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Natura e pesca, le ultime due sfide per il governo in Europa

Sciopero pescatori

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Palazzo Chigi alle prese con due grane importanti in Europa: la sfida alle riforme sulla pesca e sulla legge sul ripristino della natura appaiono dal grande significato politico. Non solo in ambito continentale, ma anche interno. 

Doppia partita europea per l’Italia di Giorgia Meloni sul fronte ambientale, e non solo. Il governo di Roma si è messo di traverso, di recente, su due proposte comunitarie: la prima è quella della legge sul ripristino della natura, la seconda la nuova direttiva europea sulla pesca. Due manovre che fanno ben intuire il clima attuale tra le due parti: Italia e Ue, nonostante le convergenze su diversi fronti e l’attenuazione delle tensioni sull’immigrazione, appaiono su due piani distinti in altri non meno importanti temi.

Il nodo della legge sul ripristino della natura

Sul primo fronte, ricordiamo che la Commissione europea ha presentato il 22 giugno la ”Legge per il ripristino della natura”, contenente una serie di misure per la riduzione del 50 % dei pesticidi chimici utilizzati in Europa entro il 2030. A cui si aggiunge un piano di controllo degli scambi commerciali. La proposta ha avuto un primo stop alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo.

L’Italia si oppone a questa legge perché “inapplicabile e non sostenibile“ a detta del Ministero dell’Ambiente di Gilberto Pichetto Fratin che denuncia la presenza di “deroghe sulle energie rinnovabili”, “gli obiettivi di ripopolamento dell’avifauna” e poca attenzione “sul tema delle risorse finanziarie, che devono essere chiarite e rese disponibili prima dell’entrata in vigore”. Per compensare quanto dovrà mettere l’Italia e quanto l’Ue nella tutela del patrimonio naturale italiano.

Roma contro la riforma sulla pesca

Altrettanto dura la posizione di Roma sulla partita della pesca. La quale si fonda sulla condanna e l’eliminazione della pesca a strascico aggiungendosi poi a una serie di misure a tutto campo: in primo luogo, la scelta di attrezzi selettivi per le specie da catturare. In secondo luogo, si sottolinea la determinazione di una taglia minima di riferimento per la conservazione, ovvero la taglia minima delle specie che possono essere pescate e/o sbarcate dopo la cattura. Infine, si prevede l’istituzione di controlli da parte delle autorità dei Paesi membri e fermi in tempo reale alle navi miranti ad assicurare la protezione di specie a rischio per la ridotta popolazione nei mari Ue.

Il Piano d’Azione dell’Unione Europea è accusato di essere potenzialmente in grado di azzerare a favore dei Paesi extra-Ue il settore della pesca

Misure, queste, molto condannate dall’Italia in forma trasversale tra i partiti, su pressione di un settore della pesca che ha lanciato il grido d’allarme. E che sospetta che la direttiva sia pensata piuttosto per la pesca oceanica, che ha economie di scala ben più ampie di quella, non pienamente industrializzata, del Mediterraneo. Il Piano d’Azione dell’Unione Europea è accusato di essere potenzialmente in grado di azzerare a favore dei Paesi extra-Ue il settore della pesca a svantaggio di imprese e consumatori italiani.

Fdi: “La questione è trasversale e non riguarda solo singoli partiti, bensì l’intero nostro Paese”

La posizione del governo italiano non sembra essere destinata a variare. “Nei giorni scorsi – ha confermato a True-News.it l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Raffaele Stancanelli – in commissione pesca ho votato contro questo documento. Con me anche altri 8/9 eurodeputati”. Già nei giorni scorsi Stancanelli, il quale rappresenta il partito del presidente del consiglio italiano all’interno della commissione competente, si era scagliato contro la riforma.

“Credo che farà un danno importante a tutto il settore – ha spiegato – specialmente al nostro comparto. A breve ne parleremo anche nella sessione plenaria, forse il testo arriverà a Strasburgo già a luglio. Lì, con tutti i partiti della maggioranza, faremo quadrato”. La riforma infatti, dopo essere stata predisposta dalla commissione europea, è stata poi varata dal Consiglio Europeo Agricoltura e Pesca. Qui l’Italia ha espresso l’unico voto contrario tra i 27. La palla è poi passata per l’appunto al parlamento, in commissione pesca. “Le prossime mosse – ha dichiarato Stancanelli – saranno in plenaria. La questione è trasversale e non riguarda solo singoli partiti, bensì l’intero nostro Paese”. A Roma la XIII commissione della Camera dei Deputati ha espresso perplessità sulle riforma in un documento votato all’unanimità. In Europa però la partita sarà ben diverse e, almeno per il governo italiano, molto più un salita.

L’articolo è stato realizzato in collaborazione con Andrea Muratore