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Il dietrofront di Biden sulla global minimum tax: “Non quest’anno”

Il dietrofront di Biden sulla global minimum tax: "Non quest'anno"

Perché leggere questo articolo? Non è ancora tempo per il trattato che punta a tassare con un imposta globale le 100 società più ricche del mondo. “Gli Usa non sono pronti a firmare entro l’anno la global tax” ha annunciato la segretaria al Tesoro Yellen. 

Gli Stati Uniti non saranno pronti entro quest’anno ad aggiungere la propria firma al trattato“. Dal Lussemburgo arriva una doccia gelate per chi sognava una tassa mondiale del 15% alle 100 aziende più ricche. La segretaria al Tesoro americana, Janet Yellen, ha fatto scendere il gelo sulla riunione dei paesi Ocse. Complici le imminenti Presidenziali, la global minium tax resterà un sogno anche per tutto l’anno prossimo.

Global minimum tax a data da destinarsi

Gli Stati Uniti non sono pronti per firmare – almeno non quest’anno – alla global minimum tax. Svanisce così il Primo Pilastro, quello che prevedeva una tassazione globale del 15% alle prime 100 aziende per fatturato. L’idea originaria era di tassare i proventi in base a dove le aziende realizzano il guadagno, non dove sono contabilizzati. Un attacco ai paradisi fiscali e al dumping delle multinazionali, che però non sembra trovare sbocca a breve.

“Anche se parte del trattato è stata concordata, ci sono alcune questioni importanti per gli Stati Uniti e per altri paesi che rimangono irrisolte. Devono essere risolte prima che il trattato possa essere firmato, questi risvolti saranno presi in considerazione il prossimo anno“, ha detto Yellen ai giornalisti in Lussemburgo, dove ha incontrato i ministri delle finanze dell’UE.

Il dietrofront di Biden

I commenti di Yellen sono un duro colpo per l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che stava mediando l’accordo fiscale globale. L’idea di un trattato per la global minimum tax aveva preso piede in piena pandemia. Biden in persona si era impegnato nel 2021 ad avanzare la proposta della tassa globale del 15%, che aveva trovato una prima approvazione da oltre 130 paesi (Cina e India compresa).

“Gli Stati Uniti condurranno una consultazione sul trattato multilaterale con tutte le parti interessate tra due mesi”, ha affermato Yellen. Ha aggiunto che “è di fondamentale importanza che un trattato di questo livello di importanza e complessità venga mostrato al pubblico americano. E che il Congresso e la comunità imprenditoriale ascoltino quali sono le loro reazioni e si assicurino di avere il sostegno pubblico”. A un anno dalla contesa per la Casa Bianca però, Joe Biden sembra essere tornato su più miti consigli. Nella sfida contro Trump il supporto dei colossi tech (Meta, Amazon & Co.) potrebbe giocare un ruolo decisivo. Meglio non inimicarseli.

Dagli Usa possibile domino che travolge la global minimum tax

Per entrare in vigore, il trattato sulla global minium tax deve essere ratificato da almeno 30 paesi che costituiscono il 60% delle aziende globali da tassare. Il peso degli Usa era quindi cruciale, ospitando giganti tecnologici della Silicon Valley. Ma il mancato rispetto della scadenza di fine anno potrebbe far rivedere ai governi di tutto il mondo la possibilità di introdurre tasse digitali nazionali contro le aziende tecnologiche, innescando ritorsioni da Washington e scatenando tensioni commerciali. Due anni fa l’OCSE ha mediato la riforma innovativa, che è stata approvata da oltre 138 paesi. Il pacchetto di riforme propone un’aliquota minima effettiva dell’imposta sulle società pari al 15%, che l’OCSE ha invitato i paesi ad attuare a partire dal 2024. I paesi dell’UE dovrebbero approvare una serie di leggi nazionali entro la fine dell’anno.