Home Economy I braccianti della sanità: i medici specializzandi pagati 5 euro l’ora

I braccianti della sanità: i medici specializzandi pagati 5 euro l’ora

I braccianti della sanità: i medici specializzandi pagati 5 euro l'ora

Perché leggere questo articolo? L’Italia: il paese dei camici grigi. La Sanità nel nostro Paese è senza futuro. I giovani medici specializzandi sono pagati una miseria: il 40 per cento in meno rispetto al 2007. Per non prendere 5 euro all’ora molti giovani vanno all’estero. E le borse di studio non vengono assegnate. 

Reggono interi reparti ospedalieri, ma sono pagati circa 5 euro l’ora. E’ questa la condizione che accomuna più della metà dei 50mila medici specializzandi in Italia. Sarebbe meglio chiamare “schiavizzandi” i neolaureati in medicina. Sfruttati dal sistema come manodopera a basso costo per sostituire i medici strutturati che scarseggiano. E’ questa la crepa che lascia intravedere tutte le problematiche della sanità italiana. Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare della resilienza e dell’eroismo del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Parole che suonano ipocrite e vuote a chi nella sanità lavora davvero.

Medici specializzandi, sottopagati e con diritti violati

Considerati ancora studenti ma lavoratori a tutti gli effetti, i medici specializzandi percepiscono una borsa universitaria di circa 1700 euro al mese. Che però, tra i versamenti previdenziali, l’assicurazione, la tassa dell’Ordine professionale e quella universitaria, si abbassa a 1300. A fronte di turni estenuanti che superano le 12 ore quotidiane previste, anche 7 giorni su 7. Inquadrati come dottori ancora in formazione, non solo devono pagare le rette ma sono anche tenuti a seguire le lezioni. Nonostante in molti non riescano a recarsi in aula perché devono restare in ambulatorio, spesso ad occuparsi in completa autonomia dei pazienti.

I giovani medici specializzandi vedono costantemente violati i loro diritti. Non possono godere del ricongiungimento familiare, degli assegni familiari, del congedo di paternità, di quello per lutto grave, dell’indennità di svolgimento di attività straordinarie. Dal 2018 il decreto Calabria permette ai dottori neolaureati di essere assunti dal Sistema sanitario nazionale a partire dal terzo anno di specializzazione. Ma spesso i direttori scolastici non permettono loro di partecipare alla selezione. E questo contribuisce a far scappare gli specializzandi. Infatti, ogni anno, circa il 30% dei 15mila medici in formazione prova a cambiare ospedale o a entrare in un’altra specialistica. Le più abbandonate sono quelle “ospedaliere e pubbliche”, protagoniste nella lotta pandemica. Prima fra tutte la medicina d’emergenza urgenza, dove negli ultimi due concorsi di specializzazione (2021 e 2022) il 61% dei contratti statali è andato deserto.

Pandemia e il vaso di Pandora della sanità italiana

La pandemia ha aperto una crepa nella sanità pubblica italiana. Palesando uno dei problemi più urgenti del Paese: la carenza del personale medico, soprattutto nei Pronto soccorso. Secondo il rapporto del Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità) dell’Università Tor Vergata di Roma, in Italia mancano all’appello 30mila sanitari perchè gli ospedali si allineino agli standard europei. Inoltre, la tragedia del Covid ha anche sdoganato una certa retorica del “servizio”, secondo cui il lavoro straordinario fatto dalle migliaia di medici specializzandi in Italia è qualcosa di dovuto, una scelta di cui non si devono lamentare.

Ma oltre ad essere di fatto sfruttati e considerati ancora studenti, i neo-medici specializzandi non ricevono una formazione adeguata. Non stupisce, dunque, che tra i cervelli in fuga dall’Italia vi siano tanti laureati in medicina. La fuga dei camici bianchi dal nostro Paese è impressionante. Tra il 2000 e il 2022 hanno scelto di lavorare all’estero quasi 180mila professionisti, tra medici e infermieri. Mancano i medici dunque, ma quelli che abbiamo non li facciamo crescere. A meno che non serva forza lavoro per garantire i servizi base.  Un’ingiustizia pagata non solo dagli specializzandi stessi, ma anche dai pazienti.

La triste storia italiana di definanziamento alla Sanità

Quando è stato istituito con la legge 833 del 1978, i valori fondanti del Servizio Sanitario Nazionale erano quelli di Universalità, Uguaglianza ed Equità. Le scelte politiche di regioni e dei ministeri che si sono succeduti in oltre quattro decenni hanno portato non hanno certo seguito questi principi. Questo ricade sui cittadini, ma anche su chi lavora nella Sanità. In particolar modo i più giovani. Gli specializzandi in Italia ricevono lo stesso stipendio dal 2007, ma oggi il suo valore reale è sceso di oltre il 40%. Intanto, il numero dei medici che rinuncia alla specialistica dove il lavoro è più stressante cresce. Nell’ultimo concorso del 2023 più di una borsa di specializzazione su tre non è stata assegnata. Da bianchi, i camici di chi lavora in ospedale, stanno diventando sempre più grigi.