Home Politics Dante: tanto gentile e tanto fascista, pare…

Dante: tanto gentile e tanto fascista, pare…

Dante e il ministro Sangiuliano

Se negli ultimi anni il precipuo impegno della sedicente sinistra italiana è stato quello di brutalizzare il nostro già di per sé bistrattato idioma con asterischi e schwa, finalmente è scesa in campo anche la destra con l’evidente obiettivo di martoriarci, invece, la letteratura. E così, Dante Alighieri è divenuto un Meloner, anzi, il capostipite di tutti i Meloners. A sostenerlo, l’attuale Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che, senza dubbio nel tentativo di dirottare l’attenzione pubblica dall’affaire accise, ha dichiarato di individuare nel padre della lingua italiana “l’iniziatore del pensiero di destra”. Perché “Quella visione dell’umano della persona che troviamo in Dante, ma anche la sua costruzione politica, credo siano profondamente di destra”. Nientemeno? Il politico, vista la malparata, ha poi parlato di “pura provocazione”, cercando di dissolversi in una nuvoletta d’imbarazzo.  Per quanto alcune testate giornalistiche, anche molto prestigiose, gli stessero addirittura dando corda, cercando di argomentare l’impossibile con ampi editoriali risibili già in partenza, ma ancora più gustosi da leggere oggi, alla luce del dietrofront di Sangiuliano.

“La vision dell’Alighieri oggi brilla in tutti i cuor”

Sangiuliano l’ha indubbiamente sparata grossa, non sussiste dubbio. Vero è, però,  che storicamente, a Benito Mussolini Dante piacesse assai. Non che al poro Alighieri si possa fare una colpa di questo, certo. Comunque, il Duce si fece promotore della Riforma Gentile (1923) che impose la Commedia come materia di studio obbligatoria per gli alunni degli ultimi tre anni delle scuole secondarie, nonché argomento d’esame fisso per tutti. Non solo, dopo la marcia su Roma, quello che di fatto fu l’inno del Partito Fascista, La Giovinezza, venne emendato con un verso che lascia poco spazio all’interpretazione: “la vision dell’Alighieri oggi brilla in tutti i cuor”. In ogni caso, il Duce non sarebbe stato né il primo né l’ultimo a non comprendere un’anafora di quanto vergato dal Sommo Poeta. Ultimo della cucciolata, a quanto pare, proprio Sangiuliano. Il fatto però che quest’ultimo abbia una percezione squisitamente destrorsa della nostra cultura, non dovrebbe stupire. E menomale che ha pure fatto il Classico, in gioventù. Ma poi si è laureato, cum laude, all’Economia. E i risultati sono tutti qui da rimirare davanti ai nostri occhi. Rimiriamoli, allora. Senza aspettarci stelle, naturalmente.

Sangiuliano e la cultura come roba da ricchi

Solo la scorsa settimana, il Ministro Sangiuliano era riuscito a sparare un’altra di quelle castronerie da Guinnes World Record. Per “adattarci agli standard europei”, ha sostenuto, i biglietti d’ingresso per i Musei nostrani dovrebbero alzare il proprio prezzo. Il politico pensava a una cifra di 25 euro a cranio, poco più di un buon sushi all you can eat milanese:

Secondo me c’è proprio un valore morale, etico. Se una cosa vale, ha un suo valore intrinseco e storico, deve anche essere un po’ pagata. Del resto, una famiglia media americana che viene da noi in Italia a fare un viaggio, investe 10mila, 20mila dollari tra biglietto aereo e albergo. Quindi pagare 20-25 euro per la visita a un bene unico, credo che ci possa anche stare.

Ma infatti, sì, i musei sono “beni unici” che nei sogni di Sangiuliano possono essere trasformati in trappole per turisti, come i bar nelle piazze nel centro delle città che rifilano cappuccini a 10 euro e tedeschi in infradito e paperoni born in the USA. Un paragone lusinghiero per la nostra cultura, anzichenò. Sì, ma poi tutti al Twiga per la gioia della Ministra del Turismo.

Sangiuliano che move il sol e l’altre stelle

Come rispondere ai deliri di Sangiuliano? La sinistra non ha dubbi: a suon di meme. Così, è partita la gara a chi la spara più grossa, la controffensiva politica. Il dibattito intellettuale che ne ha fatto seguito, poi, è forse ancora più risibile. Per giorni è stato tutto un discorrere di Guelfi e Ghibellini come fossero stringente attualità fattuale, con lunghi excursus a mostrare chi ce l’avesse più lungo, il sapere culturale. Un teatrino mesto e fine a se stesso, tanto per cambiare, di cui però Sangiuliano ha finito pure per essere orgoglioso: “Se qualcuno in questi giorni dovesse aver ripreso in mano la Commedia, può essere stato anche grazie alle mie dichiarazioni. Ne sono lieto”. Sangiu che move il sol e l’altre stelle.