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Dongfeng, se la Cina delocalizza le auto elettriche… in Italia

Se la Cina delocalizza la produzione di auto elettriche... in Italia

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La casa automobilistica cinese Dongfeng sarebbe in trattativa (embrionale) con il governo Meloni per aprire un sito di produzione in Italia. Il nodo Stellantis e la possibile mannaia dell’Ue sugli EV made in China.

Fumata bianca per Dongfeng. Punto interrogativo su Chery. Per chi non lo sapesse questi nomi si riferiscono a due grandi gruppi automobilistici cinesi che hanno messo nel mirino l‘Italia. Non solo come Paese in cui esportare i loro veicoli elettrici, ma anche come una delle prossime ipotetiche sedi europee dove produrre vetture da distribuire in tutto il continente.

I dubbi sulle auto elettriche cinesi

In mezzo a dubbi e indiscrezioni, una cosa è certa: la Cina intende entrare nel mercato Ue dell’automotive dalla porta principale. Pechino vuole creare sinergie con i brand locali, affondare le radici nel sistema e guidare una possibile rivoluzione commerciale.

Per riuscire in una simile impresa serviranno accordi e investimenti. Ed è proprio in quest’ottica che, dopo mesi di anonimato, l’opzione italiana è balzata in cima all’agenda dei colossi del Dragone. Il governo Meloni ha veramente intenzione di accogliere gli emissari del gigante asiatico? Roma può davvero giocare un ruolo rilevante all’interno del grande gioco degli Ev?

Il caso Dongfeng e il nodo Stellantis

Il dossier più scottante riguarda Dongfeng. Bloomberg ha scritto che il gruppo cinese – interamente controllato dal governo cinese – sarebbe in trattativa (embrionale) con il governo Meloni per produrre automobili in Italia così da incrementare il proprio business internazionale.

Nello specifico, Qian Xie, che dirige le operazioni in Europa del gruppo, ha spiegato che l’azienda starebbe valutando uno stabilimento in Italia. Uno stabilimento – non è stato specificato nient’altro – che avrebbe la capacità di produrre oltre 100mila veicoli all’anno.

“L’Italia è uno dei mercati automobilistici più grandi d’Europa e per una casa automobilistica cinese avere una produzione locale significa poter rifornire tutti gli altri Paesi dell’area”, ha spiegato Xie.

Da quanto emerso, i colloqui con Roma sarebbero dunque in corso. Da qui alle prossime settimane, il governo italiano dovrebbe offrire a Dongfeng alcune opzioni per i siti di produzione.

Una possibile fumata bianca potrebbe tuttavia compromettere i rapporti tra l’Italia e Stellantis. L’amministratore delegato del gruppo, Carlos Tavares, aveva recentemente avvertito che la multinazionale avrebbe preso “decisioni impopolari” nel caso in cui un produttore cinese di veicoli elettrici avesse aperto un sito produttivo nel Belpaese.

L’Italia nel grande gioco europeo delle auto elettriche cinesi

Qualora l’accordo tra Dongfeng e il governo Meloni dovesse concretizzarsi, il costruttore cinese sarebbe il primo attore del Dragone ad avviare le sue linee produttive in Italia. Dal canto suo, Dongfeng fa parte della galassia Dongfeng Motor Corporation, che ha in essere vari accordi in joint venture in giro per il mondo. I più importanti chiamano in causa Nissan e Honda ma anche la citata Stellantis (per la produzione oltre la Muraglia di auto Peugeot e Citroen).

In precedenza almeno altre due case automobilistiche cinesi avevano adocchiato l’Italia. BYD ha alla fine scelto l‘Ungheria mentre Chery ha dirottato in Spagna. Qui, infatti, quest’ultima ha acquistato un’ex fabbrica Nissan, che utilizzerà per produrre auto in Europa entro la fine dell’estate. L’obiettivo? Sfornate 150mila veicoli all’anno da qui al 2029. In ogni caso i riflettori sono puntati su Bruxelles. Prima dell’estate, infatti, l’Unione europea dovrebbe concludere l’indagine anti sovvenzioni avviata per fare chiarezza sulla presenza di possibili sussidi sulle auto elettriche made in China.

In caso di irregolarità, il “grande gioco” potrebbe subire non pochi scossoni. Nel frattempo il think tank londinese Jata ha fatto notare come il 78% degli EV cinesi disponibili in Europa costi meno di 40.000 euro. Un terzo può addirittura vantare un prezzo che si aggira intorno ai 20.000 euro.