Home Economy L’autogol dell’Europa: così le auto cinesi invadono il mercato Ue

L’autogol dell’Europa: così le auto cinesi invadono il mercato Ue

dispositivo anti abbandono

La messa al bando in Europa dei veicoli con motore a diesel, benzina o Gpl a partire dal 2035 ha scatenato mille polemiche. In particolare, l’ultima decisione di Bruxelles ha acceso i riflettori sul rischio di una possibile invasione sul mercato europeo di auto elettriche prodotte in Cina. La situazione è in realtà più complessa, visto che l’arrivo in massa di veicoli made in China nel Vecchio Continente non è qualcosa di recente. Il voto del Parlamento europeo, semmai, accelererà una tendenza in atto già da diverso tempo ma, fin qui, sempre passata in sordina.

L’ombra delle auto cinesi sull’Europa

Il think tank tedesco Merics ha messo nero su bianco i numeri del commercio di auto elettriche cinesi in Europa. L’assunto base coincide con una clamorosa contraddizione esplicata dai numeri: non sono i costruttori cinesi ad alimentare le esportazioni di veicoli made in China verso l’Europa, quanto le Case automobilistiche europee e americane. Nel 2021 le esportazioni globali di veicoli elettrici (EV) dalla Cina hanno toccato quota 555.041 unità, il 40% delle quali (più di 222mila) assorbite dal Vecchio Continente.

L’Europa è diventata la destinazione principale per gli EV cinesi. I quali, nel frattempo, sono arrivati a rappresentare il 10% delle vendite totali di veicoli elettrici. Il report Merics sottolinea un aspetto fondamentale. Queste esportazioni non sono cresciute perché le auto cinesi sono migliori. Al contrario, l’incremento è dovuto al fatto che le Case europee e statunitensi si stanno convertendo alla produzione di veicoli elettrici in Cina anche per il mercato europeo. I costruttori occidentali, insomma, hanno concentrato i loro investimenti oltre la Muraglia in seguito all’allentamento delle stringenti regole che governano il mercato cinese. Alcuni esempi? La Dacia Spring di Renault e le Smart e Mini EV di Daimler BMW saranno sviluppate e prodotte in Cina per i mercati di tutto il mondo.

Esportazioni cinesi in aumento

Non è finita qui, perché le esportazioni di EV cinesi sono destinate ad aumentare ancora. Tutta colpa delle politiche industriali ed economiche della Cina. Possono essere individuate tre misure distorsive attuate da Pechino. Innanzitutto il governo cinese ha legato i sussidi alla produzione locale. E la produzione locale, ricordiamolo, era a sua volta condizionata al trasferimento delle principali tecnologie dei veicoli elettrici ai concorrenti cinesi.

La Cina ha inoltre escluso le società straniere di batterie dal suo mercato interno per aiutare le sue aziende nazionali. Dulcis in fundo, le autorità cinesi, centrali e locali, forniscono capitali a basso costo alle suddette aziende oppure la concessione di agevolazioni inerenti a tariffe energetiche, licenze e terreni. Mano a mano che le aziende cinesi annunciano piani di esportazione, Pechino elimina gradualmente i sussidi all’acquisto, una mossa che volta a rallentare il mercato interno e accelerare l’export. “L’Europa è un obiettivo particolarmente interessante a causa delle sue barriere commerciali attualmente basse, della rete di ricarica ben sviluppata e degli elevati sussidi all’acquisto di veicoli elettrici che possono essere utilizzati anche per le importazioni”, avverte il report Merics.

Le soluzioni

Quanto sta accadendo, e quanto accadrà nell’immediato futuro, arrecherà importanti danni all’economia dell’Europa. Le prime stime non sono affatto confortanti. Nell’Ue l’auto rappresenta il 10% delle esportazioni, circa il 7% del pil, il 10% dell’occupazione manifatturiera e un terzo del surplus commerciale. Il rischio più grande è che l’Ue possa trasformarsi in un importatore di auto elettriche cinesi e, al tempo stesso assistere alla riduzione della produzione di veicoli. Il motivo lo abbiamo spiegato: se le aziende occidentali continueranno ad utilizzare la Cina come hub produttivo, tutto si sposterà verso l’Oriente.

Quale risposta attuare? Gli analisti di Merics hanno raccomandato a Bruxelles di rispondere alla minaccia cinese. Come? Iniziando a prendere in considerazione strumenti commerciali difensivi, tra cui l’aumento dei dazi, fermi al 10% a fronte del 27,5% statunitense. Tutto questo, però, potrebbe innescare “significative turbolenze nelle già tese relazioni Ue-Cina”. I rischi, dunque, non mancano e sono pure pericolosi. Ma non fare niente potrebbe essere ancora più pericoloso.

LEGGI L’ANALISI MERICS SULL’IMPATTO DELLE AUTO ELETTRICHE CINESI SUL MERCATO UE