Home Politics “Cucù” ha sostituito “Gesù”. Ma davvero dobbiamo litigare sul presepe nel 2023?

“Cucù” ha sostituito “Gesù”. Ma davvero dobbiamo litigare sul presepe nel 2023?

"Cucù" ha sostituito "Gesù". Ma davvero dobbiamo litigare sul presepe nel 2023?

Perché leggere questo articolo? Dai tempi di Cavour la stessa stucchevole polemica bipartisan sui simboli sacri. Oggi tocca a “Cucù” al posto di “Gesù”, due madonne e presepe obbligatorio per legge. Ma davvero, in Italia nel 2023, non abbiamo altro di meglio su cui litigare?

Grande scandalo ad Agna, paesino da  3 181 anime in provincia di Padova. Alla recita di Natale della scuola elementare è sparito Gesù! Nostro Signore Gesù Cristo – per scomodare un mostro veramente “sacro” del cinema nostrano come Mario Brega – è stato sostituito in una perversa allitterazione da un profano “Cucù”. Fa rima con “Gesù”, ma lo fa anche piangere. Che soluzione propone il nostro governo per rimediare all’incresciosa blasfemia? Il presepe obbligatorio per legge. Questo è l’Italia,  con le sue polemiche natalizie. Una tristezza bipartisan.

Breve storia triste delle liti in Italia sul presepe

Pensavamo di averla scampata, e invece ecco la tradizionale querelle natalizia bipartisan. Da destra a sinistra, non c’è scampo. Si comincia sempre verso il ponte dell’Immacolata. Oggetto del contendere? Le luminarie e le decorazioni di Natale. In principio – per restare biblici – fu “Spelacchio“, il mitologico albero di Natale che ha rubato i cuori dei romani coi suoi rami pietosi. Con l’incedere dell’Avvento le polemiche si intensificano e arrivano a bersagliare immagini e simboli sacri.

E’ un cortocircuito che il nostro paese si trascina più o meno dai tempi del Risorgimento. Un tempo c’era Cavour con “Libera Chiesa in libero Stato”. Oggi abbiamo “Cucù” al posto di “Gesù”. Ogni epoca ha le sue battaglie di civiltà. E la nostra, a giudicare dalle polemiche che si è scelta, parrebbe proprio quella del tramonto. Si inizia col proporre di bandire Gesù bambino dalle recite scolastiche per non disturbare le altre culture religiose. Poi si passa all’assurda proposta di non parlare più di “vacanze di Natale”, da sostituire con il più laico “Festa d’Inverno”. Quindi è arrivato il turno dei crocifissi, dopo ancora dei canti natalizi. E si finisce con il presepe con due Madonne in provincia di Avellino. Quest’anno, complice l’avvento del governo Meloni, la polemica alza il volume.

Una polemica bipartisan di cui davvero non sentivamo il bisogno

Ecco che la destra di governo si stringe attorno alla bandiera dei festoni natalizi. Comincia l’europarlamentare Paolo Borchia, segretario provinciale della Lega di Verona. Che se l’è presa con “stella arcobaleno” in piazza Bra, davanti all’Arena. Gli dà man forte – se così si può dire – Fabio Rampelli che si lancia in una polemica (di cui davvero non si sentiva il bisogno) contro la stella rossa dell’albero di Natale del Campidoglio. “Solo la Città metropolitana di Roma, governata dal PD, poteva scegliere una stella rossa al posto di un puntale. Manco a Mosca ai tempi dell’Unione sovietica”.

L’ideatore – a suo dire – del nome “Fratelli d’Italia” ci tiene ai simboli. E rimarca tutta la sua rabbia via social. Rabbia montante a cui il partito più votato d’Italia dà seguito. Fratelli d’Italia di recente ha presentato un discusso disegno di legge per rendere il presepe obbligatorio nelle scuole e istituire un obbligo per la Repubblica italiana di valorizzare, preservare e tutelare le festività e le tradizioni religiose cristiane, come “espressione più autentica e profonda dell’identità del popolo italiano”.

Ma davvero non abbiamo altro su cui scannarci che non sia il presepe?

Quindi, ricapitoliamo. A dicembre 2023, in piena discussione della manovra, tra le polemiche su MES e Patto di Stabilità, con l’ordine mondiale messo a soqquadro da due guerre, il partito leader della maggioranza di governo trova il tempo di impegnare il Parlamento in un disegno legge sull’obbligatorietà del presepe. Che tempo interessante per vivere! E pensare che nel 1223, a Greccio, San Francesco diede vita al primo presepe della storia con la volontà di vedere “la condizione umana e povera della nascita del Redentore”, donando in modo accessibile e comprensibile la storia del Natale anche a coloro che non sapevano leggere. Ecco, a giudicare dalle polemiche sul presepe di quest’anno: beati quelli che non sanno leggere.