Home Economy Ponte sullo Stretto, così il sogno di Salvini tiene in ostaggio Sicilia e Calabria

Ponte sullo Stretto, così il sogno di Salvini tiene in ostaggio Sicilia e Calabria

Ponte Stretto Fratelli Italia

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La società Stretto di Messina ha chiesto una proroga di tre mesi per rispondere alle integrazioni richieste dalla commissione per l’impatto ambientale: addio al sogno di Salvini di aprire i cantieri entro luglio. “Non siamo sorpresi – ha dichiarato a True-news.it il sindaco di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti – ma ora servono certezze altrimenti sarà un dramma”.

Le integrazioni richieste della commissione di Via sono 239, io non credo che quattro mesi basteranno alla società Stretto di Messina per rispondere a tutti questi punti”: ai microfoni di true-news.it, il sindaco di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti, si è mostrata scettica sulla possibilità che nel giro di poche settimane si potrà assistere all’apertura dei cantieri del ponte sullo Stretto.

La sua non è certo una voce secondaria: il comune che amministra è quello che dovrebbe ospitare il pilone della sponda calabrese del viadotto dalla campata unica di oltre tremila metri. Il suo sarebbe il comune in cui i lavori risulterebbero più invasivi sul territorio, considerate le sue ridotte dimensioni rispetto a quello della dirimpettaia Messina: “E infatti attendiamo giorno per giorno novità sul progetto – ha spiegato – senza certezze la pianificazione per i prossimi anni è bloccata e quindi è impossibile pianificare lo sviluppo del territorio”.

L’addio al “sogno” di mettere il ponte in cantiere entro luglio

Ma perché si è tornati a parlare oggi di ponte sullo Stretto? Nelle scorse ore, ad emergere è stato l’annuncio della società Stretto di Messina di chiedere 120 giorni di tempo, a fronte dei 30 previsti, per rispondere alle richieste di integrazione avanzate dalla commissione di Via, ossia la commissione di Valutazione per l’Impatto Ambientale.

Così come ricordato dal sindaco di Villa San Giovanni, si tratta di ben 239 richieste di integrazione. Un’enormità che reso molto scettica la stessa Giusy Caminiti, la quale però non è sembrata del tutto sorpresa: “Ce l’aspettavamo – ha dichiarato – già ad aprile, quando al Mit (Ministero Infrastrutture e Trasporti, ndr) ci hanno convocato per la conferenza dei servizi, avevamo capito che la Stretto di Messina avrebbe chiesto una proroga”.

Ad ogni modo, i 120 giorni che la società che gestisce il progetto del ponte ha chiesto per rispondere alle integrazioni rischiano, già da adesso, di avere un non indifferente impatto politico. Calendario alla mano, interrompere di quattro mesi l’iter a maggio vuol dire certamente non vedere cantieri entro luglio. Facendo così naufragare una promessa fatta lo scorso anno dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.

Il leader della Lega sul ponte si è subito giocato le sue carte una volta approdato al Mit. Dai suoi colleghi del governo è riuscito a farsi approvare le prime mosse per rendere operativi al più presto i cantieri. E quando la società Stretto di Messina è stata tirata nuovamente fuori dal cassetto, con annesso progetto risalente al 2003 e accantonato dai governi Prodi e Monti, si è detto certo che non più tardi del luglio del 2024 le aree toccate dai lavori avrebbero visto il sorgere dei primi cantieri.

Niente lavori almeno fino al prossimo anno

Ma le brutte sorprese per Salvini non finiscono certo qui. Il sindaco di Villa San Giovanni ha espresso la sua convinzione sul fatto che non si vedrà traccia di lavori per almeno l’intero 2024: “Ripeto, dubito che quattro mesi basteranno alla Stretto di Messina per rispondere alle integrazioni – ha dichiarato – ad ogni modo ammesso che il 15 settembre realmente ripartirà l’intero iter, occorrerà un altro passaggio obbligato, quello legato al Mit”.

Al ministero infatti, si dovrà presentare il progetto definitivo, con tanto di integrazioni eventualmente approvate dalla commissione Via. Soltanto dopo tutto l’incartamento potrà andare al Cipess, la Commissione Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile, per il disco verde definitivo ai cantieri.

“Consideri – ha aggiunto Giusy Caminiti – che questi passaggi sono obbligatori. Prima si deve rispondere alle integrazioni di Via, se davvero questo iter finirà in quattro mesi occorrerà presentare tutto al Mit e infine si dovrà passare all’approvazione del progetto definitivo al Cipess. Solo dopo, eventualmente, si potranno aprire i cantieri”. E dunque i tempi sono destinati a dilatarsi: anche i più ottimisti oramai sanno che entro il 2024 non si vedrà alcun operaio all’opera.

Nei giorni scorsi Pietro Ciucci, ex Ad di Anas e adesso a capo della Stretto di Messina, ha ammesso che per il progetto definitivo occorrerà aspettare almeno la fine di questo anno: “La decisione di chiedere una proroga di tre mesi – si legge in una nota – è motivata dalla eccezionale rilevanza dell’opera e riflette la volontà e il massimo impegno della Società nel fornire puntuali ed esaurienti risposte alle richieste di integrazioni e chiarimenti”.

Il pericolo per i territori coinvolti dai cantieri

È bene però specificare un punto: le novità di queste ore non significano un (nuovo ed ennesimo) addio definitivo al ponte. Anzi, c’è chi vede nella proroga per le risposte alle integrazioni sull’impatto ambientale un passo verso una concreta ridefinizione del progetto. Il problema però è che si naviga al momento nella più totale incertezza.

Una circostanza che senza dubbio costituisce un problema politico per Matteo Salvini, principale promotore del ritorno a galla del sogno di un attraversamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. Ma che, anche se non soprattutto, potrebbe determinare concreti problemi di amministrazione nei comuni su cui dovrebbero sorgere i cantieri.

Villa San Giovanni ad esempio, è abitata da non più di tredicimila anime. Su un territorio dalle dimensioni così esigue, l’impatto dei cantieri di un’opera così importante potrebbe avere effetti ragguardevoli, sia in senso positivo che negativo. Il sindaco Caminiti anche in passato non ha mai mostrato posizioni ideologiche sull’opera: l’importante, per il primo cittadino, è avere delle certezze.

“Ai livelli più alti – ha dichiarato – Non vogliono comprendere che senza studi e senza un progetto di cantierizzazione noi non possiamo governare le fasi di cambiamento della città”. Se Villa San Giovanni dovrà sostenere l’arrivo di cantieri così invasivi, dovrà prepararsi e dovrà virare verso un certo tipo di sviluppo. Diversamente, se il ponte se non si dovesse fare in tempi brevi o se i progetti dovessero essere destinati a rimanere in stallo per anni, allora il comune dovrà programmare il proprio futuro in un altro modo.

“Se si rimane in una posizione di incertezza – ha concluso Giusy Caminiti – la pianificazione rimarrà bloccata. E quindi rimarrà bloccato anche lo sviluppo del territorio. Tutto questo ad oggi rappresenta un delirio, domani potrebbe rappresentare un dramma”.