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Expo 2030: perché la candidatura di Roma non ha chance

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Perché questo articolo potrebbe interessarti? La sfida per assegnare la sede di Expo 2030 è entrata nel vivo. Tre le città contendenti. Tra Roma e Riad, nel braccio di ferro diplomatico tra Giorgia Meloni e Mohammed bin Salman, spunta l’underdog sudcoreano Busan. Perché le speranze dell’Italia sono ridotte al lumicino.

È sfida a tre per l’assegnazione della sede di Expo 2030. Da una parte troviamo il soft power di Roma, la capitale dell’Italia piena di problemi politici, strutturali e logistici, ma ancora ricca di fascino e storia. Dall’altro lato ecco le gonfissime tasche di Riad, cuore pulsante dell’Arabia Saudita in rampa di lancio, pronta a tutto pur di avere la meglio sulla ridotta concorrenza. In mezzo ai due fuochi mediaticamente più caldi troviamo il terzo incomodo: la città portuale sudcoreana di Busan. Nell’uno contro uno con i sauditi, la candidatura italiana parte in salita. E, anche se dovesse avere la meglio sui petrodollari, dovrebbe comunque vedersela anche con l’underdog coreano.

La campagna elettorale – se così vogliamo definirla – per convincere i 179 Stati membri del Bureau International des Expositions (Bie) a decidere quale sarà il sito della prossima Expo è ormai entrata nel vivo. Sono scesi in campo persino i leader dei tre Paesi coinvolti: Giorgia Meloni, Mohammed bin Salman e Yoon Suk Yeol. Cercando sponde e tessendo alleanze dell’ultim’ora.

Lo scontro tra Meloni e bin Salman

Entrambi sognano di portare le rispettive capitali ad ospitare l’Expo. Meloni e bin Salman hanno però interessi contrapposti. Roma intende ospitare un’esposizione universale inclusiva e che sia di ispirazione. “Siamo convinti che le esposizioni servano a mostrare ciò che il mondo può ottenere se i Paesi lavorano insieme”, ha dichiarato il presidente del Comitato organizzatore Giampiero Massolo.

In realtà, la leader di Fratelli d’Italia vorrebbe ottenere la candidatura della capitale per conseguire la consacrazione di una possibile, nuova leadership italiana nel mondo. A guida, va da sé, meloniana. L’Expo a Roma, inoltre, rappresenterebbe un importante volano economico capace di attirare investimenti globali su scala nazionale. Ma anche di rianimare gli scambi commerciali del Paese, inserire l’Italia tra le big del mondo e, last but not least, tirare a lucido una capitale travolta da scandali e problemi politici di ogni tipo.

Riad ha ambizioni ancora più grandi. Per bin Salman, aggiudicarsi Expo 2030 significherebbe piazzare la ciliegina sulla torta dopo investimenti miliardari effettuati per far cambiare pelle all’Arabia Saudita. Accanto all’immagine, c’è però anche l’intenzione di ridurre la dipendenza economica del Paese dai combustibili fossili, posizionarsi come hub finanziario e ampliare l’industria del turismo. Dopo aver messo sul tavolo 650 miliardi di dollari del fondo sovrano per acquistare squadre di calcio e campioni, Expo sarebbe un altro traguardo dorato.

Strada in salita

Ci sono almeno tre ostacoli che lasciano presupporre la debacle italiana nella sfida con Riad. La prima riguarda la stessa Meloni. Da quando è salita al potere, la premier italiana è riuscita a rafforzare i legami con gli Stati Uniti ma non, allo stesso modo, quelli con i partner europei. Il risultato è un’Italia atlantista ma non sempre in linea con i dossier dell’Ue e dei vicini di casa. Non sono mancate frizioni con Bruxelles (in primis sul Mes) ed Emmanuel Macron, giusto per fare due esempi.

Il secondo ostacolo riguarda Roma, una città che avrà un enorme serbatoio di soft power ma che presenta anche, tra gli altri, gravi problemi infrastrutturali. Da questo punto di vista, Riad e Busan avrebbero vita più che facile.

Infine c’è da considerare lo sfidante principale: Riad. Si tratta di uno dei principali fornitori di petrolio della Francia e suo cliente fedele in materia di vendita di armi (ma anche di altre nazioni). Certo è che in Francia i media definito “un affronto” la mossa di Macron nei confronti di Meloni, sottolineato che Roma sperava in un gesto del Paese vicino per far vincere Roma e rilanciare un’economia moribonda.

Roma fra Riad e Busan

Roma, dicevamo, ha poche speranze di avere la meglio sulle due concorrenti. Meloni ha incassato l’appoggio del Brasile di Lula ma, l’ultima trasferta all’Eliseo, non è stata per niente proficua. Con Emmanuel Macron “non abbiamo discusso dell’Expo, mi pare che la Francia abbia da tempo dato il proprio appoggio a Riad”, spiegava la premier dopo il faccia a faccia con il presidente francese.

Anche perché la scelta di Parigi non è un fulmine a ciel sereno. Risale allo scorso anno, precisamente al 29 luglio, quando Macron aveva ricevuto Mohammed bin Salman dando il suo appoggio a Riad. Il principe ereditario saudita è stato nuovamente accolto in Francia pochi giorni fa per una colazione di lavoro. Si suppone per il definitivo semaforo verde.

Eppure all’Eliseo c’è stato un grande via vai di incontri. Bin Salman, Meloni ma anche Yoon. Il presidente sudcoreano, come detto, è giunto in Europa per promuovere l’offerta della Corea del Sud di ospitare l’Expo mondiale del 2030 nella sua città sud-orientale di Busan. Il conto alla rovescia è iniziato.