A pochi giorni dal voto sulla revoca dell’immunità parlamentare, il confronto fra Ilaria Salis e il governo Orban tocca nuovi picchi di tensione. Sui social, il portavoce ungherese Zoltan Kovacs ha pubblicato le coordinate geografiche del carcere di Marianosztra – “47.8690 N 18.8699 E” – in risposta al messaggio della parlamentare di Avs. Il sottinteso è chiaro: l’Ungheria sarebbe pronta a riaccompagnarla in cella se il Parlamento europeo le togliesse la protezione. Kovacs non aveva mai abbassato il tiro, già in passato aveva diffuso l’immagine di Salis dietro le sbarre accompagnata dalla frase “Dovresti essere qui, non in tv”.
Le accuse e la procedura parlamentare
Ilaria Salis è accusata a Budapest di lesioni gravi contro tre neonazisti ungheresi e di aver fatto parte di “un’associazione estremista”. Dopo aver scontato 15 mesi in carcere e altri tre ai domiciliari, è stata liberata a giugno 2024 grazie all’elezione al Parlamento europeo, che le ha concesso l’immunità. Le accuse riguardano fatti precedenti al suo mandato e il governo ungherese chiede ora la revoca dell’immunità, incardinata nella commissione Juri. Il primo voto in commissione sarà il 23 settembre, ma la decisione finale spetta all’aula plenaria del 7 ottobre. Entrambi i voti avverranno a scrutinio segreto, lasciando spazio a sorprese perenarto.
Le dichiarazioni allarmate di Salis
La stessa Salis descrive la situazione come “una nuova fase cruciale della mia vicenda politica”. In un’intervista, ammette: “Sono giorni difficili, ho fiducia nei miei colleghi chiamati al voto sull’immunità, ma sì, sono preoccupata. Lo scenario che potrebbe aprirsi è terrificante”. Se il Parlamento concedesse la revoca, “ripartirebbe il mio processo a Budapest: un processo farsa, con una sentenza già scritta, svolto in assenza di garanzie democratiche. Un processo in cui è impossibile difendersi e nel quale rischierei fino a 24 anni di carcere, una pena spropositata rispetto ai fatti che mi vengono contestati”. Salis paventa pure l’ipotesi di estradizione in Ungheria: “Potrebbero prendermi a Strasburgo, subito dopo il voto, in Italia, a Bruxelles. Potrei essere estradata in Ungheria, riconsegnata a chi mi ha trascinato in tribunale al guinzaglio e in catene, a chi mi ha tenuto in carcere per più di quindici mesi”. La parlamentare teme che la nuova detenzione potrebbe essere ancora peggiore, a causa delle opinioni da lei espresse verso il regime ungherese.
I gruppi politici e il voto decisivo
In Commissione Juri pare probabile un orientamento verso la revoca dell’immunità, dato che la relazione portata dal relatore del PPE, Adrián Vázquez Lázara, conterrà questa raccomandazione. In plenaria, il voto si gioca sull’incertezza delle alleanze: Patrioti, conservatori e Lega paiono schierati per la revoca; socialisti, Verdi e Left contrari. Fondamentale sarà l’atteggiamento di liberali e popolari. Lo scrutinio segreto potrebbe cambiare gli equilibri, come nota Salis stessa: “In quell’aula si giocherà il mio destino. La partita è aperta. Spero vivamente che il Parlamento scelga di non piegarsi all’autoritarismo e ai nuovi nazionalismi aggressivi come quello di Orbán, e che sappia stare dalla parte della democrazia e dello Stato di diritto”.
Salis: “Immunità, un voto politico sulla democrazia in Europa”
Salis sottolinea che il suo non è un semplice caso individuale, ma “un voto politico sulla democrazia in Europa”. Alle accuse e alle pressioni della destra ungherese si aggiungono critiche alla designazione di Antifa come “organizzazione terroristica”, tema rilanciato da Kovacs sulla scia della decisione statunitense: “A seguito della decisione del presidente Usa Donald Trump, l’Ungheria designerà ufficialmente ‘Antifa’ come organizzazione terroristica”. Salis si descrive bersagllo di chi è allergico ai discorsi sulla giustizia e stigmatizza le campagne d’odio che colpirebbero lo Stato di diritto. Estrae un messaggio per i colleghi: “Auspico che non si lascino influenzare dalle pressioni dell’estrema destra che vuole distruggere il progetto europeo”.
Le prossime tappe e il clima di attesa
La tensione attorno al voto è altissima, con la Commissione Juri convocata a porte chiuse e una conferenza stampa fissata per il 24 settembre. “Sono due date decisive per la mia vita, io credo anche per la democrazia”, ribadisce Salis. Inn questo clima di incertezza, il futuro della parlamentare sembra appeso non solo a un verdetto, ma anche al futuro equilibrio dei valori democratici nell’Unione europea.