesi africani, l’Europa dovrebbe iniziare a coinvolgere in maniera più chiara anche una buona parte d’Asia.

I numeri sui migranti del governo italiano