Home Economy Milano, una città per pochi? Casa, il futuro è allarmante (ma anche il presente)

Milano, una città per pochi? Casa, il futuro è allarmante (ma anche il presente)

Milano, una città per pochi? Casa, il futuro è allarmante (ma anche il presente)

Perché leggere questo articolo: A Milano il nodo dell’accessibilità delle case è sfida decisiva. Per Alessandro Maggioni (Confcooperative) un tema economico e identitario. Vediamo perché

“Il problema del futuro dell’abitare a Milano è un problema identitario, che incrocia tutti gli altri”. Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat e del Consorzio Cooperative Lavoratori (Ccl) di Milano, commenta con True-News i dati più recenti sul costo della vita nel capoluogo lombardo.

Milano, Maggioni: il tema dell’abitare è un “problema identitario”

Milano cresce, ma in che direzione? Il recente rapporto dell’Osservatorio Casa Abbordabile (Oca) promosso dal Ccl assieme al Politecnico di Milano ha riportato il 34% dei contribuenti dichiara un reddito lordo inferiore a 15.000 euro l’anno, ma dove nel periodo 2015-2021 i prezzi medi delle abitazioni sono cresciuti del 41%, gli affitti medi del 22%.’”L’Osservatorio Casa Abbordabile nasce su intuizione del nostro consorzio per trovare una risposta al proliferare di report che glorificavano la rendita immobiliare” negli anni scorsi, dice Maggioni. “Vogliamo provare a dare risposte a un problema identitario che ci tocca in prima persona. Come cooperative ci interfacciamo con chi vive l’abitare su ogni dimensione. Abbiamo a che fare con gli investitori, ma soprattutto con uno zoccolo duro di acquirenti di case“.

Inizialmente Oca stava per Osservatorio Casa Affordable. Ma, ci dice Maggioni “abbiamo voluto fare un’analisi per definire cosa negli annunci era presentato come affordable, sostenibile. Spesso era presentato come a buon mercato, per una casa, un prezzo di 4.500 euro al metro quadro”. Da qui la risposta volta a “fare una correlazione tra costi medi degli alloggi”, sia per affitti che per acquisti, e “redditi da lavoro. Perché non dobbiamo scordarci che Milano è una città fondata sul lavoro di centinaia di migliaia di persone attive e dinamiche“, la garanzia per la cui continuità passa anche “dall’offerta di condizioni dignitose di accesso per tutti”.

Il quadro “allarmante” di Milano

A Milano c’è un quadro “allarmante” sul tema dell’abitare, sottolinea il dirigente di Confcooperative Habitat. “Non me la sento di gettare la croce addosso a qualcuno, ma poniamo una domanda aperta a istituzioni e settore privato, passando anche per noi stessi”, aggiunge. Il quesito è chiaro: “sappiamo rispondere a quella fascia di persone che fanno di Milano una città dinamica, in cui si costituisce l’ossatura di un sistema d’eccellenza italiano in settori come la sanità, l’istruzione, i trasporti, la finanza, l’innovazione?”.

Da questo punto di vista, ci dice Maggioni, “penso che collocando Milano nel reticolo delle città globali dell’Occidente questo è un punto di analisi esiziale. Politica e mondo imprenditoriale devono confrontarsi e prendere posizione sul tema: Milano vuole inserirsi nel filone nelle città occidentali polarizzate, con le boutique di extralusso a fianco dei poveri nelle tende? Oppure vuole cercare una prospettiva differente che guardi alla sua storia come modello, capace di far coesistere virtuosamente ricca borghesia e ceti popolari assieme? Esempi come la Società Umanitaria, il Politecnico e il Policlinico dettano la linea: sono realtà riconosciute a livello cittadino nate dal concerto tra istituzioni e mondo privato illuminato”.

Tra rendita e costruzioni

Si possono fare dei correttivi contro il rischio di un assalto alla città finalizzato al profitto? Per Maggioni sì, “altrimenti a pagare saranno poveri e ceto medio. Lo conferma la lettura di un saggio dedicato proprio al tema della gentrificazione negli Usa, Sfrattati di Matthew Desmond. L’iper-finanziarizzazione della rendita finanziaria non può dare risposte di carattere sociale. Serve riscoprire, a fianco degli obiettivi di profitto, una sana dimensione mutualistica sul tema dell’abitare”.

E serve affrontare anche la spirale crescente dei costi di costruzione: “Se un anno e mezzo fa si costruiva e appaltava a 1.500-1.700 euro al metro quadro oggi siamo a 2000-2.150” come soglia minima. E in quest’ottica, nel mercato “c’è chi capitalizza un rischio scaricandolo su un terzo o che sta speculando. La leva urbanistica può orientare il mercato fino a un certo punto. Serve ragionare sull’intera filiera della produzione, a Milano chi lavora può permettersi 15-20 metri quadri di alloggio e questo è un problema”.

Le tensioni sul mercato

Per il dirigente di Confcooperative, del resto, il mercato sta già iniziando a scontare questo problema: a Milano “la produzione di alloggi a 3mila-3.500 al metro quadro in aree non centralissime va a gonfie vele? La risposta che mi do è no: innanzitutto per il problema della stagnazione redditi, a cui si aggiungono tassi di prefinanziamento che per impresa o singolo sono tra il 6,85% e l’8% per chi non ha contanti per l’anticipo, a cui aggiungere mutui pari o superiori al 4%”.

La gente a Milano “o vuole cambiare casa per necessità o sta avendo atteggiamento più riflessivo. E questo produrrà un effetto di flessione”. E a cascata si rischia di bloccare un altro flusso decisivo, quello dei fuorisede universitari. Maggioni ricorda che “anche le iscrizioni all’università, Politecnico a parte, danno un segnale di flessione. Ci dobbiamo riflettere Milano è ancora una città ambita per gli under 35? Sì, ma le condizioni di vita spesso sono respingenti” sul medio lungo periodo. Un problema per chi, come Milano, “ha sempre accolto il forestiero, dal provinciale allo straniero. Oggi questo non è più così scontato” e i dati de Il Sole 24 Ore che parlano di un costo di 1.500 euro al mese per la vita di un fuorisede al Nord sono sicuramente sottodimensionati per Milano.

Milano e hinterland, le sfide dell’integrazione

L’altro tema caldissimo, per Maggioni, “è la relazione casa-lavoro per chi abita nell’area metropolitana allargata, meneghina e delle altre province. Il tema dell’esternalizzazione di una serie di funzioni non si è mai posto in una visione strategica. La politica deve iniziare a riflettere su cosa vuole fare con una visione da qui a dieci anni oltre la visione bancario-imprenditoriale che guida lo sviluppo strutturale”. In tal senso, il dibattito sui nuovi stadi di Milan e Inter dopo San Siro è stato per Maggioni “di una povertà illuminante: si vede come una sconfitta lo spostamento degli stadi a San Donato o Rozzano, opportunità che invece può offrire una possibilità di esaltare la multipolarità interna all’area metropolitana”. Sulla cui integrazione col centro metropolitano Milano deve insistere per essere centro risonante e attrattivo. Non torre d’avorio esclusiva come troppo spesso sembra esser diventata.