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Malattie rare: come creare awareness tra i più giovani

Malattie rare: come creare awareness tra i più giovani

“In Italia i malati rari sono circa 2 milioni. Avere una malattia rara porta spesso all’isolamento sociale, e a incomprensione proprio perché non c’è consapevolezza di quello che ci troviamo davanti. Questo il tema del panel “Malattie rare: come creare awareness tra i più giovani” svoltosi nel corso della 21esima edizione di Italia Direzione Nord presso la Fondazione Stelline a Milano. Al panel hanno preso parte il senatore Orfeo Mazzella, membro del tavolo tecnico “Esperti in malattie rare” della regione Campania e membro della 10ª Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), Martina Riva, assessora allo Sport, Turismo e Politiche giovanili del comune di Milano, Emanuele Monti, presidente IX Commissione di Regione Lombardia – Sostenibilità sociale, casa e famiglia, Mattia Pozzato, U.O. Neurologia ad indirizzo neuroimmunologico – ASST Valle Olona, Stefano Geliberter, Neurologia, GOM Niguarda, e Silvia Rossi, Medical Director Horizon Therapeutics.

Il panel di Italia Direzione Nord sulle malattie rare

Il senatore Orfeo Mazzella, membro del tavolo tecnico “Esperti in malattie rare” della regione Campania, commenta: “Le malattie rare dal punto di vista legislativo hanno trovato un assetto, ma mancano ancora delle norme per garantire un’uniformità di trattamento in tutta Italia. Se parlassimo dicendo alle persone che in un autobus affollato potrebbero esserci dalle due alle quattro persone con una malattia rara, potrebbe cambiare il nostro atteggiamento. Parlare di consapevolezza, secondo me, significa toccare il tema dell’ascolto e dell’allenamento dell’intelligenza emotiva, ovvero dell’empatia. Credo che su questi temi, abbiamo fatto un passo avanti. Nel campo delle malattie rare si è riconosciuta ormai l’esperienza della persona portatrice di malattia rara, e questa condizione di esperienza è una condizione di consapevolezza. La sfida è dunque quella di trasformare questa esperienza in competenza, che diventi poi leadership dei più giovani”.

Un ragionamento sulla comunicazione arriva anche da Emanuele Monti, presidente IX Commissione di Regione Lombardia – Sostenibilità sociale, casa e famiglia: “La comunicazione ha un ruolo fondamentale anche nell’attivazione degli screening. Spesso noi cittadini tante cose non le sappiamo. Abbiamo fatto un bel lavoro con Guido Bertolaso e da fine settembre abbiamo permesso di accedere agli screening neonatali sulla Sma, ma quanti lo sanno? La comunicazione istituzionale non basta. Servono anche le associazioni pazienti, il privato (come associazioni ed enti locali) che collaborano con le strutture, con i clinici, con l’ambito della ricerca, per comunicare in modo efficace informazioni di questo tipo”.

Una sfida per i giovani

Il 5% della popolazione italiana ha una malattia rara. Il 95% potrebbe non saperlo. Da questi dati parte il discorso di Silvia Rossi, Medical Director Horizon Therapeutics, toccando ancora una volta il tema della comunicazione grazie alla campagna Rare Che: “Non vogliamo solo offrire soluzioni terapeutiche, ma anche informazione, perché appunto non essendo conosciute il rischio è che si possano provocare danni dovuti ai ritardi nelle cure. L’obiettivo è quello di informare, educare e sensibilizzare, e noi abbiamo voluto farlo rivolgendoci ai giovani. Abbiamo usato la comunicazione di strada, e il sito rareche.com è stato il punto di atterraggio. Offriamo una mini guida, un glossario ed elaborati sulle malattie rare, realizzate anche dal comitato scientifico composto da dieci giovani neurologi italiani”.

“Abbiamo fatto graffiti davanti a scuole e università, diffuso volantini e messaggi sulla rete veicolati dal profilo Rare Che. Tutto si è concluso il 16 novembre, giornata internazionale della tolleranza. La campagna è stata un piccolo passo ma di successo. E ci ha fornito anche qualche dato per riflettere insieme. 450 persone hanno risposto a un questionario, per la maggioranza donne e sotto i 30 anni. Un terzo di loro è residente in Lombardia, il che significa che la rete sì funziona, ma anche la vicinanza fisica è importante. Quello che possiamo dire è che c’è un grande bisogno di sapere: secondo il sondaggio nessuno dice di conoscere bene il tema, ma sono interessati e vogliono informarsi e fare di più. Perché tutti un giorno siano in grado di vedere, conoscere e comprendere la rarità”.

Martina Riva, assessora allo Sport, Turismo e Politiche giovanili del comune di Milano: “È grande segno di intelligenza e sensibilità capire che per raggiungere i giovani si deve passare anche da comunicazioni come quelle evidenziate da Rossi. In questo momento storico, con le Olimpiadi alle porte, stiamo cercando di usare ogni evento sportivo su Milano come un momento per raccontare un tema importante. Bisogna adattarsi insomma ai mezzi che abbiamo”.

Come interfacciarsi alle malattie rare

“Ogni volta che viene nominato il concetto di ‘malattia rara’ si pensa a qualcosa di lontano che riguarda di più la salute degli altri, ma esistono migliaia di malattie rare e ogni mese se ne scoprono di nuove” ricorda Stefano Geliberter, Neurologia, GOM Niguarda, che prosegue: “È fondamentale che i medici decostruiscano il concetto di ‘raro’, che deve diventare qualcosa all’ordine del giorno, e che riguarda tutta la società, che deve fornirsi di strumenti per prendersi cura di queste persone”.

“Come medici siamo spesso la prima figura con cui la persona con la malattia rara si interfaccia, e dobbiamo fornirgli tutti gli strumenti perché possa essere incluso nella società. Quindi dobbiamo essere consapevoli in primis noi stessi che la ricerca scientifica avanza, perché, senza, molte malattie sarebbero ancora sconosciute – sottolinea Mattia Pozzato, U.O. Neurologia ad indirizzo neuroimmunologico – ASST Valle Olona -. Ritengo anche che il medico debba avere un impegno nel sociale e rivolto ai giovani, che sono il futuro della società. Lo sport è un’altra tematica che può avvicinare, le sfide per il futuro sono tantissime, in parte devono partire da noi, ma anche dalla ricerca scientifica, dalle case farmaceutiche, così come dalle istituzioni”.