Home Economy Quando Uber faceva lobbying contro i tassisti (con l’aiuto di Macron). Varie&Eventuali

Quando Uber faceva lobbying contro i tassisti (con l’aiuto di Macron). Varie&Eventuali

Quando Uber faceva lobbying contro i tassisti (con l’aiuto di Macron). Varie&Eventuali

Tassisti 1 Uber 0. Nel pieno dello scontro tra la corporazione dei tassisti e il colosso Uber è il quotidiano inglese Guardian a segnare il punto. Infatti il Guardian ha ottenuto oltre 124mila documenti confidenziali interni a Uber, denominati «Uber Files» e relativi al periodo compreso fra il 2013 e il 2017, cioè quando alla guida della società c’era Travis Kalanick, che rivelano un sistema di lobbying e pubbliche relazioni attuato dalla società per provare a ottenere l’appoggio di politici di spicco per scombussolare il settore dei taxi in Europa.

«Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali. Chiediamo invece al pubblico di giudicarci in base a ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e cosa faremo negli anni a venire», afferma Uber in una dichiarazione riportata dal Guardian e rilanciata dal Sole 24 Ore. I file consistono in circa 83mila e-mail, nonché iMessage e messaggi WhatsApp, come pure memo, presentazioni e fatture. «Per agevolare un’inchiesta globale», il Guardian spiega di avere condiviso i documenti con 180 giornalisti in 29 Paesi tramite il Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICIJ) e con una serie di media, fra cui Bbc, Panorama e Le Monde. In particolare emerge che Emmanuel Macron, quando era ministro delle Finanze, avrebbe «segretamente aiutato Uber a fare lobbying in Francia», scrive il Guardian, sottolineando che allora l’attuale presidente francese permise «a Uber accesso frequente e diretto a lui e al suo staff».

Claudia Gerini sindaco di Roma: “Trasporti e giustizia, che agonia”

Tutti i sindaci hanno una croce da portare. Ma a Roma è sempre la stessa: la monnezza. E come se non bastasse il catenaccio del M5S contro il termovalorizzatore proposto da sindaco Gualtieri, ora ci si mette la sempre splendida Claudia Gerini: “Trasporti e sporcizia, la mia Roma in agonia. Così i turisti fuggono”. Complice il film, girato dall’attrice, dove interpreta proprio la parte del primo cittadino della capitale. “Bisogna partire dalla pulizia, basta con le scuse di ogni amministrazione. Poi potenziare la metropolitana, i treni e i bus da Ostia e Fiumicino”, ed ecco fatto il programma quinquennale per Gualtieri. “Io amo Roma, la amo da morire. Ma qui è come se ci dicessero: andatevene via, non vi vogliamo”, insiste l’attrice. A Gualtieri non resta che chiedere aiuto a Carlo Verdone.

Autogrill e Dufry: nasce un colosso della ristorazione on the road

Colossi in vista. Edizione S.p.A., azionista di maggioranza di Autogrill S.p.A., e Dufry AG annunciano un accordo destinato alla creazione di un gruppo globale nel settore dei servizi di ristorazione e retail per chi viaggia, attraverso una strategic business combination tra Autogrill e Dufry. In parole povere si parla di integrazione tra Autogrill e Dufry per la creazione di un gruppo globale. A completamento dell’operazione nascerà, attraverso l’unione di due dei principali operatori dei rispettivi settori, un player globale da oltre 12 miliardi di ricavi.

Alessandro Benetton, presidente di Edizione, sembra soddisfatto: “Questo accordo permette la prosecuzione del percorso di crescita e di sviluppo di Autogrill, un asset che per Edizione rimarrà di natura strategica. L’unione tra Autogrill e Dufry permetterà la creazione del campione mondiale del settore, con una posizione di leadership in diverse geografie e su diversi servizi, favorita anche da importanti sinergie all’interno del nuovo Gruppo. In questa nuova realtà, Autogrill sarà protagonista, portando in dote i suoi valori e la sua cultura aziendale, in particolare sui temi dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione. In Dufry e negli attuali vertici della società abbiamo da subito riconosciuto una visione e valori comuni, uniti ad una cultura manageriale e a competenze di altissimo livello riconosciute da tutto il settore”.

