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L’Italia non sa come comportarsi con Taiwan

Tajani migranti regolari

Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’ambiguità strategica del governo Meloni sulla questione taiwanese rischia di finire presto con le spalle al muro. Una delegazione di parlamentari italiani, quasi tutti esponenti di Fratelli d’Italia, avrebbe dovuto visitare Taiwan lo scorso 11 aprile. La missione diplomatica è saltata, ufficialmente a causa delle “tensioni internazionali”. Eppure, in quello stesso giorno, una seconda delegazione italiana sbarcava in Cina, per partecipare alla terza edizione della China International Consumer Products Expo.

Che fare con Taiwan? Almeno per il momento, il governo Meloni non sembrerebbe avere una risposta precisa. L’Italia sta portando avanti una sorta di ambiguità strategica, proprio come tanti altri Paesi europei. Il punto è che gli altri sembrano aver imboccato questo percorso con un fine strategico, appunto, mentre Roma dà l’impressione di non sapersi orientare.

L’ultima dimostrazione della (dis)ambiguità strategica italiana coincide con due viaggi verso l’Asia. Uno andato in porto, in Cina, l’altro rinviato a data da destinarsi, a Taiwan. Del primo faceva parte una delegazione guidata da Maria Tripodi, Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, di Forza Italia. Del secondo una delegazione formata da cinque esponenti di Fratelli d’Italia e uno del Terzo Polo, tutti facenti parte dell’Intergruppo parlamentare di Amicizia Italia-Tiawan.

Quest’ultimo, atteso a Taipei l’11 aprile, è saltato ufficialmente a causa delle tensioni internazionali, ovvero per via delle esercitazioni militari lanciate in quei giorni dalla Cina nello Stretto di Taiwan. Eppure, le stesse tensioni non hanno impedito alla seconda delegazione, quella di Tripodi, di atterrare nella Repubblica Popolare Cinase per fare tappa alla terza edizione della China International Consumer Products Expo (CICPE), la più importante fiera cinese sui prodotti di consumo. Dove, tra l’altro,  l’Italia ha partecipato in qualità di Paese ospite d’onore.

Emerge così un quadro a dir poco particolare: mentre, da un lato, il governo italiano continua a tessere i rapporti con Pechino, dall’altra una parte degli esponenti di FdI pianifica trasferte a Taiwan. Non proprio un luogo qualunque, visto che la Cina la considera una “provincia ribelle“. E che qualsiasi apertura verso l’isola potrebbe compromettere i rapporti con il Dragone (che, dal canto suo, definisce Taiwan un proprio appendice).

La questione Taiwan

La delegazione di parlamentari italiani attesa a Taiwan è saltata all’ultimo secondo. Dopo un consulto con la Farnesina, infatti, sembra che da Roma abbiano preferito congelare il blitz a Taipei, ufficialmente a causa delle “tensioni internazionali”. Le stesse che, in quei giorni, avevano fatto agitare la Cina, spingendo Pechino a lanciare esercitazioni militari al largo dell’isola.

La piccola comitiva era formata, come detto, da senatori e deputati dell’“Intergruppo parlamentare di Amicizia Italia-Tiawan”, gruppo presieduto dal presidente dei senatori di Fdi, Lucio Malan. In lista c’erano Marco Osnato, Augusta Montaruli, Salvatore Caiata, Ylenia Lucaselli e Giangiacomo Calovini, di FdI, e Naike Gruppioni, Terzo Polo.

Impossibile affermare con certezza quali sarebbero state le conseguenze diplomatiche del viaggio. La sensazione, tuttavia, è che Pechino avrebbe quasi sicuramente protestato con l’Italia, accusandola di fomentare “l’indipendentismo” taiwanese. A quel punto – è lecito supporre – Roma avrebbe potuto salutare ghiotte occasioni economiche e commerciali. E sarebbe stato messo pure un enorme punto interrogativo sulla permanenza di Roma nel progetto della Nuova Via della Seta.

Per adesso non è accaduto niente del genere. Anche se alcuni membri di FdI dimostrano di avere le idee chiare sul fatto di sposare esplicitamente la causa di Taipei. Come ha ricordato il quotidiano Domani, ad esempio, nel settembre 2015 Malan è stato decorato con la medaglia al merito diplomatico conferita dal ministro degli Esteri della Repubblica di Cina (Taiwan), David Lin, durante una visita ufficiale a Taipei. Sul proprio profilo Facebook, invece, l’europarlamentare Carlo Fidanza ha attaccato Emmanuel Macron, accusandolo, dopo l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping, di consegnarsi alla Cina e di abbandonare Taiwan.

Il governo Meloni al bivio

La posizione di FdI rischia però di contraddire le mosse del governo italiano, di cui lo stesso partito fa ovviamente parte. Anche perché, il famoso 11 aprile, l’altra delegazione italiana capitanata dal sottosegretario Tripodi ha partecipato alla CICPE. Si è trattato, tra l’altro, della prima visita di un membro di governo italiano in Cina, dopo l’interruzione legata alla pandemia di Covid-19.

Nel corso della visita, il sottosegretario ha avuto un incontro bilaterale con il viceministro cinese del Commercio, Sheng Qiuping. Sul tavolo tanti temi, dall’’importanza del rilancio dell’economia a livello globale alla necessità di approfondire le relazioni economiche e commerciali tra Italia e Cina. Tripodi, si legge in un comunicato della Farnesina, ha inoltre sottolineato l’importanza del mercato cinese per le esportazioni italiane, il secondo extraeuropeo, il primo in Asia, come dimostrano i livelli record dell’export 2022 (16,4 miliardi di euro).

Il governo Meloni si trova dunque di fronte ad un bivio: rafforzare i rapporti con Pechino o battersi per la causa indipendentista di Taipei? La sensazione è che Roma non voglia decidere per paura di decidere. Sbandierare la causa taiwanese implicherebbe rinunciare al mercato cinese. Ignorare Taiwan, al contrario, potrebbe creare frizioni con i partner occidentali dell’Italia. Molti dei quali, al contrario dell’esecutivo italiano, hanno già effettuato viaggi sull’isola. Un esempio su tutti: la Germania, pur scissa su come gestire i rapporti con la Cina, ha inviato a Taipei il ministro dell’Istruzione Bettina Stark-Watzinger.