Home Politics La lobby nera che non c’era

La lobby nera che non c’era

La lobby nera che non c'era

Perché leggere questo articolo? Dopo ventotto mesi di indagini arriva la parola fine sull’inchiesta “lobby nera”. Il caso frutto dell’inchiesta di Fanpage sui neofascisti a Milano era esploso a 48 ore dalle comunali a Roma e Milano. Le accuse agli otto indagati vicini a Fratelli d’Italia sono stati archiviate per insussistenza di reato. 

Dopo oltre due anni dell’inchiesta sulla presunta “lobby nera” non resta più alcuna traccia. Già da alcune settimane la vicenda giudiziaria sembrava a un binario morto. Nella serata di mercoledì 7 la gip di Milano Alessandra Di Fazio ha definitivamente archiviato le posizioni degli otto indagati, accogliendo la stessa richiesta della Procura. Perché durante le indagini non sono emersi elementi in grado di confermare quanto veniva riportato e mostrato nella video-inchiesta giornalistica di Fanpage, che era finito sui tavoli dei pm milanesi.

L’indagine sulla “lobby nera”

Nel 2021, alla vigilia delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre, Salvatore Garzillo, giornalista sotto copertura del gruppo Backstair di Fanpage.it, si fingeva un imprenditore che voleva finanziare Fratelli d’Italia. Così il finto mecenate si infiltrava negli ambienti della destra milanese, da cui emergeva un oscuro sottobosco di finanziamenti illeciti, riciclaggio e neofascismo. La presunta “lobby nera”, a detta degli stessi diretti interessati, sarebbe stata finalizzata a finanziare il partito di Giorgia Meloni.

Il castello dell’accusa è però stato smontato dalla stessa Procura di Milano che due anni fa aveva voluto vederci più chiaro. L’inchiesta era scattata per il sospetto che dietro le dichiarazioni raccolte da Fanpage potessero esserci ipotesi di reato. Su tutte finanziamenti illeciti e riciclaggio. Non sono emerse, poi, “operazioni sospette, che possano far pensare a denaro destinato ai conti delle campagne elettorali”. È sembrata, però, scriveva il pm, “verosimile una cancellazione di messaggi in seguito alla diffusione della notizia nell’ambito della trasmissione ‘Piazzapulita’, che mandò in onda i video dell’inchiesta giornalistica.

I protagonisti della vicenda

La giudice ha accolto la richiesta inoltrata dal pm Giovanni Polizzi in cui si sosteneva l’assenza di elementi per sostenere le accuse di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio per cui era stata aperta l’indagine della guardia di finanza. La vicenda aveva coinvolto l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza, uomo fidato della premier Meloni. Fidanza si era autosospeso dal partito, dopo che le immagini dell’inchiesta filmavano saluti romani, riferimenti a Hitler ed espressioni antisemite.

Insieme con Fidanza, era finita nell’occhio del ciclone anche Chiara Valcepina, consigliera comunale di Fdi che cercava la rielezione anche grazie a quegli aperitivi pre-elettorali. Tra un brindisi e un saluto romano, il “barone nero”, Roberto Jonghi Lavarini, prometteva al giornalista sotto mentite spoglie un sistema di “lavatrici” per riciclare il denaro della possibili donazioni in nero al partito. Nel registro degli indagati erano comparsi anche l’eurodeputato leghista, Angelo Ciocca, e il consigliere regionale ex Carroccio Massimiliano Bastoni.

Le conseguenze politiche dell’inchiesta “lobby nera”

L’inchiesta “lobby nera” finisce definitivamente, dopo 28 mesi di indagini. La Procura ha accertato l’inesistenza del sistema di finanziamento illecito paventato dal Barone nero. Il pm Giovanni Polizzi aveva già chiesto l’archiviazione a fine 2022, ma ci sono voluti ben tredici mesi per dare seguito alla richiesta, nella quale aveva affermato: “Bisogna concludere nel senso dell’insussistenza delle ipotesi di reato formulate. Perché dalle indagini svolte non sono emersi elementi in grado di confermare quanto emerso dai video che hanno dato origine al procedimento”.

Tradotto: zero prove sui presunti finanziamenti illeciti. Eppure le conseguenze politiche non erano mancate. Fratelli d’Italia fin da subito aveva respinto le accuse. “In Fdi non c’è spazio per nostalgie, antisemitismo e razzismo” disse allora Giorgia Meloni. Poi dura anche con Fidanza: “Sa benissimo quali sono le regole. Lo conosco da 25 anni, e mi sembra che le abbia sempre condivise”. La bufera si era abbattuta sul centrodestra con imbarazzo, a 48 ore dal voto in mille comuni, tra cui Roma e la stessa Milano.