Il recente arresto in Libia del generale Osama Njeem Almasri, noto capo della cosiddetta “polizia giudiziaria”, rappresenta un episodio di notevole rilevanza sul fronte della politica estera e dei diritti umani. L’azione è stata eseguita su ordine della Procura generale di Tripoli, che ha accusato Almasri di torture e violenze contro i detenuti nel carcere di Mitiga, nella capitale. Secondo quanto diffuso dall’ufficio inquirente, “il sostituto procuratore generale ha completato la raccolta di informazioni relative alle violazioni dei diritti dei detenuti dell’istituto di correzione e riabilitazione di Tripoli, che hanno segnalato alla Procura generale di aver subito torture e trattamenti crudeli e umilianti”.
Il procedimento giudiziario e le accuse
Nella nota divulgata alla stampa, si legge che “l’investigatore ha quindi condotto un interrogatorio sulle circostanze relative alla violazione dei diritti di dieci detenuti e alla morte di un detenuto a seguito di tortura. In presenza di prove sufficienti per procedere con l’accusa, la procura ha rinviato a giudizio l’accusato, che è attualmente in custodia cautelare”. L’arresto di Almasri rientra così in una nuova politica di collaborazione del governo di Tripoli con la Corte penale internazionale, rafforzata anche dal riconoscimento – avvenuto a maggio – della giurisdizione dell’Aia da parte libica.
L’arresto in Italia e il ritorno in Libia
La vicenda di Almasri aveva già scatenato polemiche a gennaio, quando il generale era stato fermato in Italia su mandato della Corte penale internazionale con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità. Tuttavia, l’intervento delle autorità italiane si era rivelato controverso: nel giro di pochi giorni, Almasri era stato scarcerato e riportato in Libia su un volo dei servizi italiani, dopo che dal ministero della Giustizia, che non era giunta richiesta per la convalida dell’arresto né per l’applicazione di misure cautelari.
La bufera politica in Italia
La notizia del nuovo arresto di Almasri ha infiammato il dibattito politico italiano, generando dure critiche all’interno dell’opposizione, che chiede ora conto delle scelte compiute dal governo guidato da Giorgia Meloni. Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha definito la vicenda “un’umiliazione per il governo Meloni”, accusando l’esecutivo di aver “calpestato il diritto internazionale e la Corte penale internazionale. Alla fine Almasri, un torturatore con accuse anche per stupri su bambini, è stato arrestato in Libia. Invece la nostra premier e i nostri ministri lo hanno fatto rientrare a casa con voli di Stato, con la nostra bandiera, calpestando il diritto internazionale e la Corte penale internazionale, il cui Statuto a tutela dei diritti è stato firmato a Roma. Non è questa l’Italia”.
Non sono mancate altre prese di posizione dure: per Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, “per la procura in Libia il diritto internazionale non vale ‘solo fino a un certo punto’, come per il governo italiano. Questa è una figura vergognosa a livello internazionale per cui il governo deve chiedere scusa agli italiani”. Matteo Renzi, di Italia Viva, ha invece detto: “Il governo Meloni è il governo dell’ingiustizia” e ha parlato di “pagina vergognosa nella storia delle Istituzioni del nostro Paese”. Anche Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra) è intervenuto scrivendo: “Quello che Nordio, Piantedosi e Mantovano hanno impedito a gennaio, violando la legge, ora accade in Libia. Un po’ di vergogna da Palazzo Chigi, no eh?”. Riccardo Magi (+Europa) ha chiesto addirittura le dimissioni del ministro della Giustizia: “Cos’altro deve accadere se non l’arresto in Libia di Almasri… perché Nordio si dimetta?”.
Di fronte a queste accuse, le sollecitazioni a riferire in Parlamento si sono fatte sempre più pressanti: Cafiero de Raho, dei 5 stelle, ha chiesto formalmente al governo di “riferire con urgenza”, richiesta che è stata subito fatta propria anche dagli altri gruppi di opposizione. Al variegato coro si sono aggiunti anche cittadini e associazioni per i diritti umani, che chiedono di conoscere tutti i dettagli della gestione del caso Almasri.
Nessuna posizione ufficiale del governo
Sul versante del governo, al momento non sono arrivate dichiarazioni ufficiali con una posizione unitaria. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, stando a quanto riferito ai cronisti, si sarebbe limitato a dire: “Non me ne sto occupando”. Intanto resta aperto il dibattito sulle responsabilità nella mancata consegna di Almasri alla giustizia internazionale, che aveva già portato all’apertura di un’indagine per favoreggiamento a carico dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e dell’Autorità delegata all’intelligence . Nonostante la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal Tribunale dei ministri, la Camera aveva negato l’autorizzazione a procedere, archiviando così il fascicolo. Stando a quanto rivelato da fonti governative, “sapevamo del mandato di cattura da gennaio”.
