Una strana conseguenza dello smart working e del decentramento dei luoghi di lavoro è l’effetto che ha nello spazio in cui le aziende nascono e fioriscono. Non parliamo dei distretti industriali, che per ovvi motivi sono piuttosto difficili (pesanti) da spostare, quando di quelli del terziario. Il terziario avanzato e specializzato. Insomma, dalla Silicon Valley in giù. La pandemia ha colpito anche queste aziende, anche se dai bilanci non si direbbe.

Il 2020 ha fatto piazza pulito di questa favola. Gli affitti – che da queste parti sono assolutamente folli – sono scesi del 24% e gli uffici sono incredibilmente vuoti.
Il picco della Valley
Prima di dirlo, è bene spiegare la causa del successo recente della Valley. Come spiega l’analisi della società di investimenti Initialized, il picco dell’area è stata nel 2014. Dopo il 2008 e la crisi finanziaria, infatti, la Baia divenne particolarmente economica e conveniente ma la crescita del settore digitale – e la nascita di tanti “unicorni”, le startup miliardarie – hanno causato l’aumento dei prezzi: “è diventato molto più difficile competere con la Big Tech nel recruiting e così è iniziat il trend opposto, con le aziende che hanno cominciato a spostarsi fuori”.
Dove se ne vanno? Alcuni scendono in California verso Los Angeles, anche se i techies sembrano aver trovato una nuova città di riferimento, più a sud e lontano dall’oceano: Austin, in Texas, città poco affine allo spirito texano che molti di noi conoscono, da sempre vivace e aperta.
(Foto: Computer History Museum/Maryanne Regal Hoburg)