Home L'editoriale di Fabio Massa - Cruditè I vaccini? Non ci saranno in farmacia (in Lombardia, ma non solo…)

I vaccini? Non ci saranno in farmacia (in Lombardia, ma non solo…)

I vaccini? Non ci  saranno in farmacia (in Lombardia, ma non solo…)

Tutti pazzi per il vaccino. Che, come ogni oggetto del desiderio che si rispetti, per tutti non c’è. In Piemonte? Ha vinto Sanofi-Pasteur. Che garantisce per i sei mesi della stagione una fornitura massima di 1 milione e 118mila dosi del Vaxigrip Tetra, il vaccino antinfluenzale tetravalente, di cui 18mila da distribuire ai vicini dell’Azienda Usl Valle d’Aosta. Prezzo? 5,65 euro per ogni siringa da 0,5 ml pre-riempita. La gara se l’è aggiudicata il 30 giugno 2020. Emilia-Romagna? La fornitura di 700mila dosi del Vaccino antinfluenzale split quadrivalente (da 6 mesi a 74 anni) va a GlaxoSmithKline. Cifra per il lotto? 5,77 euro a dose. Un centesimo in meno dei concorrenti sempre di Sanofi. La procedura si è chiusa a metà luglio.
  Quando consegneranno le due multinazionali del Pharma la pregiata “merce” che fa discutere politica e opinione pubblica? “Entro il termine massimo di 5 giorni lavorativi dalla data di ricezione dell’ordinativo stesso – si legge testuale sul sito della Scr Piemonte Spa, la centrale acquisti della Regione –.Il primo Ordinativo emesso per la Regione Piemonte potrà contenere un numero di dosi massime pari a 500.000”. Già. Perché la convenzione siglata con Sanofi parla di garantire oltre un milione di dosi. Ma non è detto che vengano ordinate, e quindi, acquistate. C’è un problema: per produrre un vaccino non bastano cinque giorni. Ogni anno a febbraio (per l’emisfero boreale) l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica i ceppi del virus, ovvero quella che gli addetti ai lavori definiscono la “ricetta” in base alle mutazioni dell’Rna. Da quel momento partono le produzioni. A marzo nei grandi contenitori; a maggio in fiala; a luglio nel packaging, che deve essere diverso per la distribuzione ospedaliera rispetto a quella “privata” nelle farmacie. A settembre, a seconda delle latitudini, partono le consegne. “Limpegno industriale dei volumi per Europa lo dobbiamo prendere entro la metà di marzo” dice a True Mario Merlo, General Manager per l’Italia di Sanofi Pasteur. “La produzione è molto rigida e lunga, sei mesi di cui il 60 per cento del tempo dedicato al controllo quantità. Più tardi si fanno le gare e più la flessibilità produttiva è decrescente”.

Covid o non Covid sembra esserci un problema di programmazione sanitaria. Se nei Paesi del nord Europa già si sta pensando al fabbisogno di vaccini antinfluenzali per il 2021-2022, perché tra 4 mesi e qualche settimana l’Oms pubblicherà le nuove indicazioni sul virus, in Italia con le gare si è andati lunghi quasi dappertutto. Fino all’esempio, lampante, della Lombardia. Che, come racconta il Corriere della Sera non ha potuto assegnare l’ultima di nove gare, indetta il 7 settembre per 1,5 milioni di vaccini, nonostante si partisse da una base d’asta doppia rispetto al solito. Nessuno si è presentato. Tranne un’azienda senza però le carte in regola. Del resto lo ha ribadito anche Walter Ricciardi, intervenuto a “Radio anch’io” su Radio Uno. I vaccini antinfluenzali “non bastano” ha detto il consulente del Ministro della Salute Speranza. “Purtroppo c’è stato un tardivo approvvigionamento da parte delle Regioni. E addirittura, in certi casi un ordine non solo tardivo, ma del tutto insufficiente”.
 

Assessori alla sanità e Presidenti di Regione fanno a gara a rassicurare sui tempi. “In Umbria al momento non si riscontra nessun problema per le vaccinazioni antinfluenzali destinate alle categorie a rischio” dice l’assesore alla Salute Luca Coletto, forte di una regione che nei dati della sorveglianza è messa meglio di altre e non da oggi: copertura vaccinale al 64,3 per cento nel 2019 sulla popolazione anziana (media nazionale al 54 per cento) e al 19,8 per cento sulla popolazione generale. “Raddoppieremo” ha detto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, in merito ai vaccini che vanno alle farmacie. “Il Lazio è la prima regione italiana per approvvigionamento” dice il reggente della Sanità laziale, Alessio D’Amato.

Rimangono dei problemi strutturali: il principale competitor di ogni sistema regionale, in questo momento, sono gli altri Paesi europei più che le altre altre regioni d’Italia. I primi hanno chiuso a marzo i propri fabbisogni e chiesto alle aziende che producono i vaccini di modificare in corsa soltanto un extra quantitativo, mentre lo standard era già garantito e aggiudicato. Poi certo il Covid crea “aspettative”. Ha aumentato la sensibilità sulla vaccinazione anti influenzale e non solo. Ha reso necessaria la diagnosi differenziale. Soprattutto ha obbligato il Ministero della Salute ad ampliare la platea di persone che saranno coperte dal sistema pubblico gratuitamente. Aumentando di 10 punti su scala nazionale la percentuale di copertura. Chi invece verrà tagliato fuori, annunci o meno della politica, è quel segmento di popolazione che pur essendo sano voleva vaccinarsi privatamente su consiglio o dopo un confronto con il proprio medico. Non sarà possibile. In Lombardia, come altrove.