Home Pharma “L’infermiere del futuro? A domicilio dei pazienti per gestire la cronicità. Cambio di paradigma sulla formazione ospedalo-centrica”

“L’infermiere del futuro? A domicilio dei pazienti per gestire la cronicità. Cambio di paradigma sulla formazione ospedalo-centrica”

“L’infermiere del futuro? A domicilio dei pazienti per gestire la cronicità. Cambio di paradigma sulla formazione ospedalo-centrica”

Serve un “cambio di paradigma nell’assistenza e nella cura”, che porti il “domicilio” ad diventare il nuovo epicentro. Sostituendo l’ospedale. Ha idee chiare sullo sviluppo futuro della professione Aurelio Filippini, il Presidente dell’Ordine delle Professione Infermieristiche di Varese.

Cure a domicilio? Fondamentali per il futuro

Se in passato “infermieri e professioni sanitarie hanno storicamente giocato un ruolo all’interno delle strutture ospedaliere” dice Filippini a True Pharma a margine dell’evento “La riforma socio sanitaria lombarda”, oggi “l’infermiere deve imparare a gestire percorsi e in particolare la cronicità”..

Tradotto? “Predere in carico e in cura le persone che al domicilio hanno problematiche sanitarie e riuscire a mantenere il più possibile la salute direttamente al domicilio”. Il Presidente dell’Opi di Varese la definisce “una questione di management sanitario” più ancora che di “prestazioni cliniche” come quelle già offerte oggi in Lombardia dalle ATS con alcune possibilità di assistenza domiciliare a assistenza integrata.

Infermieristica, serve riformare ruolo e percorso di studio

Ma se a cambiare è il ruolo (e anche il luogo di lavoro), allora vanno riformati per forza i percorsi di studio. “Se cambia il paradigma dell’assistenza e della cura, trovando il suo epicentro nel domicilio e non più in ospedale, anche la formazione deve seguire la stessa modalità”.

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Ad oggi – dice Filippini a True Pharma – i corsi di laurea sono ospedalo-centrici, come del resto è sempre stato fino ad ora. Anche a quel livello bisogna cambiare approccio”. Come? “Bosogna imparare fin dal corso di laurea triennale a stare accanto ai pazienti al domicilio”. Lo dice proprio nelle settimane in cui cominciano a prendere forma, almeno in Lombardia, i primi percorsi che si stanno strutturando verso una maggiore professionalizzazione di infermieri di famiglia e di comunità, con master specifici “dove si viene preparati a lavorare sul territorio anche con capacità manageriale”. Del resto il percorso era già iniziato nel 2019 con la genesi e l’istituzionalizzazione di quelle figure. La pandemia ha bloccato tutto. Soluzione per accelerare il percorso? “Borse di studio” dice Aurelio Filippini per “incentivare la partecipazione” visto che in molti casi si parla di persone già laureate e in servizio da anni. I fondi per l’assistenza domiciliare nel Recovery Plan ci sono, non pochi. Ma bisogna vedere come verranno “messi a terra”. “Su questo fronte credo in un modo o nell’altro le risorse stanziate debbano riuscire a finanziare borse di studio per incentivare la partecipazione” perché è “questo è il momento di riprendere la figura degli infermieri di comunità e di ‘stare a casa’ con i cittadini”.

Il Pnrr e gli ospedali di comunità

Ma il Recovery offre anche altre opportunità alla professione. Le nuove strutture che saranno finanziate con fondi europei – dalle Case di Comunità agli Ospedali di Comunità, più di 300 quelle da realizzare solo in Lombardia – avranno bisogno di personale. Quale? “In particolare negli Ospedali di Comunità, e il Pnrr lo chiarisce molto bene, l’intensità di cura è bassa mentre è alta l’intensità assistenziale” chiude Aurelio Filippini. “Quindi mi immagino che all’interno vi sia certamente una prevalenza di professioni non mediche come infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali, ma vedo anche la necessità di avere una dirigenza che si occupi specificatamente di questi aspetti, una dirigenza clinica”.