Home Politics Lucifero, Caronte e altre balle sul “clima impazzito”. Per scienza e meteo le parole sono importanti

Lucifero, Caronte e altre balle sul “clima impazzito”. Per scienza e meteo le parole sono importanti

Lucifero, Caronte e altre balle sul “clima impazzito”. Per scienza e meteo le parole sono importanti

Di chi è la colpa se la coda di aspiranti “vaccinandi” ad Oristano fuori dall’hub ha bisogno di essere inondata dai Vigili del Fuoco di acqua per resistere a 40 gradi sotto il sole in attesa di Pfizer o Moderna?

E di chi è quella dei roghi che devastano isole, Aspromonte, dal 12 agosto anche Massa Carrara? Chi è colpevole per i 48,8 gradi a Floridia, Sicilia?

Meteo impazzito? Tutta colpa di Lucifero

Ma certo. Tutta colpa di “Lucifero”, il rovente anticiclone africano che si è abbattuto sull’Italia. Qualche anno fa – nel 2013 ma anche nel 2017 – la colpa era invece di “Caronte“. Sempre l’anticiclone africano – lo stesso – che traghettava la penisola e le sue temperature verso l’inferno.

Thor, Attila, il missile polare e altre sciocchezze

Dall’inferno all’inverno il passo è breve. Ed ecco che nelle stagioni fredde arrivano “Thor”, oppure “Attila”, il missile polare che con una “sciabolata artica” fa gioire i negazionisti del cambiamento climatico e raffredda gli umori di Greta Thunber e soci.

Scienza, le parole sono importanti

Per dirla con Nanni Moretti: “Le parole sono importanti“. E le parole che avete letto – Lucifero, Carone, il missile polare -in scienza, meteorologia, climatologia, non significano nulla. Non hanno nulla a che vedere con la prassi anglo-americana di associare nomignoli ad alcuni eventi estremi come gli uragani. Si pensi a Sandy, Wilma, Katrina. In Usa questa tassonomica ha un senso ben preciso. Le lettere iniziali stanno per il momento dell’anno in cui si è verificato l’evento. “C” inverno-bassa primavera, “S” tardo autunno-inverno

Meteorologia, i nomi degli eventi estremi in Usa ed Europa

In Europa. C’è già chi è adibito a chiamare – più o meno affettuosamente – gli eventi meteorologici. Compito che spetta all’Istituto Tedesco di Meteorologia dell’Università di Berlino che è l’ente riconosciuto ufficialmente per farlo, con i teutonici che sono gelosi custodi dei “brevetti” dei nomi di uragani, anticicloni e quant’altro. Per tutta l’Europa il monopolio è loro anche se con un grado sempre più “federale” e condiviso con il resto della comunità scientifica.

Comunità scientifica a cui in Italia bruciano gli occhi ogni volta che aprono un giornale, un social, un tg alla televisione. La temperatura più alta mai registrata in Europa? Un “record” raccontato in voice over dal Tg1 che si aggira per il paesino siciliano a chiedere la brillante opinione degli abitanti. “Fa caldo” rispondono loro con il gusto per la tautologia auto esplicativa.

Tutti i guai delle meteorologia italiana

Boutade a parte, la meteorologia e la climatologia italiane, eccellenze in Europa per antica tradizione ma strutturalmente sotto finanziate e attraversate da una pluridecennale frattura fra mondo militare (Aeronautica) e civile (Protezione Civile, le Arpa, l’Ispra etc.) quando si affacciano alla divulgazione di fenomeni estremamente complessi, diventano il terreno di scorribanda di bufale, bufalari (e bufere). Nomignoli tratti dal gergo bellico solo per ricordarci che “siamo in guerra” (del resto chi pensate le sganci le “bombe” d’acqua?), altri che vengono pescati a caso dalla mitologia. Così “Icaro” può diventare il banco di nubi che “si avvicina troppo al sole”. “Pericle” invece la corrente oceanica che – per l’appunto – corre veloce in mare aperto trascinando con sé la nota tartaruga del mito. “Attila” il violento “missile polare” che arriva da nord per prendersi Roma come gli Unni.

Il report Ipcc

Un pugno negli occhi a chi fa scienza. E anche a chi non la fa, ma vorrebbe capire. Non fosse altro che per curiosità intellettuale. Capire perché secondo il Sesto Rapporto di Valutazione dell’Ipcc fatto trapelare in settimana (ma nel 2022 arriva la pubblicazione completa divisa in tre parti) si dice che nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di CO2 sono state le più elevate degli ultimi 2 milioni di anni. E quelle dei principali gas serra le più alte degli ultimi 800mila anni. Negli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità che non ha eguali negli ultimi 2.000 anni. L’aumento medio del livello del mare è cresciuto a una velocità mai vista negli ultimi 3000 anni. Questo almeno sostengono i 234 scienziati provenienti da 66 Paesi che hanno stilato il report.

