di Francesco Floris

La premessa? “Abbiamo una tecnologia matura”. A cui “far realizzare un salto di livello, un salto in avanti”. Non più il suo utilizzo per mero gioco, entertainment o benessere (nel senso più banale o quotidiano del termine, legato per esempio all’attività sportiva), ma da trasformare in “terapie” e sottoporle “a rigorose ricerche e controlli”. Parla di “strade da percorrere” il professor Giorgio Lorenzo Colombo. Università di Pavia, Direttore scientifico del Centro di Economia del Farmaco e delle Tecnologie sanitarie (Cefat), Colombo è uno degli esperti che si sta battendo per ampliare la ricerca sulle “terapie digitali”.
A gennaio la Fondazione Smith Kline ha annunciato una ricca pubblicazione sul tema, sulla rivista Tendenze Nuove, dal titolo “Terapie Digitali, una Opportunità per l’Italia”: 208 pagine complessive, 13 capitoli realizzati da 40 tra i maggiori esperti italiani del settore che hanno lavorato al “libro bianco” delle terapie digitali per oltre un anno.
L’obiettivo primario? “L’inizio di un lungo lavoro di conoscenza e advocacy” spiega Colombo a True Pharma. Perché di due cose in particolare c’è bisogno, secondo il docente di Pavia, per poter esplorare i confini di questa nuova frontiera sanitaria. Primo? “Chiarezza normativa”. Secondo? “Fare massa critica. Non è un lavoro semplice ma è necessaria la condivisione di dati e competenze fra vari centri di ricerca” a cominciare da un maggior coordinamento non solo con gli IRCCS ma anche con strutture di ricerca di altra natura e con il coordinamento di Ats.
Sul medio-lungo periodo gli esperti di settore ci scommettono anche se oggi “è complicato solo immaginare stime di impatto economico”. Di certo ci sarà un impatto sul piano dei minori effetti collaterali. “Immaginate cosa potrebbe significare poter curare un’insonnia con terapie digitali invece che con alcuni farmaci?” si domanda Colombo. In potenza una rivoluzione. Che ora ha il vento in poppa dopo quanto accaduto l’anno scorso negli Stati Uniti, con l’approvazione nel 2020 da parte della FDA del videogioco “Endeavor”, per il trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD) nel bambino, distribuito e commercializzato per l’uso terapeutico.
Work in progress, dunque, ma di certo esiste già una letteratura internazionale che parla di efficacia. Per esempio su soggetti con disturbi comportamentali.