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La questione sicurezza ferroviaria in Europa e il ruolo dell’Italia

Riccione ragazze morte treno

Perché questo articolo dovrebbe interessarti? Dopo la sciagura in Grecia, emerge la necessità di uniformare i sistemi di sicurezza ferroviaria in Europa. L’Italia potrebbe essere chiamata in causa con il suo know how in materia. 

L’incidente ferroviario in Grecia ha rilanciato anche il tema relativo alla sicurezza nei trasporti. Il treno viene ritenuto un mezzo complessivamente molto sicuro, su cui peraltro l’Europa sta puntando molto per diversificare la mobilità e renderla meno dipendente dal vettore aereo. In tal senso, l’Italia si presenta in situazioni di gran lunga migliori rispetto al resto del Vecchio Continente.

“Qui quanto accaduto in Grecia non può accadere”, hanno fatto sapere fonti di Rfi a TrueNews. I sistemi di sicurezza lungo le linee italiane sono tra i più avanzati non solo in ambito europeo, ma anche a livello internazionale. Circostanza da non sottovalutare: l’incidente a nord di Atene probabilmente aprirà un intenso dibattuto interno all’Ue per uniformare gli standard di sicurezza, con l’Italia che può portare avanti il suo know how.

I sistemi di sicurezza italiani

Il disastro in terra ellenica non ha a che fare con la qualità dell’infrastruttura, su cui peraltro si è intervenuti negli ultimi anni. Il problema ha riguardato i sistemi di sicurezza. In Grecia, anche nelle linee più frequentate come quelle tra Atene e Salonicco, si ha ancora il sistema del cosiddetto “blocco telefonico”. Vale a dire che la sicurezza passa dallo scambio di informazioni telefoniche tra i vari dirigenti di movimento. Non a caso le autorità elleniche hanno arrestato nelle scorse ore il capostazione di Larissa. Sarebbe stato lui a dare l’indicazione sbagliata, orientando uno dei due treni verso un binario occupato già da un altro convoglio. Da qui lo scontro frontale all’origine della tragedia.

“In Italia una situazione del genere non può verificarsi – sottolineano sempre da Rfi – qui abbiamo diversi livelli di sicurezza”. Il primo livello di sicurezza è quello garantito dagli impianti che consentono di gestire la circolazione dei treni. “Si tratta – hanno aggiunto fonti della società ferroviaria – dei circuiti di binario e delle sezioni di blocco. Le prime consentono di vedere la presenza di un rotabile nei binari di stazione, le seconde sui binari di tratta. Se la sezione di blocco è occupata il segnale rimane rosso pur tentando di disporlo a verde”.

In poche parole, se c’è un treno che occupa una particolare sezione ferroviaria, allora il convoglio che sta per uscire dalla stazione non potrà proseguire il suo percorso. Viene così scongiurata in questa maniera la possibilità di uno scontro frontale.

C’è poi un altro livello di sicurezza e riguarda il sistema Smct. “Questo è un sistema che ha costituito la più grande rivoluzione nel mondo della ferrovia italiana – hanno dichiarato fonti Rfi – perché garantisce il rispetto dei segnali. Dove c’è un segnale di via impedita, il treno va in automatico a fermarsi e a non occupare un binario dove è accertata la presenza di altri convogli”.

L’Smct è installato in tutta la linea ferroviaria italiana. A livello europeo è attivo invece l’Etcs, ma solo nelle linee ad alta velocità. In quelle convenzionali, i sistemi di sicurezza non sono uniformati in ambito continentale. L’Smct italiano è quindi tutto un vanto di casa nostra.

Il travagliato percorso italiano verso la sicurezza

Ma la storia ferroviaria italiana è stata costellata di numerosi incidenti, spesso simili a quello accaduto in Grecia martedì. Ogni evento funesto ha però contribuito a migliorare gli standard di sicurezza delle nostra linea. Ad esempio, il sistema Smct è stato sviluppato dopo la strage di Crevalcore del 7 gennaio 2005. In quell’occasione, nonostante il funzionamento delle sezioni di blocco, la nebbia e un errore umano hanno provocato uno scontro tra due convogli in cui sono morte 17 persone.

Da allora, si è quindi pensato a un sistema in grado di bloccare i treni automaticamente in caso di pericolo o di occupazione della sezione di binario interessata. Più di recente, nel luglio 2016 uno scontro tra due convogli in Puglia ha provocato la morte di 23 passeggeri. La linea non era provvista dei sistemi di sicurezza obbligatori nel resto d’Italia, la sua gestione era affidata alla società Ferrovie del sud est. “Dopo quell’evento – spiegano ancora da Rfi – la società è entrata nel gruppo Fs e nel giro di alcuni mesi la linea teatro della tragedia è stata dotata di tutti gli impianti di sicurezza”.

La situazione nel resto d’Europa

Un altro grave incidente ferroviario che ha avviato non pochi dibattiti sulla sicurezza, è stato quello del luglio 2013 in Spagna. In quell’occasione, il deragliamento di un treno a Santiago De Compostela ha ucciso 77 passeggeri. Anche quello un incidente che in Italia non si sarebbe verificato. Alla base della sciagura è stata l’elevata velocità del convoglio e l’assenza di sistemi automatici in grado di rallentare automaticamente la marcia del convoglio.

All’epoca però il dibattito sulle ferrovie in Europa non era così sentito come adesso. La strage in Grecia, al contrario, è arrivata in una fase in cui le istituzioni comunitarie sono impegnate nel lancio di numerose tratte continentali per migliorare la mobilità e renderla più sostenibile. È possibile quindi una più ampia discussione sull’uniformità dei sistemi europei di sicurezza, con l’Italia in prima fila per fornire la sua tecnologia.

Roma, oltre ai suoi sistemi e alla sua esperienza maturata nel corso degli anni, potrebbe avere dalla sua parte anche un gruppo ferroviario già presente in Europa come vettore. Trenitalia infatti gestisce diverse tratte in Gran Bretagna, nella stessa Spagna, in Germania ed è inoltre l’unico vettore internazionale ad operare in Francia da quando il Frecciarossa 1000 ha messo in comunicazione Milano con Parigi.

L’azienda è anche azionista di maggioranza proprio del vettore ferroviario ellenico, TrainOse, e ha come obiettivo il rilancio dell’offerta commerciale tra Atene e Salonicco. La ferrovia quindi potrebbe rappresentare un importante elemento ricollegabile al soft power italiano in Europa.