di Ugo Poletti*
Il piano di pace di Trump è stato bollato dalla maggior parte dei commentatori come una palese accettazione delle richieste di Putin e, de facto, una resa dell’Ucraina. Sarebbe un piano scritto dal Cremlino, senza un processo di preparazione con l’Ucraina. Anche le dimissioni dell’inviato speciale di Trump per l’Ucraina Keith Kellogg, che aveva la reputazione di essere un difensore delle istanze degli ucraini, avvalorano questa tesi. Il nuovo piano europeo è più favorevole agli Ucraini, ma non piacerà a Putin.
Ma ci sono due elementi che non sono presenti nella maggior parte delle analisi: la tempistica di questa proposta e il potenziale danno di questo piano ai programmi di difesa europea.
Cosa il piano Trump-Putin impone agli ucraini
In estrema sintesi, secondo il piano l’Ucraina deve accettare il consolidamento dei suoi territori conquistati dalla Russia con le armi, tra cui circa il 70% delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, che non erano mai state parte del contenzioso tra Russia e Ucraina prima dell’invasione. Inoltre, deve dare in regalo dei territori aggiuntivi, cioè la parte rimanente del Donbas, dove abitano più di 250 mila ucraini. Questi civili ucraini saranno in balia dell’esercito russo che fece uccisioni di massa a Bucha, Gostomel ed Irpin, con violenze alle donne e sequestro di migliaia di bambini dati in adozione forzata a famiglie russe. Una scelta non facile per Zelensky, che teme le reazioni in patria.
Per quanto riguarda le garanzie di sicurezza, indispensabili per una pace duratura, c’è solo l’impegno formale degli Stati Uniti, che però non solo manderanno soldati sul campo, ma non gode del ancora del consenso del Congresso americano. Una promessa che stride con i frequenti messaggi della Casa Bianca che dichiara di volersi disimpegnare militarmente in Europa. Contemporaneamente, l’esercito ucraino dovrebbe dimezzarsi, senza essere più in grado di contrastare un’altra invasione. Sarebbe come essere minacciati costantemente dai ladri e lasciare la porta di casa aperta di notte.
La tempistica dell’ultimatum
Quello che però deve far riflettere è l’accelerazione di questo negoziato. Zelensky ha ricevuto la proposta senza essere stato coinvolto nella trattativa, con un ultimatum ad accettare entro 7 giorni. Inoltre, la richiesta è stata preceduta da uno scandalo che colpisce direttamente il suo gruppo di potere, fatto scoppiare dall’agenzia investigativa NABU, che è finanziata da fondi americani e collabora con le agenzie investigative USA. Una tempistica ben studiata per mettere il presidente ucraino all’angolo. Come mai questa pressione adesso e non prima? Non è un momento ideale per Trump, che è impegnato in due partite delicate: la tensione in Venezuela e il processo di pace a Gaza. Considerando che la maggior parte dei punti del piano ricalca le richieste di Putin al vertice in Alaska, possiamo sospettare che siano i Russi ad aver fretta. Che cosa li preoccupa?
Cosa fa paura ai russi (e agli americani)
La novità più eclatante della guerra in corso è la nuova capacità da parte degli Ucraini di colpire in profondità le raffinerie di petrolio russe, con nuovi missili e droni a lungo raggio, autonomamente prodotti. Questi attacchi hanno creato una crisi di carburante, per mezzi privati e militari, ma anche di forniture per il riscaldamento. Inoltre, gli attacchi ucraini hanno costretto più volte gli aeroporti di Mosca e San Pietroburgo a sospendere il traffico aereo. Siamo all’inizio dell’inverno e dover subire problemi di trasporto urbano, aereo, e di riscaldamento in città e regioni russe sarebbe un grave smacco politico per Putin e per l’immagine vittoriosa che la propaganda si sforza di divulgare. La fine della guerra in tempi brevi risparmierebbe ai Russi un problema serio. Non è un caso che nel punto 10 del piano si faccia menzione esplicita del divieto per l’Ucraina di usare il suoi missili.
Ma questa nuova capacità ucraina di colpire il suo nemico a distanza, rappresenta anche una novità epocale dal punto di vista dei piani di difesa europea, che è sprovvista non solo di droni, ma anche di quei missili a lungo raggio che preoccupano il Cremlino. L’Ucraina è diventata ormai un partner indispensabile per aziende e governi europei per ripensare la propria difesa alla luce dell’esperienza di questa guerra. A questo proposito c’è stato un evento importante che è passato in sordina.
Il change maker della guerra: Fire Point
Il 21 novembre a Kiev, si è tenuta una conferenza stampa di quattro ore dell’azienda ucraina Fire Point che produce i famosi missili rosa “flamingo”, con la partecipazione di circa 200 giornalisti da tutto il mondo, rappresentanti dell’esercito ucraino e osservatori militari stranieri. L’obiettivo era la presentazione dei droni FP-1 e FP-2, che molti esperti definiscono il principale game changer della guerra. Sono i protagonisti di centinaia di attacchi contro raffinerie e depositi di armi russi. Questi sistemi d’arma hanno una elevata efficienza, basso costo (tre volte inferiore a quelli di produzione americana), e codici aperti, cioè favoriscono l’uso autonomo dei paesi che li acquistano. Molti dei sistemi di difesa americani conservano codici di accesso del fornitore. Inoltre, Fire Point sta sviluppando un analogo del Patriot (il sistema antimissile americano), con il primo test previsto a breve, e prepara il lancio di satelliti destinati a supportare la sicurezza dell’Ucraina.
Alla conferenza partecipava in videoconferenza Mike Pompeo, che fu segretario di Stato USA durante il primo mandato di Trump. Mike Pompeo è investitore in Fire Point, che ha definito come l’azienda con il maggiore impatto geopolitico. La sua partecipazione è vista come un modo per introdurre Fire Point nel mercato negli Stati Uniti e rafforzare la fiducia verso l’Ucraina. L’ex Segretario di Stato ha oggi una posizione critica verso la politica accomodante di Trump verso la Russia, che espresse a giugno 2025 durante il Black Sea Security Forum a Odessa.
La minaccia per l’industria militare americana
Quindi le tecnologie di Fire Point offrono un’alternativa strategica alle armi americane, dando all’Europa maggiore indipendenza e riducendo il potere di ricatto delle superpotenze grazie ai metodi asimmetrici di guerra, come i droni. Proprio per questo, secondo l’analista ed ex funzionario di governo polacco Piotr Kulpa, gli Stati Uniti sarebbero interessati a eliminare le armi strategiche ucraine, come si evince dai punti proposti per i negoziati di pace, che rappresentano un pericolo per l’attuale dipendenza europea dall’industria militare americana.
Il direttore e fondatore di Fire Point Denis Shtilerman è un personaggio notevole. Astrofisico ucraino nato a Odessa, che ha studiato a e lavorato Mosca negli anni in cui l’Ucraina diveniva indipendente. Ritornò nella sua patria per ripudio dell’aggressione russa alla Georgia e partecipò attivamenti alle famose manifestazioni di piazza Maidan a Kiev.
Proprio questo simbolo del progresso tecnologico e della potenziale indipendenza strategica dell’Ucraina oggi è nel mirino, non solo di Putin che subisce gli attacchi ucraini, ma anche di Trump che vede una minaccia alla sua politica di vendere tecnologia militare americana agli europei.
*Ugo Poletti, imprenditore italiano di Milano, vive a Odessa, dove ha fondato un giornale online in inglese, The Odessa Journal, dedicato a storia, cultura e affari a Odessa, la capitale marittima e la città più europea dell’Ucraina.
