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Ma davvero l’Italia vuole usare software spia sui giornalisti?

Ma davvero l'Italia vuole usare software spia sui giornalisti?

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Secondo l’Investigate Europe, l’Italia potrebbe apporre il veto alla riforma sulla nuova normativa Ue per la libertà di stampa. Il motivo è da rintracciare nella volontà di Roma di mantenere la possibilità di spiare un giornalista in caso di problemi per la sicurezza nazionale: “Ci sono trattative in corso – dichiara una fonte diplomatica sentita da TrueNews – altro non posso dire”. Ma in Europa, a spingere verso il software spia è stata in realtà la Francia già a giugno.

Una norma comunitaria concepita per tutelare la libertà di stampa, adesso rischia di trasformarsi in un assist per i governi per spiare i giornalisti. Almeno è questa la ricostruzione data dai reporter di Investigate Europe (Ie), il consorzio di giornalisti europei che sta seguendo da principio l’iter per l’approvazione della nuova norma.

Tutto è partito nel settembre 2022, quando la commissione europea ha presentato una bozza di riforma relativa alla libertà di stampa nel Vecchio Continente. Il testo prende il nome di European Media Freedom Act (Emfa). Tra le novità, i punti volti a incoraggiare un maggior pluralismo, a scoraggiare fusioni tra testate con l’intento di appoggiare un esecutivo, con riferimento a quanto accaduto in Ungheria negli scorsi anni. Spazio anche alle norme vocate a conferire alle redazioni maggiore autonomia dagli editori nella scelta degli articoli da trattare. Poi a giugno il testo è passato nelle mani del consiglio europeo e dunque nell’organo che riunisce i governi dei 27. Ed è lì che è emersa una questione considerata, a prescindere da come si vede la situazione, come centrale: la sicurezza nazionale. A essere tirata in ballo in questo contesto è stata anche l’Italia.

La questione sicurezza nazionale e il software spia

Durante le riunioni tenute prima del consiglio europeo di giugno, coordinato dalla Svezia in quel momento presidente di turno dell’Ue, alcuni governi hanno sottolineato la necessità di garantire alle autorità la possibilità di intercettare i giornalisti quando in ballo ci sono questioni relative alla sicurezza nazionale.

La vicenda ruota attorno all’articolo 4 della bozza di riforma presentata dalla commissione. Quella che, in particolare, proibisce l’uso di misure coercitive contro i giornalisti per ottenere da loro il nome della fonte. Lo stesso articolo, per lo stesso motivo, nella versione trasmessa dalla commissione prevede anche il divieto di intercettare i cronisti e di spiare i propri cellulari o i propri computer con appositi software. Come, tra tutti, quello denominato Pegasus o il Predator. Sistemi che hanno permesso in passato di spiare da vicino politici, oppositori politici e giornalisti in diversi Paesi. Anche nel nostro continente.

Contro quest’ultimo aspetto, secondo quanto ricostruito da Ie, si è espressa soprattutto la Francia. Parigi ha chiesto di inserire una deroga al divieto di uso dei software o dei sistemi di spionaggio. Una deroga specificatamente incentrata sulle questioni di sicurezza nazionale. Quando cioè un articolo o un’inchiesta tocca da vicino affari delicati per la sicurezza, allora secondo l’Eliseo è possibile non applicare l’articolo 4 della riforma.

La Francia non è stato l’unico Paese a sostenere una simile linea. Con Macron si sono subito schierati i capi di governo di Germania, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Grecia . La mediazione tedesca ha portato all’inserimento di una postilla all’articolo 4: “Questo articolo non pregiudica la responsabilità degli Stati membri di proteggere la sicurezza nazionale”. Vale a dire che, se vengono sollevate questioni riguardanti la sicurezza nazionale, le autorità possono autorizzare lo spionaggio dei giornalisti.

