Home Economy Qatar Investment Authority: quanta Italia c’è nel “salvadanaio” dell’emiro?

Qatar Investment Authority: quanta Italia c’è nel “salvadanaio” dell’emiro?

Qatar Investment Authority: quanta Italia c’è nel “salvadanaio” dell’emiro?

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il Qatargate ha sollevato un polverone internazionale e sollevato dubbi sull’operato del Qatar in Europa. Al di là del terremoto che ha scosso Bruxelles, vale la pena accendere i riflettori sullo strumento prediletto e utilizzato dall’emirato per investire il suo denaro nel mondo. Il Qatar Investment Authority è un fondo sovrano che risponde direttamente a Doha. Può vantare una potenza di fuoco di circa 450 miliardi di dollari e include varie filiali. Ebbene, lo shopping qatariota è arrivato anche in Italia.

Palazzi, aziende, squadre di calcio. Il portfolio del Qatar Investment Authority (QIA) include acquisizioni globali, soprattutto europee, dal valore di svariati miliardi di dollari.

Giusto per capire il peso del fondo sovrano nelle mani di Doha, grazie ad esso la famiglia Al Thani controlla il 17% di Volkswagen, il 6% di Barclays, il 6,65% di Airbus Group, il 15,1% del London Stock Exchange e il 6% di Deutsche Bank.

Doha ha inoltre speso fiumi di denari nel mondo del calcio, nel Paris Saint Germain e nella sponsorizzazione fino al 2016 del Barcellona, e in campo religioso-sociale, finanziando la costruzione di svariate moschee.

Il Qatar in Italia

Limitandoci al pacchetto immobiliare, il valore del portfolio del QIA in Italia si attesta intorno ai 5 miliardi di euro.

Il primo rilevante investimento di Doha risale al 2012, quando il Qatar acquisì, per oltre 700 milioni di euro, Valentino Fashion Group.

Seguì un forsennato shopping di hotel e alberghi di extra lusso: dal Four Season di Firenze (150 milioni) al Baglioni, sempre nel capoluogo toscano, passando per il Gallia di Milano, il Gritti Palace di Venezia e il Westin Excelsior, il Grand Hotel St. Regis e l’Aleph Hotel Boscolo di Roma.

Se ai Paesi europei piacciono le risorse energetiche del Qatar, all’emiro piace il mattone del Vecchio Continente. Nel 2015, Doha mise le mani sul piano di sviluppo di Porta Nuova, a Milano. La cifra non è mai stata resa nota. Si parla, tuttavia, di un investimento superiore al miliardo di euro.

Restando in Lombardia, QIA ha messo le mani sulla sede del Credit Suisse – ne è pure azionista – per la più “modica” cifra di 100 milioni.

Spostandosi in Sardegna, nel 2012 l’emirato ha preso possesso di una cospicua fetta della Costa Smeralda. Nel tratto citato troviamo quattro hotel cinque stelle (Cala di Volpe, Romazzino, Cervo Hotel e Pitrizza), il mare, il cantiere di Porto Cervo e il Pevero Golf Club. Il tutto per 600 milioni più spese di ristrutturazione.

Business d’oro

Il QIA è stato fondato nel 2005 dal governo qatariota per gestire la vendita di petrolio e gas naturale. È proprio dalle risorse energetiche che la famiglia Al Thani ha piazzato le sue conquiste finanziarie in giro per il mondo, a cavallo tra Stati Uniti, Europa e Asia.

Il Regno Unito è stata la prima destinazione degli IDE del Qatar per oltre 40 miliardi di dollari. L’emirato ha acquistato alcuni degli immobili più pregiati della Gran Bretagna, tra cui il Ritz Hotel, i grandi magazzini Harrod’s e il centro finanziario Canary Warf. E ancora: innumerevoli case private nei quartieri più desiderabili di Londra e l’edificio più alto del paese, lo Shard.

Nei primi 10 mesi del 2022 il Qatar ha generato dividendi per 545 milioni di dollari dalle società quotate nel Regno Unito.

La Francia e la Germania sono il secondo e il terzo maggior destinatario degli investimenti del Qatar in Europa, con una stima rispettivamente di 27 e 24 miliardi di dollari.

A Parigi, Doha ha acquistato il gruppo dei media Lagardere, TotalEnergies, il gigante aerospaziale EADS e la società di servizi pubblici Veolia.

In Germania, invece, il Qatar è il maggiore azionista del gruppo automobilistico Volkswagen e detiene partecipazioni nella società tecnologica Siemens, Deutsche Bank, società di spedizioni Hapag-Lloyd e colosso delle costruzioni Hochtief. E la lista potrebbe continuare ancora, allargando la visuale ad altri Paesi e altri asset.

Il fondo Qatar Investment Authority

Abbiamo detto che il QIA è un fondo. Ma che c’è un fondo? Pensate ai comuni salvadanai rosa a forma di maialino che da bambini utilizzavate per conservare la paghetta ricevuta da nonni e genitori.

Un fondo di investimento, sia esso privato o sovrano, ha la stessa funzione di quel tipo di salvadanaio. Con l’eccezione che al suo interno confluiscono ingenti risorse derivanti da piccoli e grandi risparmiatori, oppure dalle riserve valutarie o surplus fiscali di un governo.

La gestione del forziere, e cioè quanto, dove e come spendere i denari, è inoltre affidata a una società ad hoc incaricata di far fruttare gli investimenti. I gestori dei fondi investono in molteplici campi: dagli immobili a squadre di calcio, da obbligazioni ad azioni, da aziende a infrastrutture.

L’intento primario non è sempre quello di ottenere succulenti ritorni economici capaci di ripagare la somma investita. In alcuni casi, specialmente se parliamo di fondi sovrani, ci sono altri obiettivi. Tra cui, come nel caso del Qatar, quello di espandere il soft power di un Paese in rampa di lancio, pulire l’immagine di una nazione non democratica, ma intenzionata a partecipare all’economia globale e, last but not least, consentire a un soggetto di incrementare il peso specifico su scala internazionale.

Scarica il report sulla “partnership strategica” tra l’Ue e il Qatar