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Il nazismo influenza ancora le nostre scelte

Il nazismo influenza ancora le nostre scelte
Sono passati quasi ottant’anni eppure la Seconda Guerra Mondiale non è mai finita. Non è mai passato il nazismo, e malgrado pure i nostri nonni, che erano giovani quando si combatteva, siano ormai quasi tutti deceduti, noi nipoti e bisnipoti abbiamo ancora un conto aperto. Questo conflitto in Ucraina lo sta dimostrando enormemente. Gli ingredienti ci sono tutti: l’aggressione, Putin che si fa celebrare tra balli e canti, le sanzioni, i foreign fighters che fanno tanto guerra civile spagnola, gli interventisti contro i neutralisti, i giornali che sembrano gazzette delle opposte fazioni, le notizie sulla malattia di Putin, gli 007, le accuse di genocidio e i genocidi nascosti. E noi in mezzo, che non vogliamo fare la scelta sbagliata.

L’ansia da prestazione

Siamo cresciuti con la convinzione che se ci fossimo stati noi, ai tempi della Germania nazista, avremmo saputo subito da che parte stare, senza dubbi. Hitler dovevano ammazzarlo subito, no? Perché vista a posteriori la Storia è sempre semplice. Sempre. E così adesso l’ansia da prestazione ci pervade: dobbiamo essere contro Putin a tutti i costi, bisogna far la guerra, bisogna andare al fronte. C’è una legione di giornalisti – peraltro bravi, e che costituiranno le leve di una nuova generazione di cronisti – che si è catapultata in Ucraina. Questa è roba che finirà nei libri di Storia e chi ci sarà stato ci sarà stato, chi non ci sarà stato non potrà inventarselo.
Eppure questa ansia da prestazione a me spaventa. E’ davvero la stessa storia, o è un’altra storia? E davvero dobbiamo rifare le stesse cose? Sul fatto che Putin sia un mostro non c’è dubbio, ma su questa cosa il tronfio Alessandro Orsini ha ragione: già il fatto che uno debba specificarlo ogni volta che solleva un quesito (nel mio caso, senza risposta), è un problema assai grande. Ho sempre visto con sospetto i fronti unitari, le risposte semplici, i ritratti a senso unico. Mi ricordo, per venire a robe da poco, nostrane, i ritratti di Giuseppe Conte di due anni fa. Io lo avversavo, e lui veniva celebrato a reti unificate. Oggi non vale più niente (finalmente). Anni prima, il ritratto di Mario Monti, stessa roba. Adesso, Mario Draghi. L’altro giorno ho appreso dalla radio che in una collana che sta per uscire in edicola, insieme a Cesare, ci hanno messo pure un volume sul premier. Devo controllare se c’è pure la biografia di Gesù Cristo e di Gandhi, nella stessa collana, e allora avremmo raggiunto l’apoteosi.

La Storia si ripeterà?

Il sospetto verso le narrazioni semplici fa a pugni con il bisogno di non fare lo stesso errore che fecero i nostri nonni, che non capirono, e il nazismo invase l’Europa. Attenzione: il problema non è la condanna o le sanzioni contro Putin e le armi all’Ucraina. Quelle sono scelte semplici. La scelta che si parerà di fronte ai governanti dell’Occidente sarà quella più dura, e sarà da prendere tra qualche giorno, o al massimo qualche settimana: faremo come con Hitler e la Polonia e permetteremo a Putin di annettersi parte dell’Ucraina, scommettendo che andrà diversamente dalla volta scorsa; oppure penseremo che la storia si ripeterà e allora non permetteremo a Putin di annettersi parte dell’Ucraina e scenderemo in guerra anche noi? La Storia, vista a posteriori, pare sempre semplice. Ma dopo aver rivissuto il 1929 con il crollo di Wall Street nel 2008, dopo aver rivissuto la Febbre Spagnola con il Covid, abbiamo forse capito che non ci sono modelli già scritti, protocolli da seguire con gli occhi chiusi.