Occorre sottolineare che, secondo i trattati Ue, la sicurezza nazionale è prerogativa dei singoli Stati. Dunque, se da un lato nell’Emfa ribadisce in via generale come in Europa sia vietato spiare i cronisti, dall’altro però ogni singolo governo ha la possibilità di attuare la deroga sui software per motivi di sicurezza. Per molte associazioni, come sottolineato ancora da Ie, si tratta di un vero e proprio “assegno in bianco” per spiare i giornalisti. Critici sul punto alcuni europarlamentari, come la socialdemocratica tedesca Katarina Barley: “Le eccezioni generalizzate – ha dichiarato nei mesi scorsi – senza precauzioni non sono accettabili”. Le critiche sono arrivate anche da destra: “Macron – ha scritto il deputato francese Geoffroy Didier – cancelli questa deroga”.

L’Italia minaccia il veto?

L’iter è andato avanti durante la stagione estiva e ha portato a ottobre all’elaborazione di una versione della riforma del parlamento europeo in grado, nelle intenzioni dei deputati di Strasburgo, di mitigare le eccezioni previste nell’articolo 4. Sono stati infatti inseriti meccanismi volti a rendere più difficile il ricorso allo spionaggio dei giornalisti.

Adesso si è nella fase del trilogo, ossia in quella che prevede il coordinamento tra commissione, consiglio europeo ed europarlamento per arrivare a un testo definitivo. Proprio qui la pressione dei governi a favore del mantenimento dell’attuale impostazione dell’articolo 4 si è fatta più pesante. Ed è in questo contesto che Ie ha chiamato in causa l’esecutivo italiano. In un articolo a firma di Pasquale Hansens e Harald Schumann, è stato messo in evidenza che la posizione di Roma è quella più dura sul punto.

Rappresentanti del governo italiano infatti, in un incontro svolto il 22 novembre scorso, avrebbero dichiarato di considerare l’attuale impostazione dell’articolo 4 come una linea rossa. Vale a dire, secondo l’interpretazione data dai cronisti di Ie, che se dovesse essere eliminata la clausola sulla sicurezza nazionale l’Italia apporrà il veto sulla riforma. Senza il richiamo alla postilla voluta in primo luogo da Macron, Roma bloccherà l’iter di approvazione del testo.

Contattata da TrueNews, una fonte diplomatica di Bruxelles non ha né confermato e né smentito le indiscrezioni apparse su Ie: “I colloqui – ha spiegato – sono ancora in corso. Ci sono delle trattative sul tavolo, altro non posso dire”.

Gli altri Paesi favorevoli all’articolo 4

Il momento della verità si vedrà comunque a breve. Il 15 dicembre è infatti prevista la riunione finale del trilogo, quella da cui dovrebbe uscire il testo definitivo. In vista dell’appuntamento, molte associazioni stanno provando a porre all’attenzione la propria contrarietà all’articolo 4. Un gruppo formato da 17 tra editori e operatori dell’informazione, ha sottoscritto una lettera aperta dove si evidenziano i pericoli per la libertà di stampa derivanti dal possibile uso dei software spia.

Nei mesi scorsi, anche Reporter Senza Frontiere si era schierata contro l’attuale impostazione dell’Emfa. Secondo l’Ie però, il fronte dei governi favorevoli alla rilevanza della sicurezza nazionale sta crescendo. Roma cioè non sta agendo da sola. Anche la Francia, prima intestataria della modifica dell’articolo 4, sta premendo per cristallizzare il testo. Al suo fianco ci sono i Paesi già favorevoli alla posizioni di Parigi prima dell’estate. Così come ci sono anche i governi di Finlandia, Svezia e Malta. Un fronte trasversale che accomuna nord e sud Europa, governi di destra e governi di sinistra.

Sul Guardian a provare a fare quadrato e a smorzare le preoccupazioni è un rappresentante della presidenza di turno spagnola, secondo cui le trattative sono ancora in corso e che comunque “nessuna minaccia sarà posta in essere alla libertà e alla sicurezza dei giornalisti”.