Home Politics Inchiesta sui dossieraggi: ci sono reati? Forse. Ma non è giornalismo…

Inchiesta sui dossieraggi: ci sono reati? Forse. Ma non è giornalismo…

Dossieraggio, Adinolfi (Lega): “La vicenda Striano è inquietante”

Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? La cosiddetta “inchiesta sul dossieraggio” di politici e vip avviata dalla Procura di Perugia innesca un dibattito tutto interno al mondo del giornalismo italiano. I giornalisti coinvolti hanno qualche responsabilità? True-news.it ne ha parlato con Alessandro Galimberti, già presidente dell’Unione nazionale dei cronisti italiani e già presidente lombardo dell’Ordine dei giornalisti. Secondo il quale il vero tema, al di là dei possibili risvolti penali della vicenda, è: si tratta di vero giornalismo d’inchiesta? “Non parlerei proprio di inchieste, che richiedono un lavoro di ricerca, comprensione, valutazione e correlazione che qui mi sembra mancare del tutto, ma una sorta di nozionismo ad orologeria, presentato in maniera suggestiva”. Anche perché “chi conosce la piattaforma SOS per le segnalazioni di operazione sospetta gestita dall’Uif sa che per il 95% contiene dati perfettamente trasparenti e tracciati di operazioni lecite. Non a caso la sovrabbondanza di 150mila segnalazioni l’anno, fatte quasi sempre per mera compliance aziendale (evitare ogni e qualsiasi rischio anche potenziale per la società, vedi banche e assicurazioni) è oggetto di discussione da decenni”.

In principio fu Guido Crosetto. Del quale furono rese pubbliche le consulenze a pagamento ad aziende partecipate pubbliche legate all’industria delle armi. Il ministro della Difesa fece esposto perchè quei dati, pubblicati dal quotidiano Domani, erano riservati. E partì nell’agosto del 2023 l’inchiesta che è oggi sfociata in una più ampia, complessa ed ambigua storia di presunto “dossieraggio”. Moltissimi i nomi finiti nel calderone: i ministri Gilberto Pichetto Fratin, Marina Calderone, Giuseppe Valditara, Francesco Lollobrigida, Adolfo Urso. La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ma anche Cristiano Ronaldo, Massimiliano Allegri, Andrea Agnelli. E Fedez.

Le segnalazioni di operazione sospetta finite nelle redazioni dei giornali

Questo lo scenario: ci sono un tenente della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, ed un magistrato, Antonio Laudati, che avrebbero compiuto numerosi indebiti accessi alle banche dati nelle loro disponibilità. Ed in particolar modo alle SOS, le segnalazioni di operazione sospetta che le banche sono tenute ad inviare alla Banca d’Italia ogni qual volta notino movimenti poco chiari sui conti correnti od operazioni in qualche modo considerate eccezionali. Per quale motivo Striano e Laudati hanno compiuto tali accessi? Per acquisire informazioni su varie personalità della politica e non solo. Cosa avrebbero fatto di queste informazioni? Le avrebbero divulgate ad altre persone. Un investigatore privato, un amministratore di condominio, un ex ufficiale della Guardia di finanza. Ma soprattutto a tre giornalisti di Domani: Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine. Che oggi sono accusati di accesso abusivo e rivelazione di segreto. Così come Striano e Laudati. Perchè queste informazioni sono state al centro di diversi scoop giornalistici messi a segno dal quotidiano.

L’ambiguo rapporto tra i giornalisti e le loro fonti

La vicenda presenta qualche zona d’ombra. Erano i giornalisti ad attivare le loro fonti o viceversa? Nel secondo caso, ovvero se tutto nascesse da una iniziativa di Striano e Laudati, la posizione dei giornalisti ne risulterebbe sicuramente alleggerita. Una notizia (o potenziale notizia) è tale. E poco importa come è arrivata sulla propria scrivania. Ma ci sono dettagli e sfumature – specie certe tempistiche – che lasciano tuttavia intendere come l’ordine delle cose possa essere quello inverso. E in questo caso il lavoro della Procura dovrebbe andare a fare luce su tutta una serie di aspetti più scivolosi. Anche se sembra chiaro che non ci siano stati giri di soldi, non essendo stato configurato il reato di corruzione.

