Home Politics Comunali, Beppe Sala e la democrazia di Repubblica: 13 candidati, solo 3 a confronto

Comunali, Beppe Sala e la democrazia di Repubblica: 13 candidati, solo 3 a confronto

Comunali, Beppe Sala e la democrazia di Repubblica: 13 candidati, solo 3 a confronto

Un dibattito fra candidati sindaci. Non tutti. I tre migliori. Quattro, se Luca Bernardo non avesse disertato. I migliori almeno secondo Repubblica Milano e il suo Capo Cronaca, Piero Colaprico. Che sugli uomini si sbaglia di rado avendo scritto di Gino Strada, a nemmeno 24 ore dalla morte, come il fondatore di Emergency vivesse nell’ambiguità di una “doppia anima”. Dalla doppia anima al triplo candidato (a scelta) la strada è breve. Così il sindaco di Milano, Beppe Sala, a 96 ore dal voto per le comunali della città si confronta solo con Gianluigi Paragone e Layla Pavone del Movimento Cinque Stelle. Il primo è un senatore e non è chiaro cosa si sia candidato a fare a Milano. Da consigliere comunale andrebbe a guadagnare 1.500 euro al mese e in tanti temono che chiuse le urne di primo ed, eventuale, ma non sia mai, secondo turno sarà più facile incontrare Paragone a Palazzo Madama che non a Palazzo Marino.

La seconda è stata scelta in extremis dal Movimento Cinque Stelle nella città dove non hanno mai sfondato. Il suo leader Giuseppe Conte ne ha sbagliato le generalità. Magari Beppe Sala e Colaprico la ricorderanno con più affetto. Fossero altri tempi e altri canali informativi si parlerebbe di un format “cucito su misura”.

Beppe Sala e il dibattito a tre di Repubblica

Gli altri 10 candidati sindaco di Milano? Non graditi nel dibattito del Teatro Franco Parenti organizzato dal quotidiano che meglio interpreta il sentimento di centrosinistra in città. Gabriele Mariani di Milano in Comune, Giorgio Goggi dei socialisti, Mauro Festa del Partito Gay, Bianca Tedone di Potere al Popolo e altri hanno il diritto di correre per le comunali perché hanno rispettato gli obblighi di legge per farlo. Ma non di essere sentiti a confronto con l’attuale sindaco – dato peraltro per stra favorito. Il coraggio, del resto, non se lo può dare che non ce l’ha. In attesa di smentite con i fatti.

Chi è in vantaggio non accetta dibattiti, è la prima regola della comunicazione” spiegano a distanza i “saliani” di ferro, nuova categoria politica e dello spirito che sopra una certa età acceca ex socialisti, ex democristiani, ex berlusconiani, ex tutto, almeno sotto la Madonnina. Certo, che la prima regola della comunicazione faccia un po’ a pugni con la prima regola della democrazia, a costoro non viene in mente. Altri dicono che i dibattiti sono stati organizzati. Per esempio davanti alla Confcommercio. Di giornalisti che possano porre qualche domanda a tutti e contemporaneamente? Nemmeno l’ombra. Meglio farsi imbeccare da botteghe, bottegai e i loro rappresentanti, magari annunciando una nuova stagione di dehors gratis e licenza di occupare il suolo pubblico.

Elezioni Milano, vietato discutere

La realtà è solo una. A Milano tutti sanno – cronisti in primis – che Beppe Sala a fine agosto aveva detto che i confronti sarebbero stati fatti con tutti. E che a un mese di distanza il bilancio è deludente, tanto che ora non è così. In mezzo le proposte per un bel faccia a faccia con i 13 pretendenti gli sono arrivate. L’ex manager ha dato sì la disponibilità ma poi mai confermato, fra impegni personali, politici e problemi logistici. E comunque per evitare di personalizzare basta fare il classico esempio opposto: se Matteo Salvini fosse sindaco di Milano, in vantaggio nei sondaggi e rifiutasse di incontrare candidati e giornalisti, o solo quelli che dice lui, cosa direbbe l’elettorato moderato? Cosa scriverebbe Colaprico sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari?

Beppe Sala e Repubblica, attacchi da sinistra

Tra chi non ha preso bene per niente la nuova democrazia di Repubblica, ci sono i candidati di varie liste di sinistra, più volte in queste settimane e mesi nemmeno inseriti nei sondaggi per testare gli umori dell’elettorato. Gabriele Mariani, architetto e ingegnere, espressione di Milano in Comune e dei comitati ambientalisti raccolti sotto la “Civica AmbientaLista” ha organizzato una diretta con Daniele Biacchessi alla stessa ora per raccogliere domande e inviarle a Beppe Sala e per illustrare il programma dei prossimi cinque anni.

Gabriele Mariani: “Noi esclusi? Poco sano per la democrazia”

“Oggi a Milano un grande quotidiano ha organizzato un confronto tra soli tre candidati sindaco scegliendoli sulla base di un ipotetico gradimento” dice Mariani. “Una decisione legittima dal punto di vista della linea del giornale ma poco sana per la democrazia. Ricordiamo che a correre per la carica di sindaco ci sono 13 persone, perché dare voce solo a 3? Stupisce che il sindaco Beppe Sala non se ne renda conto”. Un peccato che salti il confronto fra Mariani e Sala. L’ingegnere è infatti esperto di scali ferroviari, Piano di governo del territorio, verde (come l’iscrizione di Sala al partito ambientalista) e sarebbero potuti emergere spunti interessanti per il futuro della città.

Bianca Tedone: “Spregio delle garanzie democratiche”

Bianca Tedone di Potere al Popolo non è stupita: “Repubblica ha deciso che il confronto finale tra i candidati verrà fatto solo tra Sala, Pavone, Paragone e Bernardo”. “È una logica che abbiamo visto in campo anche in altre parti del paese in questi giorni, da ultimo ieri a Bologna” afferma definendolo “solo l’ultimo degli episodi di spregio per le garanzie democratiche di questa campagna elettorale: dai confronti saltati all’ultimo momento perché Sala cambiava idea” fino “al ritardo con cui il sindaco ha messo a disposizione gli spazi per i manifesti elettorali”. Se aveste potuto partecipare al confronto? “In primis avremmo denunciato il clima di questa campagna elettorale in cui il sindaco Sala e gli altri candidati hanno a malapena battibeccato su aspetti residuali o ipertecnici, come la singola pista ciclabile. Questo perché sull’idea di città e sul suo modello di sviluppo sono perfettamente d’accordo; sulla privatizzazione dei servizi pubblici e della sanità, sulla svendita di interi pezzi di città alla speculazione privata finanziaria ed immobiliare sull’onda dei grandi eventi come Expo e le Olimpiadi che non producono infrastrutture utili alla collettività ma solo lavoro precario e buchi di bilancio, che poi tocca al pubblico ripagare”.