Home Politics Condanna Davigo, il pool tace. Di Pietro: “Non parlo dal ’21”. E Colombo…

Condanna Davigo, il pool tace. Di Pietro: “Non parlo dal ’21”. E Colombo…

Condanna Davigo, il pool tace. Di Pietro: "Non parlo dal '21". E Colombo...

Perché leggere questo articolo? Abbiamo provato a chiedere un commento sul caso Davigo ai suoi vecchi colleghi del pool Mani Pulite. Ma nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni sulla condanna del “Dottor Sottile”. C’è chi si dichiara impegnato e chi ammette di essere in silenzio da anni…

Il bavaglio dei pm. La riforme della Giustizia Cartabia e Nordio però non c’entrano. True-News.it ha provato a contattare una serie di magistrati, per avere un loro parere sulla vicenda che ha visto protagonista il giudice in pensione Piercamillo Davigo. “Risposta mai non giunse” cantava Enzo Jannacci in Ho soffritto per te… Il motivo del silenzio delle toghe su una vicenda giudiziaria che riguarda un collega è intuibile; le giustificazioni però non mancano di originalità.

La vicenda Davigo

Martedì 20 giugno il tribunale di Brescia ha condannato in primo grado a un anno e tre mesi Piercamillo Davigo. Lo storico membro del poll Mani Pulite è stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura fino all’ottobre del 2020. La condanna – di cui si attendono ancora le motivazioni – è per “rivelazione di segreto d’ufficio”.

Davigo è stato riconosciuto colpevole di aver fatto circolare nella primavera del 2020 all’interno del Csm alcuni verbali segreti relativi a quello che oggi è conosciuto come “caso Amara”, dal nome dell’avvocato Piero Amara, per anni consulente legale di Eni. Nei verbali incriminati – della cui diffusione era inizialmente stata incolpata la segretaria di Davigo – si faceva riferimento a una presunta “loggia Ungheria“. Si sarebbe tratto di un’organizzazione segreta in grado di condizionare politica e giustizia nel paese. Davigo avrebbe ottenuto i verbali dal pm milanese Paolo Storari, insoddisfatto di come i procuratori Francesco Greco e Laura Pedio stessero trattando il caso. Davigo li avrebbe condivisi con undici persone, tra cui giornalisti di Repubblica e del Fatto Quotidiano. 

Il silenzio delle toghe

Non rilascio dichiarazioni dal 1° gennaio 2021. La ringrazio, buona giornata e buon lavoro”. Antonio Di Pietro è insolitamente laconico. Lo abbiamo contattato nel primo pomeriggio per provare a chiedergli un parere sulla vicenda che riguarda l’ex collega Piercamillo Davigo. Di Pietro era il magistrato di punta del cosiddetto pool Mani Pulite. Di cui Davigo entrò a far parte – dopo qualche ritrosia, come da lui stesso ammesso in una puntata di Blu Notte di Carlo Lucarelli. Nel 1996 Di Pietro ha chiuso la carriera togata, scegliendo di entrare in politica, fondando il partito Italia dei Valori, da cui nel 2014 ha lasciato tutti gli incarichi. Qualcosa del politico a Di Pietro deve essere rimasto. Infatti oggi non parla.

Guardi, oggi purtroppo sono molto impegnato“. Sempre nel pomeriggio abbiamo provato a contattare un altro assoluto protagonista delle stagione di Tangentopoli, Gherardo Colombo. All’epoca dello scoppio di Mani Pulite, Colombo era di gran lunga il magistrato più noto del pool, di cui entrò a far parte proprio nello stesso momento di Davigo, entrambi in qualità di sostituti procuratori. Colombo aveva già indagato su un’altra loggia massonica, la P2 di Licio Gelli e sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli. Davigo sulla criminalità organizzata, sui reati finanziari e contro la pubblica amministrazione. “Colombo, Di Pietro, non tornate indietro!” esortava uno slogan molto gridato nelle piazza di quegli anni. Sulla vicenda di attualità del collega, però, Colombo non riesce a parlare. Gli abbiamo chiesto se fosse possibile richiamarlo in tarda serata, in modo da avere un suo commento dopo gli impegni quotidiani. L’ex pm ci ha risposto che “l’agenda è impegnata tutta la settimana”.

Mani pulite, bocche chiuse su Davigo

Per alcuni commentatori, la condanna di Davigo rischia di sancire la parola “fine” alla lunga stagione del giustizialismo in Italia. Altri opinionisti si sono concentrati sull’ironia della sorte, che ha scelto di far arrivare la condanna sul giudice proprio nel giorno in cui il Parlamento commemorava Silvio Berlusconi. Quel che è certo è che la sentenza arriva, come un macigno, in un fase storica di estrema difficoltà per le toghe in Italia. Sarebbe forse stato di qualche interesse sentire il parere di autorevoli esponenti di quella che invece è stata una delle stagioni più floride e commemorate della magistratura italiana. Gli ex pm di Mani pulite hanno però preferito tenere la bocca chiusa – o l’agenda occupata – sulla vicenda.