Galimberti: “Le SOS sono al 95% neutre. E trattano di operazioni del tutto lecite”

Il tema, dunque, ha molto a che fare con il mestiere di giornalista, le sue regole, la deontologia. “Una storia che non sembra ancora nitidissima”, sintetizza Alessandro Galimberti, giornalista del Sole 24Ore, già presidente dell’Unione nazionale dei cronisti italiani e già presidente lombardo dell’Ordine dei giornalisti.

“Innanzitutto bisogna intendersi su quali sono le informazioni che si sono andate a pescare. Le segnalazioni di operazione sospetta si rivelano al 95% totalmente neutre e prive di qualsiasi risvolto illecito. Si tratta di compliance aziendale delle grandi banche e delle compagnie assicurative che generano una grande quantità di segnalazioni al solo scopo di evitare eventuali sanzioni, visto che la legge è molto severa, e molto formale, sul punto”.

Uno strumento utile e che nasce con l’intenzione di evitare operazioni di riciclaggio, oppure di scoprire eventuali fondi provenienti da attività criminali. Ma di cui le banche forniscono eccessi di informazione per prudenza ed autotutela, generando da sole oltre 100mila segnalazioni annue: “Lo spirito di questa banca dati è stato cambiato in corsa per i timori degli intermediari finanziari che non vogliono avere noie e non vogliono rischiare indagini anche solo esplorative dell’antiriciclaggio. Ma l’utilizzabilità di queste segnalazioni, per quanto importantissime in linea di principio, oggi è percentualmente bassissima. Soprattutto perché molto raramente contengono spunti investigativi”. Così pare essere per la famosa informativa su Crosetto. Che dal 2018 al 2021 percepì quasi due milioni di compensi da Leonardo come consulente attraverso le sue aziende. Guadagni leciti ed operazioni altrettanto lecite, che pure le banche d’appoggio ritennero di segnalare.

 

Il giornalista pubblica tutto. Non è mai reato?

L’accesso alle banche dati, evidentemente, non è stato compiuto materialmente da giornalisti. E’ giusto quindi indagarli? “Come ha ricordato anche Alessandro Sallusti, il giornalista ovviamente pubblica tutto quello che ha – prosegue Galimberti -. Ma c’è un distinguo importante: e se il reperimento di queste informazioni fosse avvenuto su commissione, o meglio, a “chiamata”? Queste non sono solo sfumature. Peraltro c’è da considerare che la pubblicazione delle SOS può costituire reato soprattutto nell’ottica della Quinta direttiva europea antiriciclaggio “. Ci si muove dunque su un terreno molto complesso dal punto di vista deontologico, giuridico ed etico.

“Non giornalismo d’inchiesta ma nozionismo ad orologeria”

Ma per Galimberti altrettanto significativo è il dibattito che questa vicenda innesca sul mestiere giornalistico. “Queste operazioni possono essere considerate inchieste giornalistiche? I dati che si ottengono in sè non sono notizie. Possono e dovrebbero senz’altro costituire la base per una attività di inchiesta. Che può condurre a qualche risultato oppure no. Questo, certo, se non si parte da tesi proconcette su quello che si vuole pubblicare. Viceversa, se non si fanno estrapolare a comando delle informazioni, non le si contestualizza, non le si “contesta” all’interessato – il contradditorio è una regola fondante del giornalismo d’inchiesta – e si cerca invece un appiglio qualsiasi per orientare i dati verso la propria idea di partenza”. Dati che invece necessiterebbero di ragionamento e contestualizzazione. “Ripeto, non parlerei in questo caso di giornalismo d’inchiesta, ma piuttosto di nozionismo ad orologeria. Presentato in maniera suggestiva”, sono le conclusioni di Galimberti.

Il paragone con Assange? Tiene fino ad un certo punto…

Ed a proposito di suggestioni, qualcuno potrebbe istituire un paragone con le iniziative di Julian Assange: “Assange non è un giornalista ma semmai una fonte – chiarisce Galimberti -, mettere a disposizione una mole di file è un atto di disvelamento (o spionaggio secondo i governi interessati), il giornalista invece non è una buca delle lettere (altrimenti diventa altro) ma ha il compito di capire, trovare collegamenti, eliminare bias, studiare le relazioni tra gli eventi e le persone rifuggendo da semplificazioni e da suggestioni, che guarda caso sono sempre servite sul piatto da chi ti imbocca. Anche ammesso, poi, che le motivazioni e le finalità di Wikileaks possano essere considerate allo stesso livello delle nostre vicende attuali…”