Home Facts Caporalato, tre manager di Tod’s indagati. La società contro il pm: “Preoccupante tempismo”

Caporalato, tre manager di Tod’s indagati. La società contro il pm: “Preoccupante tempismo”

Caporalato, tre manager di Tod’s indagati. La società contro il pm: “Preoccupante tempismo”

Una nuova bufera scuote il mondo della moda italiana: la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati tre manager del noto gruppo Tod’s, simbolo del made in Italy di lusso. L’accusa? Presunte condotte legate al caporalato e sfruttamento lavorativo nella filiera produttiva, soprattutto negli opifici gestiti da imprenditori cinesi tra Lombardia e Marche. Per la prima volta lo scontro tra inquirenti e azienda si fa frontale, con Tod’s che parla apertamente di «preoccupante tempismo» nelle mosse degli investigatori.

Il quadro delle indagini: dalla responsabilità omissiva a quella dolosa

L’inchiesta, condotta dal pm Paolo Storari, evolve verso un’accusa più netta e diretta. Inizialmente infatti si ipotizzava una semplice «condotta agevolatoria», ovvero mancati controlli della catena di subappalti. Ora però la procura contesta anche «condotte dolose» e chiede una misura interdittiva pesantissima: la sospensione di qualsiasi forma di pubblicità per il brand Tod’s per sei mesi. Una manovra dura, il cui scopo – si legge negli atti – sarebbe quello di prevenire «il grave pericolo di reiterazione» delle pratiche illecite nonché di evitare ulteriori danni d’immagine e reputazione per il marchio.

Le condizioni nei laboratori: paghe a 2,75 euro l’ora, turni estenuanti, alloggi degradanti

Il quadro emerso dai controlli del Nucleo Ispettorato Lavoro dei carabinieri svela una realtà choc: lavoratori cinesi impegnati «a ciclo continuo, h24», in particolare nelle ore notturne – e perfino a Natale – ricevendo stipendi irregolari fino a soli 2,75 euro l’ora. Le testimonianze raccolte superano quota cinquanta e narrano di operai pagati a cottimo («Se non lavoro non vengo retribuita, perché vengo pagata in base alle tomaie che realizzo», riferisce una lavoratrice), costretti a dormire in camere sopra i laboratori per un canone di circa 150 euro, con 12 stanze e appena due servizi igienici, spesso in condizioni igieniche disastrose.

Audit ignorati e “cecità intenzionale”

Le indagini rivelano che tra il 2023 e il 2024 vari audit commissionati da Tod’s a enti esterni avevano già denunciato irregolarità: eccessi di orario, retribuzioni inferiori alla metà dei minimi contrattuali, rischi di incendio per la presenza di «materiale infiammabile accatastato», dormitori degradanti. Tuttavia, secondo la Procura, «i manager non avrebbero tenuto minimamente conto dei risultati delle ispezioni» né dei segni di sfruttamento documentati. Si parla di «cecità intenzionale», ovvero della piena consapevolezza da parte dell’azienda che, pur informata, non avrebbe corretto le anomalie segnalate dagli ispettori. Un audit del maggio 2024 sottolineava esplicitamente il ricorso al lavoro a cottimo e l’uso di contratti con società come Evergreen, la cui capacità produttiva appariva «del tutto inadeguata» e i cui dati erano ritenuti dagli inquirenti «palesemente falsi».

La posizione di Tod’s: scontro aperto con la Procura e interrogativi giuridici

Lo scontro frontale tra pm Storari e Tod’s si consuma anche sul terreno della competenza territoriale. In una nota ufficiale, l’azienda prende atto del rigetto da parte della Cassazione delle istanze di Storari e sottolinea come il fascicolo sia passato da Milano ad Ancona, poiché i laboratori sotto la lente si trovano tra Lombardia e Marche. La società precisa di «stare ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con preoccupante tempismo, dal dottor Storari». Diego Della Valle, patron di Tod’s, aveva già reagito a caldo: «Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende».

Un caso senza precedenti nella moda italiana?

Le accuse di caporalato e sfruttamento si erano già abbattute su altri big della moda, da Armani a Valentino Bags. I precedenti si erano chiusi – almeno formalmente – con l’adozione di «percorsi virtuosi» e il risanamento di interi comparti produttivi. Il caso Tod’s si fa però emblematico: qui, oltre all’inchiesta penale, si discute della prima interdittiva pubblicitaria in un settore che si nutre quasi esclusivamente di immagine e narrazione. Al momento, Tod’s, il cui board accoglie figure del calibro di Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, viene accusata di non aver modificato la propria organizzazione, continuando a servirsi di fornitori coinvolti nelle indagini e traendo «enormi profitti grazie allo sfruttamento della manodopera cinese».

Considerazioni finali: una bomba pronta a esplodere?

Insomma, le accuse della Procura sono una bomba pronta a esplodere tra le mani di uno dei marchi storici del lusso italiano. Come si risolverà tutto questo? La cronaca giudiziaria sembra avanzare come una slavina e il tempismo delle autorità inquirenti, giudicato “preoccupante” da Tod’s, alimenta quella guerra di informazioni tra pubblico e privato che da mesi agita il settore. Uno scenario che, metaforicamente parlando, sembra difficile da interrompere senza rimettere mano – con coraggio e trasparenza – all’intero sistema delle filiere produttive dell’alta moda italiana.