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Diecimila telefonate in un anno? Non è stalking

Diecimila telefonate in un anno? Non è stalking

di Klaus Rossi

Diecimila chiamate in un anno e mezzo, ma non è stalking. Era solo un padre preoccupato per la figlia. Il caso risolto con un’assoluzione dal giudice per le indagini preliminari Anna Magelli del Tribunale di Milano riguarda la denuncia presentata da una donna contro l’ex compagno con cui ha avuto una figlia. Una vicenda risolta nei giorni scorsi con l’assoluzione dell’imputato perché “il fatto non costituisce reato”: le toghe hanno infatti riconosciuto che il motivo delle innumerevoli chiamate era “la preoccupazione nei confronti della figlia – si legge nella sentenza – non rappresentandosi, quindi, in alcun modo la circostanza di recare offesa all’ex convivente”. Non era stalking dunque.

Le diecimila telefonate sono state effettuate secondo le indagini dei carabinieri nel periodo dal giugno 2017 al dicembre 2018, ma i problemi della coppia erano iniziati prima e con una situazione molto classica: “All’inizio del 2015 a causa delle continue intromissioni nel loro rapporto da parte della madre dell’imputato, sono sorte alcune incomprensioni con quest’ultimi sfociate in frequenti litigi – è scritto nella sentenza – malgrado si fossero rivolti a uno psicologo per risolvere tale conflittualità, già alla fine del 2015 lei comunicava al compagno di voler interrompere la loro relazione sentimentale, suscitando la contrarietà di quest’ultimo”.

Ecco dunque che nel 2017 si arriva alla separazione con l’uomo che nel frattempo si è trasferito dalla madre. È lì che iniziano le telefonate e le visite al di fuori degli orari di visita concordati. Troppe secondo la madre della bimba, una media di 18 al giorno tra giugno 2017 e dicembre 2018, tanto da convincerla a presentare la denuncia.

Denuncia che però finisce in nulla perché il fatto non costituisce reato perché il giudice ha stabilito che l’uomo era soprattutto in ansia per la figlia, preoccupazione giustificata anche dal fatto che l’ex compagna aveva falsificato la sua firma per ottenere il passaporto bilingue per la piccola. Inoltre la donna aveva lasciato un mazzo di chiavi di casa al suo ex e “dai messaggi intercorsi tra i due è risultato inoltre che vi fosse a larghi tratti un clima disteso e di collaborazione”. Tutto meno che uno stalker dunque, perché è “verosimile che l’imputato, padre della piccola, abbia posto in essere delle condotte sì in talune circostanze pedanti, ma evidentemente mosse dalla preoccupazione per la figlia che non è riuscita a vivere serenamente la separazione dei genitori” scrive il gip.

“Sono molto soddisfatta: la situazione familiare del mio assistito era all’evidenza complicata. Il fatto che sia stata riconosciuta come legittima la sua preoccupazione è stato importante per lui come padre – commenta l’avvocato Monica Bonessa, legale dell’uomo accusato –. L’assoluzione per la quale ci siamo sempre battuti, quindi, ha assunto maggior significato ove ha confermato che unica intenzione del mio assistito fosse tutelare la figlia e mai fosse stato recar danno alla ex compagna”.