Home Politics Dai nazionalisti agli anti ambientalisti: tutte le sfide dei moderati d’Europa

Dai nazionalisti agli anti ambientalisti: tutte le sfide dei moderati d’Europa

Dai nazionalisti agli anti ambientalisti: tutte le sfide dei moderati d’Europa

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nei prossimi mesi si voterà nei Paesi Bassi e in Polonia. Dopo quanto accaduto in Svezia, Danimarca e Finlandia – e in parte anche in Spagna – dove i moderati sono dovuti scendere a patti con formazioni radicali, o più spesso hanno ceduto di fronte alla loro ascesa, ecco le nuove sfide da monitorare. Le variabili dell’ambientalismo e dell’anti ambientalismo, la conferma del nazional-populismo e la soluzione della Grosse Koalition. Perché non ci sarà più il classico confronto destra contro sinistra.

In Europa, archiviate le elezioni spagnole, sono in programma due nuovi appuntamenti elettorali che potrebbero anticipare le prossime sfide politiche del continente. I riflettori sono puntati su Paesi Bassi e Polonia. Dove si voterà in autunno. E, soprattutto, dove si potrà misurare l’intensità di due macro tendenze rilevanti, a pochi mesi dalle elezioni europee del 2024.

La prima chiama in causa il futuro dei moderati, dei partiti liberali di “centrodestra”, assediati da formazioni più o meno radicali, quando intrise di populismo e quando di puro nazionalismo (o anche di entrambe). L’altro aspetto da monitorare coincide con la variabile dell’ambientalismo.

Negli ultimi mesi, infatti, il tema dell’ambiente ha fatto breccia nell’opinione pubblica. Non solo con il Green Deal e le proposte di Bruxelles per contrastare il cambiamento climatico, ma anche con le dimostrazioni pubbliche di gruppi come Ultima Generazione. Se da un lato è cresciuto il bacino di elettori sensibili alle questioni ambientali, dall’altro stanno prendendo forma partiti che intendono dar voce agli insoddisfatti delle politiche green.

Dunque, pressati dai nazional-populisti e dagli anti ambientalisti, i moderati rischiano di perdere consistenza. A meno che, e questa è la soluzione più plausibile, non raccolgano tutte le forze in campo estranee agli estremismi per proporre una Grande Coalizione.

Polonia: nazionalisti vs moderati e Grande Coalizione

In Polonia, la coalizione Destra Unita (nomen omen) rispecchia il governo uscente di Mateusz Morawiecki. Raccoglie il suo partito, Diritto e Giustizia, ma anche altre formazioni minori quali Accordo, Polonia Sovrana e Kukiz’15. Dall’altra parte della barricata ecco la Coalizione Civica, gruppo centrista e liberale guidato dalla Piattaforma Civica dell’ex primo ministro Donald Tusk, Modern, Iniziativa Polacca e Verdi. I sondaggi danno Destra Unita tra il 33 e il 34%, in calo rispetto al 43,6% delle precedenti elezioni, mentre il gruppone di Tusk si aggira intorno al 30%.

In mezzo ai due fuochi più caldi troviamo Konfederacja, partito euroscettico, omofobo e xenofobo che pesa poco più dell’11%, la coalizione social-liberale Terza Via (9,7%) e la coalizione di sinistra, con Lewica e Lewica Demokratyczna (circa il 7%).

Un voto odierno lascerebbe ipotizzare la convergenza tra la coalizione civica, la sinistra e la terza via, che potrebbe ottenere 216 seggi, contro Destra Unita, ferma a 195. A quel punto, l’ago della bilancia diventerebbe l’estrema destra, con Konfederacja pronta a muovere gli equilibri con i suoi quasi 50 seggi.

La Grande Coalizione potrebbe (il condizionale è d’obbligo) insomma non bastare. Inoltre, nel caso polacco sarà interessante capire come riusciranno ad allinearsi le eventuali istanze di Destra Unita – tanto più se dovesse essere supportata dalla stampella Konfederacja – con l’europeismo richiesto da Bruxelles.

Il laboratorio dell’anti ambientalismo

In principio c’erano gli “sconfitti della globalizzazione”. Gli elettori impossibilitati ad ottenere i vantaggi offerti dal “nuovo mondo” erano soliti rifugiarsi nei programmi elettorali di partiti populisti pronti a promettere loro il ritorno ad un fantomatico passato dorato. Poi, nel corso degli anni, sono emersi nell’arena pubblica nuovi fenomeni divisivi, come l’immigrazione e, di recente, l’ambientalismo. A quel punto gli “sconfitti” si sono moltiplicati, ognuno con rivendicazioni differenti.

Nei Paesi Bassi, ad esempio, i riflettori sono puntati su Caroline van der Plas, leader del Movimento civico contadino BBB. Alle elezioni provinciali di marzo, il partito degli agricoltori aveva ottenuto un buon risultato. Adesso sta incamerando l’insoddisfazione degli elettori nei confronti delle politiche green, e pure dell’immigrazione, e punta ad un nuovo exploit.

Nel frattempo non esiste più una Grande Coalizione moderata, la stessa che aveva amalgamato il dimissionario Mark Rutte. Insomma, le urne di Varsavia e L’Aia sono un laboratorio al quale guardare (anche l’Italia dovrebbe farlo) per capire cosa sta accadendo nelle profondità dell’Unione europea. E cosa potrebbe accadere alle elezioni europee del 2024.