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L’Italia vuole l’Europeo 2032 ma senza stadi andrà alla Turchia

chi è andrea abodi

L’atto formale di presentazione del dossier di candidatura all’Europeo del 2032 avverrà il 12 aprile. E’ il giorno in cui la Figc svelerà le sue carte spedendo a Nyon i piani per farsi assegnare la manifestazione in programma tra nove anni, l’ultima chance – come ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò – per cercare di risolvere una volta per tutte il problema stadi.

Europeo 2032: da qui a settembre Figc e Governo dovranno fare un enorme lavoro di convincimento

A settembre la Uefa si pronuncerà e da qui a quel giorno Figc e Governo dovranno fare un enorme lavoro di convincimento perché c’è poco da essere ottimisti. E’ vero, come ha spiegato il ministro dello Sport, Andrea Abodi, che il bando sembra scritto su misura per l’Italia, ma è altrettanto incontestabile che la Turchia è avanti anni luce rispetto a noi sulla questione impianti ed è un gap che rischia di penalizzarci.

Fortunatamente Nyon non deciderà solo in base agli stadi

Fortunatamente Nyon non deciderà solo in base agli stadi, altrimenti la candidatura italiana avrebbe grossi problemi ad essere accoglibile. Ci saranno tensioni politiche e alleanze da stringere in un contesto in cui la Figc deve muoversi con grande attenzione perché parallelamente sono aperti altri dossier delicati a partire dalla situazione della Juventus e dalla sua presenza tra i club ribelli che non hanno abiurato la Superlega. Il presidente Ceferin è inflessibile su questa, che considera la madre di tutte le battaglie per garantire sopravvivenza al sistema Uefa, e la Figc non può in nessun modo non sposare la posizione di Nyon se vuole mantenere il canale aperto.

La realtà dice che il lavoro da fare è enorme e la distanza tra il nostro calcio e il resto d’Europa ormai quasi incolmabile

La convinzione nei palazzi romani è che cinque mesi (prima del verdetto di assegnazione) e nove anni (quelli che dividono dalla manifestazione) siano un arco di tempo sufficiente anche per politica e burocrazia del Belpaese. La realtà dice che il lavoro da fare è enorme e la distanza tra il nostro calcio e il resto d’Europa ormai quasi incolmabile. L’ultimo studio presentato è spietato: età media degli impianti della Serie A di 64 anni contro i 38 della Bundesliga e i 35 della Premier League. Solo una sparuta minoranza (Juventus, Atalanta, Udinese e Sassuolo) di proprietà o con concessioni a lunghissimo termine per le società. Alcuni su cui non si interviene da decenni e la maggior parte con evidenti problemi di adeguamento con uno standard di fruizione dello spettacolo che non si avvicina nemmeno all’esperienza internazionale.

Europeo 2032, l’appello di Nyon: “Fate stadi nuovi o sarete tagliati fuori”

A parole sono tutti d’accordo, nei fatti ci si scontra con la solita rete di veti incrociati e questioni burocratiche. Tutti temi che a Nyon conoscono benissimo e infatti da anni (la Figc pensava inizialmente di correre per l’edizione 2028) l’avvertimento è sempre lo stesso: fate stadi nuovi o sarete tagliati fuori. Dal 2006 a oggi, però, sui 187 impianti realizzati nelle 55 federazioni della Uefa solo 5 sono nostri. Polonia e Turchia ne possono contare 29. Significa che solo l’1% degli investimenti mossi nel Vecchio Continente è stato generato sul nostro territorio.

La ricetta introdotta nei prossimi giorni sarà una cabina di regia

La ricetta introdotta nei prossimi giorni sarà una cabina di regia per provare a supportare i comuni ad applicare norme che già ci sono. La legge stadi esiste ormai da tempo e sulla carta appare adeguata, salvo poi scontrarsi con i veti che le società proponenti trovano sul proprio cammino. L’idea è di mettere al di sopra di tutti un organismo che si faccia carico di velocizzare il più possibile l’iter tra la presentazione della prima manifestazione di interesse e l’approvazione del bilancio, evitando i continui rimpalli di responsabilità che hanno azzerato l’ormai celebre stadio della Roma a Tor di Valle e stanno affossando le speranze di Milan e Inter sull’area di San Siro. Dove si sta consumando uno scontro aperto tra più fazioni, politiche e calcistiche. Uno spettacolo poco apprezzato in Europa. Quella di settembre è davvero l’ultima chiamata.