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La bocciatura del piano Sunak e i rischi per la Meloni

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Perché questo articolo potrebbe interessarti? Si è spesso parlato delle analogie tra il piano voluto da Giorgia Meloni con l’Albania e quello voluto in Gran Bretagna dal premier Sunak. La bocciatura di quest’ultimo piano da parte dei magistrati di Londra, potrebbe rappresentare una pessima notizia per Palazzo Chigi: “Anche se Roma però – è il commento su TrueNews di una fonte diplomatica – può appellarsi ad alcuni cavilli per evitare di farsi bocciare l’intesa con Tirana”.

Dalla Corte Suprema britannica è arrivato un nuovo stop al piano migranti del premier Rishi Sunak. In particolare, i giudici hanno rilevato l’illegalità del trasferimento dei richiedenti asilo in Ruanda e questo perché il Paese africano è ritenuto “non sicuro”. Sunak dal canto suo ha ribadito la volontà di andare avanti, con l’intenzione di modificare il documento e renderlo attuabile.

La notizia da Londra è arrivata mentre in Italia e in Europa si dibatte sul piano, simile per certi versi, elaborato da Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama. Un documento nel quale è previsto il trasferimento dei migranti in Albania, Paese terzo non essendo al momento all’interno dell’Ue. La bocciatura del piano britannico potrebbe costituire un precedente pericoloso per il piano italiano?

Cosa prevede il piano bocciato in Gran Bretagna

Il piano voluto da Sunak, e proposto una prima volta da Boris Johnson, altro non rappresenta che un giro di vite contro l’immigrazione irregolare. La legge, messa a punto nei mesi scorsi, ha come obiettivo il drastico ridimensionamento dei flussi migratori lungo il Canale della Manica. Nel 2022, con 45mila attraversamenti irregolari accertati, il Regno Unito ha raggiunto il record di sbarchi di natanti partiti dalla Francia.

Oggi i numeri sono diminuiti, ma per il governo conservatore al potere a Londra non basta: Sunak vuole tornare ai livelli degli anni precedenti, con l’obiettivo nel lungo periodo di azzerare del tutto la rotta migratoria verso la Gran Bretagna. Oltre all’inasprimento di sanzioni e pene detentive, così come di maggiori ostacoli per la presentazione delle domande di asilo, il piano prevede anche il trasferimento dei migranti in un Paese terzo. Qui i richiedenti asilo aspetteranno poi l’esito della propria domanda. Il Paese terzo in questione è il Ruanda, nel cuore dell’Africa.

Secondo il governo di Sunak, il territorio ruandese è idoneo a ospitare i migranti. Da qui l’accordo stretto con le autorità di Kigali. Ma subito è stata registrata una pioggia di ricorsi all’interno dei tribunali di Sua Maestà. Già nei mesi scorsi, la Corte d’Appello di Londra aveva definito illegale l’accordo con il Ruanda. Adesso è stata la volta della Corte Suprema, i cui giudici hanno sottolineato come il Ruanda non possa considerarsi sicuro. Mandare lì i migranti, per i magistrati, significherebbe il rischio di vederli rimpatriati in Paesi in cui potrebbero essere perseguitati. La sentenza è stata criticata dal governo di Kigali, indispettito per la definizione del Ruanda come Paese non sicuro.

Le analogie con il piano italiano

Anche se la sentenza di bocciatura del piano britannico ha ovviamente a che fare unicamente con la giurisdizione e la sovranità di Londra, la scelta dei giudici inglesi potrebbe avere ripercussioni in ambito internazionale. Con l’Italia spettatrice in prima fila. Il piano voluto da Meloni e Rama infatti, non è così diverso da quello messo a punto da Johnson prima e da Sunak poi.

Nell’intesa con Tirana, è previsto il trasferimento dei migranti in territorio albanese. L’Albania è senza dubbio più vicina al Ruanda, ma se questo può aver valore sotto il profilo logistico e di organizzazione dei trasferimenti, non cambia nulla invece a livello giuridico: anche il territorio albanese è quello di un Paese terzo. Dunque, al pari di come la Gran Bretagna avrebbe trasferito migranti fuori dal proprio territorio, anche l’Italia nel suo piano vorrebbe prevedere il trasferimento dei richiedenti asilo al di fuori del proprio territorio, nonché di quello comunitario.

Quei dettagli che potrebbero fare il gioco di Roma

“Non è detto che la sentenza pronunciata a Londra sia destinata a diventare un precedente internazionale, ma certo per Giorgia Meloi non è una buona notizia”: a commentare così la notizia è una fonte diplomatica sentita da TrueNews. La bocciatura del piano dei conservatori potrebbe essere presa come modello da parte di chi, non appena il piano Italia – Albania diverrà esecutivo, nel nostro Paese e in Europa vorrà fare ricorso alle corti nazionali e internazionali.

Ci sono però alcuni cavilli che potrebbero far tirare un sospiro di sollievo a Palazzo Chigi: “Il primo cavillo – spiega ancora la fonte diplomatica – tiene in vita anche le speranze di Sunak, in quanto la corte britannica non ha bocciato il piano nella sua interezza, ma ha specificato l’illegalità di mandare i migranti in un Paese non sicuro”. Vale a dire quindi che il trasferimento in sé in un Paese terzo potrebbe anche essere accettato, il problema riguarda le garanzie di sicurezza del Paese in questione. Sunak infatti ha già dichiarato di voler modificare la legge, inserendo il Ruanda nella lista dei territori sicuri. Dal punto di vista italiano, tutto questo si traduce nella possibilità di veder passare il piano senza particolari problemi se l’Albania dovesse essere considerata sicura e se la sentenza britannica dovesse far scuola in eventuali future sentenze all’interno dell’Ue.

“C’è poi un importante dettaglio da tener conto – ha ancora spiegato la fonte sentita da TrueNews – ossia, mentre il piano britannico prevede il trasferimento di migranti in Ruanda dopo essere transitati da Londra, il piano della Meloni tiene in considerazione solo i migranti salvati in mare”. Vale a dire solo coloro che verrebbero portati direttamente dalle motovedette verso l’Albania, senza passare per l’Italia: “A Roma – ha concluso la fonte – forse hanno voluto inserire questo dettaglio per poter dimostrare che non si tratta di un vero e proprio trasferimento, quanto più di un accompagnamento”. Ma è chiaro che la battaglia politica ed eventualmente giudiziaria sul piano con l’Albania appare ancora all’inizio.