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Cdp-Milano, matrimonio a seconda vista

Cdp-Milano, matrimonio a seconda vista

La nuova sede di Cdp a Milano in via San Marco è da leggere come segnale?

di Francesco Floris

La notizia è, o meglio pare, una di quelle da comunicato stampa: l’apertura della nuova sede di Cassa Depositi e Prestiti a Milano in via San Marco. Obiettivo proclamato? “Supportare 50mila imprese e 2mila enti pubblici”, valorizzando le sinergie con i partner bancari e le istituzioni locali e facendo confluire nella nuova sede milanese 30 risorse del Gruppo, provenienti da Cdp Infrastrutture e PA, Cdp Imprese e Cdp Equity. In una fase complicata per Milano e la Lombardia, c’è chi la notizia la legge all’interno di una serie di segnali. Visibili, come quello di voler aiutare il centro in sofferenza del capoluogo più colpito dalla pandemia (a cominciare da bar e attività commerciali). Altri meno visibili, almeno in superficie: il rinnovato interesse di Roma e di una Cdp sempre più interventista in economia per il mondo produttivo lombardo e del nord. Un riavvicinamento che segue anni di rapporti non sempre facili: non si contano infatti le dichiarazioni pubbliche (e private) in cui esponenti della classe dirigente, politica e imprenditoriale lombarda accusano Roma e il braccio finanziario del Tesoro di essere troppo orientati a sud. Soprattutto dopo l’arrivo (in massa) dei grillini a Palazzo Chigi e in Parlamento. Non è un caso che la regia di questa operazione sia in mano al più “nordico” dei Cinque Stelle: Stefano Buffagni, vice ministro allo Sviluppo economico. Non da solo, certamente. Nelle scelte di Cdp contano ancora i “grandi vecchi” di banche e fondazioni. A cominciare da Giovanni Bazoli e, soprattutto, da Giuseppe Guzzetti. Che alla veneranda età di 86 anni muove ancora le pedine sulla scacchiera. Chissà se il “suo” numero uno in Cdp, Giovanni Gorno Tempini, si sia fatto ispirare dall’esperienza dello storico Presidente di Cariplo?