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Abbiamo preso un granchio (blu) a Milano

Ecco perché il granchio blu va a ruba a Milano (e non solo in Chinatown)

Perché leggere questo articolo? Ho preso un granchio blu. Un giro per ristoranti e pescherie di Chinatown a Milano per provare a capire il successo del “killer dei mari” in cucina. 

È buono, poi costa poco”. La sintesi perfetta la fa un signore cinese in là con gli anni, mentre lo mangia nella zuppa calda. Così lo spauracchio dei quattro mari italiani diventa il piatto forte della cucina cinese. Il granchio blu è ufficialmente entrato nei menu di tutta Chinatown a Milano. Ecco come mai.

Ho preso un granchio (blu)

Per prima cosa bisogna buttare un occhio, e magari provarlo. Ho, letteralmente, preso un granchio blu. Sono andato nel mio ristorante cinese di fiducia, uno dei più grandi e rinomati nella via orientale per antonomasia di Milano: Paolo Sarpi. Non è la classica bettola da C’era una volta in America (avete presente la scena in cui Robert De Niro si rifugia dagli affanni in una squallida fumeria d’oppio cinese?). Ecco questo è un ristorante piuttosto di livello (fermo restando la mia scala di disponibilità che non va oltre i 30-35 euro). Anche qui servono il granchio blu. Lo si può mangiare in insalata, dentro i ravioli o come portata principale.

Non starò qui a fare il critico culinario da strapazzo. Dopo aver letto i pareri più disparati – oscillanti tra “è un astice che non ce l’ha fatta” e “una pericolosa prelibatezza” – ho capito che il mondo gourmet non mi compete. Dal momento che reputo l’aspetto più importante di un menu la cosiddetta “lettura araba” (quella che parte dal prezzo a destra, per poi spostarsi a sinistra sulla pietanza), ho provato un pochino a indagare il vero motivo del successo del granchio blu: il prezzo.

Un giro in cucina

La mia indagine è iniziata dalla cucina del ristorante. Un’esperienza, questa sì, da Spaghetti Western. Conosco il proprietario del ristorante da anni, e mi ha scortato nel suo personale inferno di fornelli, pentole e bestemmie in asiatico. “Non è tipico della nostra cucina, ma sta avendo un grande successo. Il granchio blu sarebbe originario della costa atlantica degli Stati Uniti, ma da anni è arrivato in Asia”.

Marco – un antropologo un giorno spiegherà perchè la prima cosa che fanno i cinesi appena arrivano in Italia è darsi un nome italiano, possibilmente di uno dei 4 evangelisti – racconta come i cuochi del suo ristorante sono contenti del prodotto. “Si cucina molto facilmente, è solo un pochino difficile il taglio iniziale. Ma poi è un bel piatto, e rispetto agli altri granchi costa molto meno“.

Quanto costa il granchio blu

Proprio quello che volevo sentirmi dire. Il proprietario mi conferma che, in media, il granchio blu costa la metà delle altre tipologie di crostaceo. “Adesso i prezzi si stanno un pochino alzando, ma continua a essere conveniente. Quasi tutti i ristoranti di zona lo servono”. In effetti, basta un giretto lungo il quartiere per farci caso. Non c’è supermercato, vetrina o alimentati – rigorosamente con le scritte in cinese, solo in rari casi affiancate a una più piccola indicazione in italiano – che non metta in bella mostra il granchio blu.

Mediamente il costo non supera gli 8 euro al chilo. Almeno 5 euro in meno della granseola, forse la tipologia di granchio più comunemente servita nei nostri ristoranti. Dal momento in cui la politica nostrana, per tenere a bada l’invasione, ha trovato come unica soluzione – oltre allo stanziamento di quasi tre milioni di euro – il mangiarlo, il prezzo al chilo del granchio blu è quasi raddoppiato in meno di un mese.

Il granchio blu spopola in pescheria

Il prezzo del crostaceo conosce però enormi variazioni, soprattutto in base alla zona geografica. Così, ho deciso di andare alla fonte: direttamente dai fornitori. Mi sono fatto un bel giretto per le pescherie e i mercati comunali della città. Il granchio blu è ormai una garanzia, un piatto forte per molti ristoranti, al punto che passate le 8:30 / 9 difficilmente si trova ancora sui banconi del Mercato Ittico in zona Calvairate. “Va a ruba” dice un garzone, coi guanti, il cappellino in testa e il suo forte accento del Sud. “Ce li portano principalmente da giù, soprattutto dalla Puglia. Ma ultimamente sta andando forte anche il carico da Chioggia, vicino Venezia”. Fino a poco tempo fa un chilo costava 3 massimo 4 euro. Per trovarne ancora qualcuno, sono andato al mercato comunale di via Wagner, dove si trova a 5-6 euro al chilo. La metà, se non un terzo in meno dei suoi competitor con le chele.