“Perchè li hai spenti?” “Non l’ho fatto”. E’ la concitata e drammatica conversazione avvenuta nella cabina di comando del Boeing 787 di Air India precipitato il 12 giugno pochi secondi poco dopo il decollo. Sono morte 260 persone, di cui 241 a bordo del velivolo. C’è un solo sopravvissuto per miracolo. A parlare, come rivelano le registrazioni della scatola nera, sono il primo ufficiale Clive Kunder e il comandante Sumeet Sabharwal. Il primo incalza con toni sempre più disperati il collega, che nega di avere fatto alcunchè.
Il dialogo getta tuttavia una nuova ed inquietante luce su quanto sarebbe accaduto. Emerge dalle indagini infatti che Sabharwal, con all’attivo oltre 15mila euro di volo, negli ultimi anni aveva avuto problemi di salute mentale ed aveva sofferto di depressione. Aveva usufruito di congedo per lutto a seguito della morte della madre nel 2022. Poi aveva ottenuto un secondo congedo per malattia. Era tornato in servizio a settembre 2024 superando una visita medica e ricevendo l’autorizzazione a tornare al lavoro. Ma, come riferito da alcuni colleghi, in queste settimane stava valutando l’idea di andare in pensione per assistere l’anziano padre.
L’ipotesi dell’azione – intenzionale o involontaria – del pilota del Boeing
Insomma, lo scenario che sta prendendo corpo sembra andare ad escludere un malfunzionamento dell’aereo. Ma un gesto – involontario o intenzionale – del pilota che ha attivato l’interruttore di spegnimento del carburante del motore del jet appena tre secondi dopo il decollo causando una perdita di spinta che ha portato allo schianto. Da chiarire se sia stato tentato un reset per gestire la situazione di emergenza.