Rifiuti: se il cerino resta in mano alle regioni…

Monnezza romana docet e allora lasciamo il cerino nelle mani delle regioni. Il messaggio è chiarissimo: ogni Regione dovrà garantire la piena autonomia per la gestione dei rifiuti urbani non differenziati e per la frazione derivante dal trattamento di quelli destinati allo smaltimento. Un principio generale che potrà però essere derogato spostando l’asse su un territorio più ampio – da individuare come macroarea e sulla base di un meccanismo di prossimità -, solo a determinate condizioni e in modo da minimizzare l’impatto relativo al trasporto dei rifiuti stessi. È questa la rotta indicata dal Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (Pngr), già previsto dal Testo unico ambientale e inserito dal Recovery Plan tra le riforme abilitanti da centrare entro fine giugno per il ministero della Transizione ecologica. Che, nei giorni scorsi, ha dato il via al decreto di recepimento di questo strumento di indirizzo e supporto della pianificazione regionale facendo così partire il conto alla rovescia per i piani territoriali con gli enti locali chiamati ad adottare le proprie strategie operative entro 18 mesi dalla pubblicazione definitiva del Pngr.

Va detto subito che il Programma nazionale non contiene una puntuale ricognizione delle localizzazioni e degli impianti necessari a recuperare ritardi e inefficienze su questo versante, poiché il boccino viene lasciato in mano alle Regioni. Il documento stabilisce però, sulla base delle risultanze di uno studio commissionato dal Mite all’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)- che ha analizzato i flussi di sistemi dei rifiuti urbani e del ciclo di vita (focalizzando l’attenzione su 8 Regioni rappresentative di tutto il territorio nazionale) – i criteri generali da considerare per identificare le macroaree (dalla contiguità territoriale al contributo quantificabile alla decarbonizzazione in termini di riduzione della CO2) e per assicurare il progressivo riequilibrio tra le aree del territorio nazionale. Superando anche il ricorso alla discarica (con la previsione di step intermedi a partire dal 2023 per centrare l’asticella al 10% al 2035) e riducendo altresì il trasporto di rifiuti all’estero.

Rihanna la più giovane miliardaria self-made degli Stati Uniti

Dopo Kim Kardashian, ora tocca a Rihanna: la star, non tanto grazie all’attività musicale quanto alle sue linee di prodotti di bellezza e di moda, è la più giovane miliardaria self-made negli Stati Uniti secondo la classifica di Forbes. Tra imprenditrici, Ceo di aziende e personalità dello spettacolo, la 34enne impresaria di Fenty Beauty e Savage X Fenty è l’unica sotto i 40 anni con una fortuna di 1,4 miliardi di dollari. Rihanna è entrata per il terzo anno consecutivo nella graduatoria guidata dalla 75enne donna d’affari del Wisconsin Diane Hendricks, stavolta al 21esimo posto, ma Forbes le ha dedicato un posto d’onore in quanto unica miliardaria under 40: questo grazie al fatto che Kim Kardashian, che ha un patrimonio di 1,8 miliardi di dollari, lo scorso ottobre ha compiuto 41 anni. Sono state la moda e il beauty che hanno fatto la fortuna di Rihanna. Non che la musica della cantante delle Barbados non abbia valore: la neomamma di un maschietto – il papà è il rapper A$ap Rocky – è recentemente diventata l’artista digitale più venduta di tutti i tempi ma il suo catalogo digitale non è così redditizio perché lei ha pochi crediti di canzoni a suo nome. L’ultimo album della nove volte premio Grammy, “Anti“, ha guadagnato 22 milioni di dollari da quando è uscito nell’ormai lontano 2016 mentre il tour di accompagnamento le ha portato altri 110 milioni: somme ragguardevoli, che però impallidiscono davanti alla potenza di fuoco di Savage X Fenty, la linea di lingerie per cui sarebbe allo studio il debutto in borsa con una valutazione di tre miliardi di dollari. Lo scrive il quotidiano Il Giorno.