Cambiamenti climatici, gli impatti sull’uomo

Sono numeri e considerazioni che impatteranno su ogni aspetto della vita umana: da come si coltiva a come si costruisce un’autostrada o un ponte. Quali mezzi si usano per viaggiare, come si costruiscono le case, che vestiti si indossano. Eccetera, eccetera.

Cambiamenti climatici, breve storia degli eventi estremi in Italia

Gli eventi estremi figli di queste dinamiche si stanno già verificando da anni anche nel bacino del Mediterraneo. Nel 2021 si pensa a caldo e incendi – che probabilmente trovano un contesto favorevole nei cambiamenti climatici ma dipendo come primaria causa da altro, come la gestione del parco boschivo italico – ma solo prendendo gli ultimi 10 anni l’Italia ha visto calare sul proprio territorio alcuni fatti inediti.

Il tornado di Taranto

È il 28 novembre 2012 quando un tornado colpisce lo Ionio e Taranto. È il multivortex EF3 con un diametro di 700 metri e una velocità periferica che raggiunge i 250 km/h, fra i più larghi e devastanti mai fotografati in Europa. Si abbatte sul porto e sull’Ilva – il più vasto stabilimento siderurgico del continente – e sulla costa. Il danno economico è stimato in 60 milioni di euro di cui 20 milioni solo nell’area del porto. Muore un uomo, un operaio dell’Ilva, il cui corpo viene ritrovato a 100 metri di distanza. Si evitano danni peggiori alle persone solo per una casualità: interi reparti dello stabilimento sono sotto sequestro per via dell’inchiesta giudiziaria-ambientale che coinvolge l’acciaieria. I pochi operai presenti raccontano di scene apocalittiche con le lamiere che trascinate dalle raffiche di vento si conficcano nei macchinari.

Tre anni dopo la paura arriva in laguna a Venezia: l’8 luglio 2015 un tornado colpisce la periferia del capoluogo veneto. Il bilancio è di un morto, 72 feriti e una villa del sedicesimo secolo distrutta. Eventi rari? In teoria sì. Nel bacino del Mediterraneo e in generale in Europa sono rari anche se alcuni indicatori lasciano presumere un aumento statistico in futuro. Un fattore può essere il riscaldamento delle acque superficiali del mare, che possono giocare un ruolo importante nel produrre flussi di calore e fornire energia al temporale da cui si generano i tornado. Nel Mediterraneo colpiscono vicino alla costa e, quindi, agli insediamenti umani. Per noi un bel problema.

Cambiamo latitudine. Dolomiti, 2018, fine ottobre. Il Trivneto viene letteralmente inondato dalla Tempesta Vaia.

La tempesta Vaia

“L’evento di maggior impatto agli ecosistemi forestali mai registrato fino ad oggi in Italia” lo definiscono qualche mese dopo 47 fra ricercatori, scienziati e tecnici forestali coordinati dall’Università di Firenze, parlando della depressione che sabato 27 ottobre 2018 si è sviluppata tra il Baltico e il Mediterraneo occidentale.

Il 15 febbraio pubblicano un articolo sulla Rivisita italiana di Selvicoltura ed Ecologia forestale per fare il punto e la stima dei danni alle foreste italiane creati dalla tempesta “Vaia” partendo dalle analisi di cosa è successo a terra: venti a 200 chilometri orari. Solo in Friuli sono caduti 900 mm (ovvero 900 litri per metro quadrato) di pioggia in 72 ore, più di quanta ne cada a Milano in un intero anno. La fotografia fatta dai 47 esperti parla di 494 comuni interessati con danni consistenti o la completa distruzione del bosco che hanno riguardato 42.525 ettari di superficie forestale e circa 8,5 milioni di metri cubi di legname caduto a terra. Le regioni più colpite in ordine di grandezza sono Trentino, Veneto, Lombardia, Alto Adige e Friuli. È stata la prima volta di un evento di questa intensità a sud delle Alpi. Non l’ultima. Chi studia il clima e i cambiamenti climatici è concorde: può ricapitare di avere venti a quelle velocità e piogge di quell’intensità. Le domande quindi ora diventano altre: che fare per ricostituire le foreste danneggiate? E il prezzo del legname – nel frattempo acquistato in massa dalla Cina – che regge intere economie locali? Quale tipo di pianificazione mettere in atto per ottenere boschi che, di fronte a eventi come “Vaia” in futuro, subiscano danni ambientali ed economici minori?

Queste sono le domande che girano. Difficile trovare una risposta soddisfacente da chi parla come mangia, con frasi come “nella morsa del forno di Lucifero”.