Home Politics La Puglia non è la Stalingrado d’Italia, l’analisi della sconfitta di Emiliano

La Puglia non è la Stalingrado d’Italia, l’analisi della sconfitta di Emiliano

La Puglia non è la Stalingrado d’Italia, l’analisi della sconfitta di Emiliano

Perchè questo articolo potrebbe interessarti? Alla vigilia del voto, il campo del centrosinistra aveva riposto grandi speranze nei collegi del sud. Poco prima dell’apertura delle urne, il governatore Michele Emiliano aveva definito la Puglia “la Stalingrado d’Italia”. Le urne hanno però completamente smentito i proclami della vigila: il voto al Sud si è rivelato un disastro per il centrosinistra. 

Alla vigilia delle elezioni era stato lui a chiamare a raccolta il popolo pugliese. Tre milioni di persone attese alle urne alle quali il governatore Pd, Michele Emiliano, aveva augurato “buon voto”. All’indomani di una tornata elettorale destinata a entrare nella storia recente del Paese è, però, proprio lui il grande sconfitto. Non solo la Regione ha segnato il record di astensionismo – l’affluenza si è fermata al 56,56 per cento, contro il 69,08 del 2018 – ma il Partito democratico, che vanta fra i suoi vertici locali anche l’amatissimo sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro, non è riuscito neanche a conquistare il secondo gradino del podio.

L’analisi della sconfitta nel feudo di Emiliano

A sorridere è il Movimento cinque stelle, che diventa primo partito in Puglia con il 28,18 per cento delle preferenze, spinto dal leader Giuseppe Conte ma soprattutto dal reddito di cittadinanza che proprio al Sud ha permesso al movimento orfano di Luigi Di Maio di ottenere numeri decisamente superiori rispetto alle previsioni. Secondo partito è Fratelli d’Italia, che ottiene il 24,55 per cento.

Nel feudo di Emiliano a tracollare è proprio quel Pd del quale, nel recente passato, il presidente della Regione aveva cercato di scalare la segreteria nazionale. I Dem si fermano al 16,02 per cento. Complessivamente il centrodestra si impone con il 41,57 per cento dei voti al Senato e con il 41,67 per cento alla Camera, aggiudicandosi quattro seggi uninominali su cinque a Palazzo Madama e sei su dieci a Montecitorio.

Adesso è tempo di bilanci e mea culpa

L’ex magistrato, prima sindaco e poi governatore, dice che “è avvenuto ciò che avevamo ampiamente previsto: con una intesa a livello nazionale tra Pd e Movimento cinque Stelle avremmo giocato tutta un’altra partita. In Puglia, dove governiamo la Regione insieme, Pd e M5S alla Camera raggiungono il 50,45 per cento dei voti, superando il centrodestra unito – prosegue -. Non abbiamo ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento ma, come coalizione di governo della Puglia, manteniamo salda la maggioranza dei voti espressi dai cittadini”.

Emiliano incassa la sconfitta, ma fa notare anche che “il Pd pugliese, che alle precedenti elezioni politiche del 2018 alla Camera prese il 13,68 per cento, oggi cresce di 3,14 punti percentuali. Tra le città dove si registra una maggiore crescita, ci sono Lecce con il 21,71 per cento (2,5 più del dato nazionale, 4,94 per cento in più del dato 2018) e Bari città che raggiunge il 19,33 per cento”.

L’attacco di Decaro a Emiliano

Di segno completamente opposto le parole di Decaro, che via social prende le distanze dal governatore a da un’idea di politica che per lui ha perso. Senza mezzi termini. “Abbiamo perso. E guai se l’analisi del voto, a qualsiasi livello, non partisse da queste due parole – scrive su Facebook -. Saremmo di fronte all’ennesimo stratagemma retorico per provare a giustificarci falsificando la realtà. Ha vinto, invece, l’idea di Paese del centrodestra. E quindi, come è giusto che sia in una democrazia, tocca a loro, adesso, governare”.

Il sindaco di Bari fa notare come a livello locale il Pd sia vincente, governando il 70 per cento dei Comuni locali. Mentre a livello nazionale non vince le elezioni dal 2008.  “Ci ritroviamo deputati e senatori che non sanno nemmeno trovare sulla carta geografica i paesi nei quali vengono eletti. Solo perché fedelissimi ai leader di partito, o a qualche capo-corrente”.

Critica alle correnti

Ed è proprio sulle correnti di partito che Decaro punta il dito: “Basta con i capi corrente che fanno e disfano le liste a propria immagine e somiglianza. Basta con questo esercizio del potere per il potere. Basta con l’autoconservazione come unico scopo della politica. O saremo capaci, finalmente, di azzerare questi meccanismi perversi e di ritornare a parlare alle persone, oppure la sconfitta perpetua alle elezioni politiche sara’ il nostro ineluttabile destino”.