Home Politics Italia prima per fake news. L’esperto: “Sì alle verifiche, ma no alla censura”

Italia prima per fake news. L’esperto: “Sì alle verifiche, ma no alla censura”

Italia prima per fake news. L’esperto: “Sì alle verifiche, ma no alla censura”

“Se alcune piattaforme cercano di censurare opinioni di dissenso rispetto all’informazione mainstream, è limitazione della libertà. E non di censura”. Il professor Ruben Razzante, Docente di diritto dell’informazione alla Cattolica di Milano, tiene bene a separare il piano della censura da quello della verifica delle fake-news. Un confine labile, tornato al centro dell’attenzione dopo il report della Commissione Europea che vede l’Italia in testa per contenuti falsi. Soprattutto sui social. Sugli oltre 140mila post rimossi dal noto social network, più di 45mila sono stati cancellati in Italia. Circa il 33% del materiale «fake» in circolazione su Facebook era dunque concentrato in Italia. Nessuno risulta esposto come gli italiani.
Razzante ha fatto parte anche della task-force del governo Conte sui contenuti legati al Covid. Conosce molto bene i meccanismi di distorsione o falsificazione dei contenuti ma, allo stesso tempo, si schierà dalla parte della libertà di stampa e del pluralismo.

Professore, come commenta i dati del report?

La situazione è certamente migliorata. Il Codice rinnovato nel giugno del 2022 è stato sottoscritto da quasi tutte le piattaforme tranne X e l’ex Twitter. Ma, da agosto, da quando è in vigore il Digital Service Act, X è vincolato al rispetto di determinate regole sulla rimozione dei contenuti. I report semestrali consentono di fotografare il fenomeno ma anche di apporre dei correttivi. Quindi, in quali settori intervenire, dove ci sono più fake-news. Il prossimo rapporto dell’Ue sarà incentrato sull’aspetto politico proprio in vista delle Elezioni.
Tutto questo per dire che non c’è una ricetta per combattere le fake-news e distinguerle dalla censura. Naturalmente più è facile riconoscere le fonti, più è agile intervenire. Se alcune piattaforme cercano di censurare opinioni di dissenso rispetto all’informazione mainstream o di limitare il dibattito su alcuni temi, stiamo parlando di limitazione della libertà di espressione. E non di censura. Il confine è molto sottile. Ma affinare gli strumenti di lotta è certamente positivo.

Possiamo fare esempi concreti.

Credo che censurare le opininoni di chi ha detto che, durante il Covid, non si è dato spazio alle cure dei medici di base sia sbagliato. E’ una censura. Il fatto che non ci fossero stati protocolli per le cure familiari è un dato di fatto. Spesso chi lo dice, viene censurato. Invece, se ci sono persone che terrorizzano la gente, con l’opinione secondo cui i vaccini uccidono la gente, si tratta di fandonie. Sul Covid emergono casi di censura colpevole o opportuna rimozione di contenuti rilevanti da parte di persone che non hanno titoli per rispondere. La libertà di espressione non deve essere anarchica.

Come comportarsi con temi divisisi sui media come l’emergenza climatica, spesso negata e fonte di scontri?

Bisogna applicare il contradditorio. Non bisogna demonizzare chi dice che non c’è il cambiamento climatico nè chi lo afferma. Perchè si stanno studiando determinate situazioni per capire gli scenari futuri. Se c’è un giornale che riprende una notizia di 15 anni fa sull’estate più torrida degli ulitmi 150 anni e la usa per dire che non c’è cambiamento, è libertà di stampa. Bisogna guardare e leggere tutta l’informazione senza prendere posizioni nette.

Questo lavoro di verifica è più facile tra gli operatori di settore. Come può muoversi un cittadino, un semplice fruitore dell’informazione?

Sarebbe importante che i giornalisti rispettassero la dicitura secondo cui non si possono prendere posizioni. Non dovrebbe esserci una stampa di destra o di sinistra, tranne nei casi dei giornali di partito. La stampa è un bene pubblico, di ogni cittadino. Su certi temi che riguardano il futuro del pianetà non devono esserci divisioni. Ho amici di destra e sinistra che la pensano allo stesso modo.

L’informazione deve essere lo specchio del pluralismo sociale oltre che di quello politico. E’ chiaro che sui temi delle differenze di genere ci siano opinioni discordanti. Per cui che è chiaro che ci siano posizioni più tradizionaliste e altre che accettano forme diverse di convivenza. Fino a quando non si arriva alle offese, tutto è lecito. Anche in questo caso credo nella forza del contraddittorio. Poi è probabile che è facile che ci siano differenziazioni di natura politica. Ma le distinzioni sono ormai molto sfumate. Anche nel centro-destra si vedono tantissimi soggetti favorevoli alla parificazione degli unioni civili. I media devono dare spazio a tutte le voci.