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La bolla degli aggregatori Amazon

La bolla degli aggregatori Amazon

Li chiamano “aggregatori”. Sono società che comprano o investono in aziende di piccole dimensioni per portarle su Amazon. A loro volta, poi, gli aggregatori ricevono fondi da aziende esterne, per poter crescere sempre più, in un circolo virtuoso. Almeno per ora. Per dare un’idea del business basta pensare che lo scorso settembre il settore ha ricevuto 1,1 miliardi di dollari di investimenti. In una sola giornata.

Da dove viene il settore del third-party su Amazon

Il modello seguito da queste società è quello di Thrasio, azienda statunitense specializzata nel business third-party di Amazon, la cui valutazione ha toccato il miliardo di dollari lo scorso giugno. Insomma, complice l’incredibile crescita del gigante, i cui profitti sono cresciuti dell’84% rispetto al 2020, anche gli aggregatori si arricchiscono, arricchendo gli scaffali di Amazon e guadagnando a loro volta.

Tra i principali successi di Thrasio ci sono oggetti e realtà piuttosto banali, come un’azienda che produce massaggiatori per i piedi (cresciuta del 275% nel primo anno). O una di aspirapolvere che è volta del 440% nel primo anno dall’acquisizione.

Aggregatori Amazon: c’è chi teme la bolla

Se vi sembrano i presupposti per una bolla, non siete gli unici a pensarlo. Come spiega il sito specializzato Sifted, infatti, la corsa agli aggregatori sta alzando i prezzi di molte aziende. Le aste diventano vere e proprie guerre al rialzo che generano accordi stratosferici e spesso insostenibili. A mantenere in piedi il tutto, almeno finora, gli investitori esterni, che assicurano un flusso di cash sufficiente. Ma alcune di queste aziende sono state comprate per cifre troppo alte: il buco, per alcuni, è inevitabile.

Al momento, solo in Europa, sono attivi 21 aggregatori. Di questi, 19 sono nati dopo il 2020. È un boom recente e improvviso, quindi, che segue la success story di Thrasio. La pandemia, però, ha cambiato tutto: da un lato ha reso Amazon ancora più grande, dall’altro ha aumentato di molto la competizione.

Inseguendo il modello di Thrasio

Parte del successo di Thrasio, invece, veniva proprio dal fatto di essere nata nel “lontano” 2018, quando un modello di business simile era ancora una novità. L’azienda ha potuto conoscerlo, crescere e controllare sempre più brand, indisturbata. Gli investimenti erano più semplici e di entità minore; oggi non è più così.

Le vere opportunità di business, insomma, potrebbero essere già finite. Ora, si teme, rimane la speculazione – e il rischio. Intanto gli investimenti continuano nel Vecchio continente, con il gruppo tedesco Berlin Brands Group (BBG) che ha ricevuto 700 milioni di dollari, diventando il primo unicorno europeo di questo mondo.

Germania avanti a tutte in Europa

Come userà questa fortuna? Scommettendo su aziende e brand da comprare (o su cui investire), per poi portale su Amazon, promuoverle e aspettare che gli utenti comprino i loro prodotti. BBG è un caso particolare: è attivo dal 2005 nel campo dell’e-commerce ma ha recentemente puntato molto sull’aggregazione su Amazon.

Osservando la fotografia scattata da Sifted, la Germania si conferma il leader continentale nel campo, con più della metà degli aggregatori totali. In particolare le tre realtà più grandi e ricche del momento – BBG, Razor, SellerX – sono tutte tedesche. Un gigante come BBG ha circa 900 dipendenti (in vari settori) e ha finora acquisito quindici brand; gli altri due ne hanno 30 ciascuno. Il paragone con Thrasio è notevole: ha “solo” 550 dipendenti e comprende più di 100 brand.

(Foto: aggregatori Amazon / hahnbeck.com)