Home Politics Comunali, il Pd trova la nuova formula delle alleanze: “Il modello ballottaggio”

Comunali, il Pd trova la nuova formula delle alleanze: “Il modello ballottaggio”

Europee Conte Schlein Pd M5S Regionali sei sette otto

Perché potrebbe interessarti questo articolo? Le elezioni comunali hanno provocato una riflessione nel Partito democratico. La segretaria Elly Schlein tira un sospiro di sollievo, non tanto per il risultato ma perché da qui a un anno, dopo i ballottaggi, potrà dedicarsi alle Europee senza ulteriori scadenze elettorali ereditate.

Finalmente stanno finendo. L’aria che tira nel Pd intorno alle amministrative 2023 è quella di un supplizio necessario, visto che la tornata era in calendario. La buona notizia è che tra quindici giorni, con i ballottaggi, queste elezioni andranno in archivio e le analisi sui risultati durerà il tempo di poche ore. La segretaria Elly Schlein ha assunto le leve del comando quando le partite delle alleanze erano di fatto già iniziate.

Ha potuto compiere un lavoro di limatura rispetto a quanto ereditato, senza grosse possibilità di incidere su un appuntamento in agenda sull’onda lunga della luna di miele tra il governo e gli elettori. Insomma, il giorno dello scrutinio si è trasformato in una liberazione non tanto per il risultato, che non è stato poi così male, ma sostanzialmente per l’archiviazione di un passaggio faticoso.

Comunali ed effetto Schlein

Tutti avevano puntato gli occhi sul cosiddetto “effetto-Schlein”, che però “era difficile da far emergere vista la natura di queste elezioni, in cui non c’era non palio le metropoli”, spiegano dal partito di Largo del Nazareno. Un carico eccessivo di attesa contro un basso livello di incidenza, dunque.

La parola d’ordine è “esaltare i successi”, come quello di Brescia che alla vigilia non era così scontato. Peraltro con il vantaggio simbolico di una prima sindaca donna, Laura Castelletti, che comunque raccoglie l’eredità di Emilio Del Bono, ex sindaco e campione di preferenza nel centrosinistra alle ultime Regionali in Lombardia, che al congresso era un fiero sostenitori di Stefano Bonaccini.

Pd: la sfida per le Europee

Al netto dei singoli esiti elettorali, la leader dem ha lanciato il messaggio che “la partita inizia ora”. O meglio inizierà dopo il secondo turno, ovviamente laddove sarà previsto. Certo, l’agenda delle prossime due settimane sarà concentrata sulla campagna elettorale: l’obiettivo resta la conquista del maggior numero di Comuni, compiendo alcuni ribaltoni rispetto al primo turno.

Da giugno, però, “sarà davvero il partito di Elly”, osservano fonti vicine alla segretaria. Significa che la strategia di opposizione e quella delle prossime elezioni, le Europee 2024, faranno direttamente capo a Schlein. Tuttavia, gli esiti elettorali hanno portato a qualche riflessione nel Pd.

Alleanze centrosinistra: dal campo largo al modello ballottaggio

“L’unica coalizione vincente è quella che Letta chiamava il campo largo”, sottolinea un altro parlamentare dem, che propone una nuova lettura: “L’alleanza deve seguire il modello ballottaggio”. Quindi tutti uniti contro il centrodestra, dai rossoverdi di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni ad Azione di Carlo Calenda, possibilmente senza Matteo Renzi, includendo ovviamente il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.

Un ritorno al punto di partenza che prende spunto dalla formula del secondo turno delle Comunali. Cambia solo la definizione, il problema è però lo stesso: come si mettono insieme forze politiche così distanti tra loro? Letta è andato a sbattere. La tesi è grosso modo questa: “Fino alle Europee si andrà avanti in ordine sparso, sappiamo tutti che è il passaggio politico cruciale per decidere il futuro piano di alleanze”. Resta sempre il dilemma sul “come” si uniranno le forze di opposizione.

Il percorso ha anche delle evidenti controindicazioni: per un altro il governo Meloni potrà procedere a vele spiegare con delle opposizioni frammentate, che in Parlamento fanno fatica ad arginare l’operato del centrodestra, anche per la debolezza di non essere compatte. Su questo, però, nel Pd si fa spallucce, come a dire “non dipende tutto da noi”.