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Il profondo rosso del bilancio della Juve

Il profondo rosso del bilancio della Juve

Il profondo rosso del bilancio chiuso dalla Juventus lo scorso 30 giugno 2022 (-250 milioni la stima, anche se il consiglio d’amministrazione sarà chiamato a ratificarlo a fine settembre con qualche possibile lieve scostamento) fotografa alla perfezione il momento del club bianconero. Se la campagna acquisti dell’ultima estate appare incompleta e se l’esigenza di tornare vincere in fretta ha apparentemente modificato i piani, la spiegazione si trova in quei numeri. Il -250 del 2022 segue il -201 del 2021 e porta il totale del triennio del Covid oltre i 450 milioni di euro. La proprietà ha già messo mano con l’aumento di capitale da 400 milioni che ha tenuto dritta la barra nella tempesta, ma l’input trasferito a manager ed area sportiva è stato di invetrite in fretta la tendenza.

Da mesi si è colta la profondità del ruolo di Maurizio Arrivabene

Da mesi si è colta la profondità del ruolo di Maurizio Arrivabene, da meno di un anno amministratore delegato e autore di alcune delle scelte più difficili e discusse di questa fase. E’ sbarcato alla Continassa con la missione di raddrizzare i conti e la stima è che dal 2023 le cose miglioreranno, anche perché ad Allegri è stata consegnata una rosa che deve correre per vincere subito ma che nel complesso costa meno rispetto a quella di un anno fa. Il principio del taglio delle spese e degli investimenti ragionevoli, insomma, viene rispettato pur non negandosi alcuni colpi vecchio stile come il ritorno di Pogba o il leasing di Di Maria.

La Juventus non ha ancora ricominciato a funzionare come prima dal punto di vista societario

Il problema semmai è che la Juventus non ha ancora ricominciato a funzionare come prima dal punto di vista societario. La vicenda Pogba, ad esempio, segna un punto negativo nella gestione di un passaggio delicato e potenzialmente decisivo della stagione. La premessa è che nessuno poteva imporre al francese l’operazione al ginocchio già a luglio, negli Stati Uniti, come lo staff bianconero spingeva per fare. Detto questo, però, era apparso evidente da subito che gli interessi del club erano stati calpestati da un intreccio di paure, sensazione e convenienze del giocatore, con scarso rispetto per chi paga (profumatamente) lo stipendio ogni fine del mese. Arrivabene ha parlato di vicenda non ottimale e si è tenuto basso, anche perché andare alla rottura a settembre non avrebbe alcun senso; il boomerang anche a livello di immagine è stato però tanto evidente quanto doloroso.

Licenziato Marotta nel 2018, la Juventus non ha più trovato una guida salda per l’area tecnica

Licenziato Marotta nel 2018, la Juventus non ha più trovato una guida salda per l’area tecnica e quella figura ancora manca. Non che l’attuale amministratore delegato dell’Inter fosse da solo garanzia di successo, ma certamente il triennio successivo (Paratici-Nedved) è stato disastroso lasciando un’eredità pesante i cui riflessi si sentono ancora. La vera sfida fuori dal campo della Juventus rimane questa. Ed è quasi più importante di quella che Allegri sta affrontando in panchina, non senza qualche passaggio a vuoto. Non sfugge come sia passato in poche settimane dalla sfida lanciata per lo scudetto a un profilo basso poco gradito al popolo bianconero. Le prestazioni sono state in linea con le parole del tecnico col risultato di produrre più critiche che consensi. Un lusso che nessuno può permettersi e la spiegazione sta proprio in quel -250 milioni che è il punto di partenza di questa stagione e il punto finale, così si augurano Elkann e Agnelli, di un triennio drammatico non solo per la pandemia.