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Moda sostenibile: calze e collant nascono dal bambù

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Con 2.1 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno, che corrispondo alle emissioni delle economie di Francia, Germania e Regno Unito messe insieme, la moda è la sesta industria più inquinante al mondo (dati TheEcoExperts): a precederla, il settore dell’energia (combustibili fossili), dei trasporti, delle costruzioni, dell’agricoltura e  della vendita al dettaglio di prodotti alimentari, a seguirla  quello della tecnologia. 

Come possono i vestiti essere così distruttivi per l’ambiente? I fattori sono cinque: uso di materiali inquinanti e coloranti tossici; funzionamento delle fabbriche; consumo di acqua; trasporti; produzione di rifiuti. Cresce però dei consumatori verso un abbigliamento sostenibile: secondo PwC Italia, oltre il 34% delle nuove generazioni sceglie prodotti eco-friendly e il mercato della moda green crescerà costantemente dai 10,2 miliardi di dollari del 2022 a 21 miliardi di dollari nel 2030. 

Nei giorni scorsi la Giornata Mondiale della Terra (22 aprile) ha offerto così l’occasione per riepilogare come questo settore può tutelare l’ambiente. Qualche esempio? Borse in pelle ricavata dai funghi, scarpe realizzate con oggetti di plastica ritrovati nell’oceano, abiti in fibra tessile ricavata dal cocco, dall’ananas o dalla banana, calzini e collant in viscosa di bambù, la cui coltivazione è altamente sostenibile. Quest’ultimo è il caso del brand Solidea, che ha saputo prima trasformare il concetto di calza elastica a compressione graduata e poi ha continuato a innovare puntando su materiali alternativi. 

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L’idea green: calze e collant dal bambù

“Se non ci fossero le calze, le gambe delle donne sarebbero soltanto mezzi di locomozione”, sosteneva Jean Cocteau. La stessa visione poetica ha ispirato la piccola, grande rivoluzione di Enzo Pinelli, fondatore nel 1976 dell’omonimo Calzificio a Castel Goffredo (Mantova). La sua “idea solare”, racchiusa nel brand Solidea, è stata quella di regalare alle donne il sogno di gambe belle, seducenti e sane, trasformando il concetto della calza elastica, utilizzata nella prevenzione delle patologie circolatorie. “Dai, Enzo, facci dei bei collant, non quelli da farmacia”, gli chiedevano le donne del paese, certe della sua capacità inventiva.

Coniugando la tecnologia all’esperienza accumulata come fornitore dei maggiori stilisti e marchi del lusso internazionali, nel 1997 Pinelli ha dato vita a una linea di prodotti riconosciuti come dispositivi medici di Classe I, secondo il Regolamento Ue 2017/745, che però hanno la vestibilità, la morbidezza e l’eleganza dei capi di moda. Oggi la collezione offre 190 articoli diversi: declinati per taglie e colori, fanno un totale di 4.000 codici a barre disponibili e una capacità produttiva di 7.500.000 pezzi all’anno, per un fatturato di 10 milioni di euro.

“Proponiamo calze, collant e gambaletti a compressione graduata, ma non solo”, spiega Luca Pinelli, consigliere delegato, che affianca il padre alla guida dell’azienda insieme alla madre Cristina e al fratello Michele. “Nel corso del tempo abbiamo brevettato modelli di avanguardia tecnologica, come i pantaloncini ed il reggiseno ad onde micromassaggianti, che stimolano l’eliminazione dei liquidi in eccesso. Siamo presenti in 70 Paesi nel mondo, con 15.000 punti vendita nella sola Europa, principalmente farmacie, parafarmacie e negozi di articoli sanitari e ortopedie , oltre ad avere anche un e-commerce. Grazie al magazzino robotizzato da ormai vent’anni, la velocità di consegna in tutto il mondo è ciò che ci contraddistingue, insieme all’elevata qualità del prodotto a un prezzo competitivo”.

Perché la coltivazione del bambù è sostenibile

Nel 2019 è cominciata anche la sfida dell’attenzione all’ambiente. “Dopo una lunga ricerca, abbiamo introdotto i filati naturali. Un’innovazione non facile, perché la poliammide e l’elastan sono tuttora essenziali per la compressione graduata: eliminarli completamente vorrebbe dire non poter realizzare dispositivi medici. Noi siamo però riusciti ad integrarli per almeno il 60-70% con la viscosa di bambù e la lana merino, presentando le linee Socks for you Bamboo e Socks for you Merino&Bamboo”. 

La coltivazione del bambù è altamente sostenibile, perché non ha bisogno di pesticidi né di fertilizzanti, la sua crescita è rapidissima e concorre ad assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera: “Inoltre, anche in fase di smaltimento, queste calze, pur non essendo completamente biodegradabili, rispettano maggiormente la natura”.

La scelta rientra appieno nel piano Solidea Green Attitudine, a cui si rifanno diverse strategie aziendali di ottimizzazione dei consumi: dai packaging in materiali riciclati alla digitalizzazione delle attività promozionali, dall’uso di cassette di plastica riutilizzabili per lo stoccaggio ai pannelli solari che coprono l’intero fabbisogno energetico. Risultato: risparmio di un milione di scatole di cartone, corrispondente all’abbattimento di più di 12.000 alberi, e riduzione delle emissioni di CO2 pari al 22%. 

“Abbiamo inoltre aderito al programma di riforestazione di Treedom, startup che dal 2014 offre l’opportunità di piantare alberi a distanza e di seguirli online, grazie alla geo-localizzazione”, conclude Pinelli. “In vent’anni la foresta Solidea in Kenya, che oggi conta 1.800 alberi, permetterà di compensare 360.000 kg di anidride carbonica, tutelare la biodiversità e sostenere le comunità locali”.

Infine, c’è il decalogo per uno stile di vita più responsabile, da applicare sul posto di lavoro, ma anche a casa, volto a sensibilizzare i 38 dipendenti e la rete esterna di 200 collaboratori.

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La storia del “genio delle calze”

“Anche mio padre e mia madre lavoravano in questo settore, come la maggior parte degli abitanti del paese: era naturale che in famiglia, soprattutto a tavola, la calza fosse l’argomento principale”. Il Calzificio Pinelli affonda le sue radici nella laboriosa provincia mantovana, attorno al comune di Castel Goffredo, dove ha tuttora sede il polo italiano del collant da donna: a raccontarlo è il fondatore e presidente, Enzo, classe 1950, nel libro “Il genio delle calze” (Ed. Presadiretta), che ripercorre la sua storia, fatta di visione, coraggio e capacità professionale. Negli Anni 70 sono proprio i genitori, insieme alla futura moglie Cristina, ad affiancarlo nell’avvio dell’impresa all’interno di uno scantinato, dove colloca 20 telai usati: “Lavoravo per altri marchi, facendo allo stesso tempo ricerca e proponendo prodotti nuovi”.

L’innata passione per l’innovazione e la spiccata attenzione alle esigenze del consumatore lo accompagnano nel susseguirsi di tante idee originali, spesso nate sulle rive del lago di campagna che ama frequentare. Come la decisione di adottare i telai elettronici, l’invenzione del “collant alzaglutei, Wonder Bottom, copiato in tutto il mondo”, la ricerca sulla compressione graduata, la produzione dei collant medicali eleganti, la tecnologia anticellulite e l’arrivo in magazzino del robot Charlie. “Ora è arrivato il momento di passare il testimone ai miei figli, ormai pronti per questa responsabilità”, conclude Pinelli. “Credo che questo sia un po’ il sogno di tutti: creare maestri e non allievi”.