Con l’approvazione definitiva della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, il tema della giustizia divide ancora una volta politica, magistratura e opinione pubblica. Il Parlamento ha detto sì a una serie di cambiamenti che, nelle intenzioni della maggioranza e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rappresentano “un’occasione storica per avere una giustizia più efficiente e più giusta”.
Le novità principali della riforma
Secondo Meloni, la riforma introduce “norme di buon senso”: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti per “rafforzare la terzietà del giudice” e assicurare “un processo più giusto”; un’Alta Corte disciplinare dedicata alle responsabilità dei magistrati; e infine l’introduzione del sorteggio dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, con l’obiettivo di “liberare la magistratura dalle correnti politicizzate e valorizzare il merito”.
Il referendum: parola ai cittadini
Dopo il voto parlamentare, toccherà ai cittadini esprimersi. Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, “la consultazione potrà tenersi tra marzo e aprile”. Meloni ribadisce che “deve essere una consultazione sulla giustizia”, non sulle sorti dell’esecutivo: “Non ci saranno in ogni caso conseguenze per il governo: noi arriveremo alla fine della legislatura e chiederemo agli italiani di essere giudicati per il complesso del lavoro che abbiamo fatto, anche perché voglio ricordare che i governi passano e invece le leggi, soprattutto quelle costituzionali, rimangono e incidono sulla vita dei cittadini”. “Chi pensa che nella giustizia va tutto bene voterà contro la riforma, quindi voterà ‘no‘. Chi pensa che invece possa migliorare, voterà a favore della riforma e quindi voterà ‘sì'”, spiega la premier.
Le reazioni delle opposizioni
Le opposizioni non nascondono la propria contrarietà: “No ai pieni poteri”, è stato lo slogan esibito nell’emiciclo di Palazzo Madama. Elly Schlein (Pd) sottolinea che “questa riforma serve ad avere le mani libere e porsi al di sopra della Costituzione”. Giuseppe Conte (M5S) insiste che l’obiettivo del governo sia “sottrarsi a qualsiasi controllo della magistratura”. E Angelo Bonelli con Nicola Fratoianni (Avs) parlano di tentativo di “minare e indebolire l’indipendenza e l’autonomia della magistratura per sottoporla al controllo politico del Governo”.
Tra i centristi, il voto è meno compatto: Carlo Calenda ha votato a favore, mentre Matteo Renzi (Iv) osserva che “la montagna ha partorito il topolino, una riformicchia. Oggi non si fa né la storia, né un golpe”. Per Riccardo Magi (Più Europa), invece, la riforma “non fun-zio-ne-rà, ma a questa destra serviva piantare una bandierina costituzionale senza porsi troppe domande”.
Si prepara la battaglia referendaria
La raccolta firme per la consultazione è già stata annunciata da Pd, M5S e Avs, con l’intento di “cancellare con il voto popolare questa controriforma”. Schlein promette: “Ci impegneremo per una grande campagna per il referendum, per spiegare che questa non è una riforma della giustizia”. La segretaria dem aggiunge che “la democrazia non è quella di Orban o Trump” e ribadisce la compattezza del Pd nel dire no al progetto di governo.
Sul fronte parlamentare, però, non manca qualche tensione tra le forze progressiste riguardo l’organizzazione della campagna.
Le posizioni della magistratura: tra no e sì
Il dibattito coinvolge profondamente anche la magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) boccia la riforma: “Questa riforma altera l’assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma la rende più esposta all’influenza dei poteri esterni”. Inoltre, secondo l’Anm, “una riforma che non aumenta il numero dei magistrati né colma le lacune dell’organico amministrativo, rischia invece di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e la nuova Alta Corte disciplinare”.
Al contrario, l’Unione delle Camere Penali (Ucpi) sostiene la riforma: “Necessaria per garantire una giustizia realmente imparziale e restituire piena indipendenza e autorevolezza alla magistratura”. Il presidente Ucpi Francesco Petrelli annuncia che “le Camere penali si mobiliteranno in tutto il Paese per sostenere con forza le ragioni del ‘Sì’, per una giustizia più giusta, per un processo più equo e per una magistratura finalmente libera dal correntismo, autonoma rispetto alla politica e autorevole davanti al cittadino”.
Invito al confronto e timori sulla politicizzazione
Il ministro della Giustizia Nordio invita a “non politicizzare il referendum”: “È bene che la magistratura esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono militare contro questa riforma, ma non si aggreghi a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la magistratura”. Nordio rimane però “apertissimo al confronto televisivo” con i rappresentanti dell’Anm, “ovviamente one to one per evitare che finisca in confusione”. Al tempo stesso, Nordio riconosce: “Vi sono sicuramente delle ragioni per essere perplessi su alcune scelte della legge costituzionale”, ma ribadisce che lo scontro “tra destra e sinistra” dovrebbe lasciare spazio a conclusioni più pragmatiche: “Nell’ambito delle leggi attuative che faremo, qualcosa forse si pò recuperare e spero che questo avvenga”.
Si è già costituito il Comitato ‘A difesa della Costituzione e per il no al referendum’ sostenuto dall’Anm, mentre le Camere Penali guideranno il fronte del ‘Sì’. Entrambi preparano mosse e argomenti per la campagna, nella speranza comune che i cittadini possano votare informati nel cruciale appuntamento referendario del prossimo anno.
La data precisa del referendum non è ancora fissata ma, secondo fonti di governo, la finestra temporale sarà tra marzo e aprile. Nel frattempo, lo scenario rimane caratterizzato da toni accessi e da una fondamentale polarizzazione, che coinvolge tutte le istituzioni, i partiti e, a breve, la società italiana nella sua totalità. E non si esclude che la consultazione popolare diventi anche uno spartiacque per la fiducia tra cittadini e istituzioni.
