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Sgarbi vs Sangiuliano, ovvero l’arte di litigare

Sgarbi vs Sangiuliano, ovvero l’arte di litigare

Perché leggere questo articolo? Il Sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi è accusato del furto di un quadro. Non contento si scaglia a mezzo stampa contro il suo diretto superiore, il Ministro Sangiuliano. La vicenda dell’anno sembra costruita ad arte, e ora finisce in Parlamento. 

Se il caso fosse scoppiato oggi, al 10 di gennaio ci troveremmo già di fronte alla storia dell’anno. Purtroppo, o per fortuna, la travagliata vicenda che ruota intorno a un quadro del Manetti – pittore caravaggesco di area senese, attivo a cavallo tra Cinque e Seicento – e il Sottosegretario di Stato al Ministero della cultura, Vittorio Sgarbi, è una lunga storia. Storia che in data odierna mette a segno un’escalation che potrebbe avere pesanti ripercussioni politiche. L’intervista odierna di Sgarbi sulla Stampa potrebbe segnare un punto di non ritorno col referente dell’arcinoto critico d’arte: il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

Il “miracolo” di Sgarbi

E’ una storia che ci porta indietro nel tempo e in diversi luoghi. Parte da Lucca, passa per Brescia, Saronno, Roma, Viterbo, Firenze e poi arriva a Torino. Andiamo con ordine. Il 15 dicembre sul Fatto Quotidiano è comparso un articolo intitolato ‘Miracolo di Sgarbi: in mostra la tela rubata e ritoccata‘. L’autore, Thomas Mackinson, si chiede come sia possibile che il sottosegretario di Stato ai Beni culturali italiano esponga un’opera d’arte che è ricercata in tutta Europa, ma sta in casa sua? La vicenda thriller è stata approfondita l’indomani anche da più puntate di Report. Il miracolo di Sgarbi altro non sarebbe che la riapparizione di un quadro. Tra le opere di punta esposte alla mostra “I pittori della Luce”, organizzata a Lucca nel 2021, c’era anche un “inedito” di Rutilio Manetti.

Peccato che “La cattura di San Pietro” sia un’opera ben nota all’Interpol, in quanto risulta rubata. Fino al 2013 giaceva nel castello di Buriasco, proprietà di Margherita Buzio. Negli anni, il sottosegretario Sgarbi avrebbe più volte fatto visita all’anziana, per poi inviare in ambasceria il fedelissimo Paolo Bocedi a proporre di comprarlo. Poche settimana dopo il rifiuto dell’anziana proprietaria, dei ladri si sono introdotti nel castello. La preziosa tela del Manetti è quindi miracolosamente ricomparsa, con un particolare aggiuntivo che scongiurerebbe il furto. A riproporre i sospetti ci ha però pensato il restauratore di Sgarbi: “Il quadro è quello, me lo portò un amico di Vittorio insieme a un trasportatore, arrotolato come un tappeto”.

La “Cattura di San Pietro” manda su tutte le furie Sangiuliano

Questo, per sommissimi capi, il riassunto delle precedente puntate. Andrebbe aggiunta tutta la parte dell’apologia di Sgarbi – novello Manzoni, che sostiene di aver rinvenuto casualmente il quadro in una villa di campagna acquistata nei pressi di Viterbo – e il rincaro dei sospetti a più piè sospinti dalle interviste di Fatto e Report a restauratori, critici e investigatori. Siamo sottosegretari, non caporali. Veniamo al nocciolo politico della questione.

L’affaire-Manetti è l’ennesima croce – nella vicissitudine di sottosegretario alla Cultura accusato di ricettazione di un’opera d’arte c’è anche un elemento di delizia, questo gli va concesso – sull’elefantiaco curriculum di Sgarbi, che vanta dieci (10) incarichi pubblici. Non è un mistero che il sottosegretario – già sindaco di Sutri, assessore alla Cultura di Viterbo, prosindaco di Urbino, commissario per le Arti di Codogno, presidente della Fondazione Ferrara arte, del Mart di Trento, del Mag di Riva del Garda e della Gypsotheca del Canova – da tempo non sia nella grazie del suo diretto superiore al dicastero: il ministro Sangiuliano.

Sgarbi-Sangiuliano, non ci siamo mai amati

Il diretto interessato non fa nulla per non attirare su di sé le ire del capo, come dimostra l’odierna intervista di Sgarbi su La Stampa. Il titolo dell’intervista a cura di Antonio Bravetti è eloquente. “La tela è mia, quella rubata è una copia. Sangiuliano è il primo ad avercela con me“. A onor del vero, però, è proprio Sgarbi a far calare l’asso di briscola. A domanda vaga sulle inchieste del Fatto e di Report, il Sottosegretario risponde: “Sono diventati il ricettacolo di tutti quelli che hanno qualcosa da dire contro di me. Il primo è Sangiuliano“. Sgarbi rincara la dose accusando il Ministro di aver fatto la soffiata all’Antitrust, per montare il caso.

Finita qui? Manco per sbaglio, il critico d’arte più famoso della tv italiana è un fiume in piena che punta a travolgere Sangiuliano con lo stesso fango. Sgarbi arriva ad accusare il Ministro di “fare le stesse cose: conferenze, presentazioni, qualcuna pagata”. Apriti cielo. La parziale rettifica di Sgarbi è pura formalità. Ben più rilevante è l’affondo finale. “Non credo che nessuno lo paghi. Per essere pagati occorre avere un credito“. Un sassolino che Sgarbi ha deciso di togliere dalla scarpa e lanciare contro il superiore. Un maltolto da restituire a Sangiuliano che a ottobre si era lanciato anch’egli in un’intervista surreale, sempre a firma Mackinson sul Fatto, sempre a tema Sgarbi e sempre in risposta alle domande sulle attività collaterali del suo sottoposto, il ministro si era sbottonato con un tonante: “Del resto, Sgarbi non l’ho voluto io. Cerco di tenerlo a distanza e di rimediare ai suoi guai”.

L’affaire-Sgarbi dai giornali al Parlamento

L’opera d’arte che scotta ha definitivamente surriscaldato il clima al Ministero della cultura. Al punto da approdare in Parlamento. L’aula della Camera discuterà di Vittorio Sgarbi e della vicenda che lo vede coinvolto sul presunto quadro rubato. Lo farà il prossimo 22 gennaio, come ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, calendarizzando una richiesta delle opposizioni. La storia dell’anno ora si fa caso politico. Un litigio ad arte che potrebbe avere ripercussioni sul Ministero.