Home Politics Olimpiadi invernali, il cambiamento climatico le porterà all’estinzione?

Olimpiadi invernali, il cambiamento climatico le porterà all’estinzione?

Olimpiadi invernali, il cambiamento climatico le porterà all'estinzione?

Perché leggere questo articolo? Il cambiamento climatico sta causando valanghe di infortuni negli sport su neve. E mette a rischio anche il futuro delle Olimpiadi invernali. Senza interventi sul clima, l’unica soluzione per la sopravvivenza dei Giochi sembrerebbe essere la neve artificiale. Che a sua volta, però, contribuisce a incrementare la crisi climatica.

Qanik, aput, qanipalaat. Sono alcune delle tante espressioni per definire la neve in lingua Inuktitut, parlata dagli Inuit. C’è chi dice che l’idioma degli eschimesi abbia 99 espressioni per dire “neve”. E nemmeno una per dire “deserto” – e viceversa con il dialetto più diffuso tra i berberi del Sahara. Un termine per ogni fiocco, ma di neve ne scende sempre meno. Tanto da non averne abbastanza per costruire gli igloo. Le case eschimesi sono a rischio a causa del cambiamento climatico. Così come gli sport invernali. Il sabotaggio a sci, pattini e slittini è sempre più evidente. La Coppa del Mondo di Polo sulla Neve a St. Moritz è appena stata annullata. Tra piste malmesse e clima imprevedibile, il calendario si ingolfa. E gli atleti rischiano grosso, sia in gara che in allenamento. Ne ha appena fatto le spese la nostra Sofia Goggia. Solo l’ultima sciatrice a subire un grave infortunio in una stagione sempre più splatter. Con le emissioni in aumento, il futuro dello sport su neve è in bilico. A partire dalle Olimpiadi invernali.

Sport invernali splatter: atleti ko e competizioni cancellate

Che ci siano grandi difficoltà a garantire le competizioni di sport invernali è sotto gli occhi di tutti. E i continui infortuni degli atleti ne sono una prova tangibile. Nella discesa di Wengen, il campione norvegese Alexander Aamodt Kilde si è schiantato contro le reti di recinzione, lussandosi una spalla e tagliandosi il polpaccio destro. Mentre il sangue di Kilde sgorgava sulla pista svizzera, Corinne Suter si è distrutto il crociato a Cortina. Legamenti rotti anche per Petra Vlhova, Valerie Grenier, Marco Schwartz e Alexis Pinturault. Elena Curtoni invece si è spaccata l’osso sacro a St Moritz.

E, infine, tibia e malleolo fratturati per la campionessa bergamasca Sofia Goggia, mentre sciava in allenamento. Non è un ordine di arrivo ma la lista di attesa di un pronto soccorso. Lo sci sembrerebbe non riuscire ad adeguarsi al cambiamento climatico. Per colpa delle temperature troppo elevate e della mancanza di neve, lo slalom maschile della Coppa del Mondo di sci alpino, tenutosi a gennaio a Zagabria, è stato cancellato. La gara femminile invece ha visto partecipare solo 22 concorrenti su 60, con la pista che si deteriorava visibilmente, atleta dopo atleta.

Gli sport su neve resistono, contro natura

Ridotte in poltiglia anche le esclusive piste di St. Moritz. Temperature insolitamente calde sulle Alpi Svizzere hanno impedito lo svolgimento a pieno regime della Coppa del Mondo di Polo su Neve. Le squadre erano pronte, i circa 25 mila spettatori pure. Ma a fare lo sgambetto a cavalli e giocatori è stato il meteo: domenica erano percepiti 13° (una ventina più della media). Il lago ghiacciato di St. Moritz era troppo fangoso e scivoloso per permettere di galoppare in sicurezza. Il fondatore dell’evento, Reto Gaudenzi, ha dunque optato per tre giorni di tiri di rigore più lenti e stazionari. Neanche la competizione ridotta ha però fermato il ritrovo di migliaia di persone, molte delle quali milionarie, se non di più. Il Polo su ghiaccio, così come gli sport invernali in generale – non è un mistero -, non è uno sport per poveri.

Se il Pianeta sta perdendo i suoi cicli (e i suoi Cinque Cerchi invernali), è anche perchè andiamo contro natura. Con progetti folli come lo Ski Dubai, la pista di sci indoor più grande del mondo, tra le distese arabe di sabbia dorata. Sono anni che per garantire lo svolgimento dei Giochi olimpici e di altri sport invernali si mettono in atto misure estreme. Se a Vancouver nel 2010 la neve è stata trasportata con gli elicotteri sulle piste, per le gare di Sochi nel 2014 è stata conservata quella dell’anno precedente. Alle ultime Olimpiadi di Pechino, le gare sono state disputate quasi interamente su neve artificiale. Consumando milioni di litri di acqua e contribuendo a incrementare il cambiamento climatico.

La neve non c’è, il cambiamento climatico fa temere le Olimpiadi invernali

Le nevicate non sono mai state così scarse come negli ultimi decenni. Senza il ricorso alla neve artificiale, i Giochi invernali del prossimo futuro potrebbero essere a rischio. Secondo uno studio dell’università di Waterloo, senza inversioni di tendenza nelle emissioni di gas serra entro la fine del secolo, solo una delle 21 precedenti sedi della kermesse a Cinque Cerchi potrà ospitarla nuovamente. E’ Sapporo, in Giappone. Menomale che le Olimpiadi di Milano-Cortina si disputeranno nel 2026.Il cambiamento climatico renderà, dunque, sempre più difficile garantire non solo lo spettacolo ma anche la sicurezza degli atleti. Le stazioni sciistiche dovranno ridefinirsi. Gli scenari climatici infatti mostrano una chiara tendenza a lungo termine: gli sport invernali non saranno più possibili con la sola neve naturale. Ma il massiccio ricorso alla neve tecnica comporta ingenti sprechi di risorse. Contribuendo al surriscaldamento della Terra, e quindi al cambiamento climatico. Sembra un cane che si morde la coda. Che rischia mangiarsi le Olimpiadi invernali, lasciando solo quelle estive.